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Perché i nuovi dazi europei non fermeranno i produttori cinesi di auto elettriche

Che l’Europa sia un insieme di interessi a volte contraddittori lo si capisce anche da questa coincidenza: proprio mentre la Commissione europea ha alzato i dazi sulle auto elettriche cinesi, accusando Pechino di concorrenza sleale, la casa automobilistica Byd, il più importante produttore cinese, è subentrata a Volkswagen come principale sponsor del campionato europeo di calcio, che inizia in Germania il 14 giugno. Che cosa significa? Primo: i nuovi dazi non fermeranno l’avanzata delle auto made in Cina. Secondo: alcuni paesi europei sono molto meno ostili di altri.

Ma cominciamo dall’inizio: il 12 giugno, dopo un’indagine durata otto mesi, il braccio esecutivo dell’Unione Europea ha accusato la Cina di sovvenzionare in modo scorretto il suo comparto auto con agevolazioni fiscali e prestiti a basso costo. Secondo Bruxelles, le nuove tariffe erano inevitabili, poiché bisognava porre un argine a importazioni a basso costo che costituivano un “danno prevedibile e imminente” alle case europee.

Nel dettaglio succederà questo: da luglio alle vetture elettriche cinesi verranno imposte tariffe provvisorie comprese tra il 27,4% e il 48%, rispetto al 10% già applicato. C’è però ancora spazio per negoziare. La tassa definitiva dipenderà da quanto ciascuna azienda sarà disposta a cooperare con l’indagine.

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BYD e Geely

Per ora sappiamo che grandi esportatori come BYD e Geely saranno colpiti da un aumento dei dazi tra il 17,4% e il 20 per cento. BYD sembra quella colpita meno – infatti le azioni del gruppo, quotato a Hong Kong, oggi sono salite del 7 per cento. Poi ci sono brand occidentali che producono in Cina per esportare nel mercato europeo. A questi, riporta il Financial Times, sarà applicato un aumento medio del 21 per cento. Tesla, il pioniere americano dell’auto elettrica, è di gran lunga il più esposto alla crescita dei dazi. “Tesla potrà ricevere un’aliquota calcolata individualmente”, dichiara la Commissione.

Poi ci sono alcune società che non hanno cooperato con l’indagine. Queste, tra cui il gruppo statale SAIC (che produce il brand MG), vengono colpite dall’aumento più alto, 38%, che si aggiunge al dazio del 10% già in vigore. In questo caso, secondo gli esperti, si tratta di tariffe abbastanza alte per danneggiare le vendite. Invece per altri brand, soprattutto BYD, la previsione è che i dazi non siano sufficienti ad arrestarne l’avanzata. BYD vende in Cina la sua berlina Seal a 24mila euro e in Europa a circa il doppio, cosa che suggerisce che potrebbe assorbire i nuovi dazi e realizzare lo stesso un ottimo profitto.

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I nuovi dazi europei, anche quelli più pesanti, sono comunque molto inferiori a quelli americani. Il governo di Joe Biden ha da poco imposto una tariffa del 100%, proibitiva, alle auto cinesi importate. L’Europa invece si colloca a metà strada. È il risultato di interessi diversi da armonizzare. Alcuni paesi sono favorevoli ai dazi, altri contrari.

L’indagine sulle auto cinesi è stata avviata su pressione del governo francese. Mercedes, Bmw e Volkswagen si opponevano. Le case tedesche temono la rappresaglia di Pechino: esportano molto in Cina, e in Cina producono per poi esportare in Europa. Un qualche tipo di risposta ora sembra verosimile. La Cina ha accennato ad aumentare le tariffe sui veicoli di grossa cilindrata, quindi soprattutto tedeschi, fino al ​​25 per cento. Poi a gennaio ha avviato un’inchiesta antidumping sul cognac francese e altri liquori.

I legami con l’Italia

Ma anche quelle case europee prima favorevoli ai dazi, ora sembrano aver abbassato un pochino i toni. L’amministratore delegato di Stellantis, Carlos Tavares, è diventato più accondiscendente dopo l’accordo con Leapmotor, un costruttore di Hangzhou, per produrre auto elettriche in Cina da esportare in Europa. In un’intervista all’Espresso, Roberto Vavassori, presidente dell’Anfia, l’associazione della filiera automobilistica italiana, non aveva chiesto di alzare muri con la Cina, ma di raggiungere una parità tra i rispettivi dazi, oltre a una politica industriale più efficace da parte di Bruxelles. In fondo un approccio simile a quello auspicato da Renault, secondo l’Economist.

Nel medio e lungo termine, i dazi potrebbero anche rafforzare il legame tra Cina ed Europa. La strategia cinese è già abbastanza chiara: aumentare la presenza sul mercato europeo, producendo direttamente lì, così da aggirare le barriere doganali. Ci sono investimenti programmati in diversi paesi europei. Alcuni esempi: BYD costruirà uno stabilimento in Ungheria e dovrebbe annunciarne presto un altro in Spagna. Chery ha appena firmato un accordo sempre per fabbricare automobili in Spagna. Il fatto che l’Europa sia meno coesa degli Stati Uniti non è necessariamente uno svantaggio. Importare beni a basso prezzo favorisce i consumatori e tiene a bada l’inflazione. E nel caso di macchine elettriche significa anche città più pulite. Non è poco.

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