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Come il digitale sta portando il settore bancario in una nuova era

Di Antonio Ravenna

La digitalizzazione non è un trend passeggero, bensì una certezza che investe tutti i settori, anche quelli più tradizionali e storicamente restii al cambiamento, come quello bancario e finanziario. Intelligenza artificiale (IA), blockchain e servizi in cloud – solo per citarne alcuni – sono rapidamente passati dall’esser semplici buzzword ad avere un impatto concreto e trasformativo. 

Impatto che non poteva essere ignorato dal legislatore europeo, che negli ultimi anni è intervenuto a più riprese in materia. L’innovazione passa sempre di più non solo dalle tecnologie, ma anche dai processi e dai modelli di business. Abbiamo parlato delle innovazioni che investono il settore bancario con l’avvocato Alessandro Tanno, primo partner nominato nel 2024 dello studio Portolano Cavallo, alla guida dell’area banking & finance.

Il settore bancario vive forti pressioni di cambiamento, spinto da una parte da nuovi operatori privati e dall’altra da continue novità normative. In che modo si sta adeguando a questi cambiamenti?
La rivoluzione digitale ha generato cambiamenti fondamentali nella gamma di prodotti e servizi offerti, alterando la natura delle interazioni tra le banche e i loro clienti, che si stanno spostando da contatti prevalentemente fisici a interazioni digitali, muovendosi anche verso un approccio ibrido. Questo porta a un cambiamento profondo delle abitudini dei consumatori e a un utilizzo sempre più consolidato di strumenti di pagamento innovativi. Tutto ciò è stato accompagnato da una sostanziosa elaborazione legislativa. Basti pensare alla direttiva europea sui sistemi di pagamento (o Psd2) che regola i servizi di pagamento elettronico, promuove l’innovazione e la sicurezza e obbliga le banche a consentire l’accesso ai dati dei conti a terze parti autorizzate. Si passa da un modello di banca chiusa a un modello di banca aperta (a proposito, si parla di open banking) che permette la condivisione dei dati tra gli attori del panorama bancario. Ciò ha portato alla creazione di nuovi soggetti finanziari innovativi, le così dette fintech. Si è poi sviluppato il concetto più ampio di open finance, in cui i servizi finanziari sono trattati a prescindere dall’operatore che li propone.  

Cambiano quindi anche i modelli di business?
L’aumento della competizione ha spinto le banche a sviluppare nuovi modelli di business. Ad esempio, nel modello banking-as-a-platform, l’istituto affianca al proprio core business servizi proposti da partner terzi. Le fintech, quindi, sono ora sempre più sinergiche, il che richiede una sempre maggiore raccolta, condivisione e valorizzazione di informazioni e dati finanziari. Tant’è che, in un contesto di centralità del dato e di sua valorizzazione come asset, il legislatore comunitario sta reagendo con vari interventi normativi, come la proposta normativa del Finance data access (Fida) che regola l’accesso e l’uso dei dati dei clienti. 

E a livello di sicurezza?
Il rischio che gli incidenti informatici localizzati possano rapidamente diffondersi ha portato il legislatore ad approvare il regolamento Dora (Digital operational resilience act), che sarà pienamente efficace dal prossimo gennaio. Questo accelererà le capacità di resilienza cibernetica delle istituzioni finanziarie, offrendo un quadro normativo per la resilienza operativa digitale. La normativa impone a tutti i soggetti che erogano servizi finanziari, nonché ai relativi provider terzi di servizi Ict, di garantire di poter resistere e reagire a tutti i tipi di perturbazioni e minacce informatiche.

Che ruolo e che impatto ha l’intelligenza artificiale sul settore? 
Assistiamo a una crescita esponenziale nello sviluppo dell’IA generativa, che ha una grandissima portata strategica per il settore bancario. Un primo utilizzo è la prevenzione delle frodi, migliorandone il rilevamento. Chatbot e assistenti virtuali forniscono risposte istantanee alle domande dei clienti, li guidano nelle transazioni e offrono raccomandazioni personalizzate sui prodotti. Da un punto di vista più core business, l’IA è sempre più utilizzata per prendere decisioni in linea con le esigenze di mercato e consigliare ai clienti prodotti finanziari su misura. 

Quali criticità devono tenere in considerazione le banche quando adottano strumenti di IA? 
L’integrazione di sistemi IA con le infrastrutture It esistenti è una delle principali criticità. I sistemi legacy bancari, spesso rigidi e complessi, possono ostacolarne l’adozione. Tuttavia, l’adozione dell’IA sta accelerando il passaggio delle banche al cloud computing. Una sfida importante riguarda poi la qualità dei dati, essenziale per l’efficacia degli algoritmi di IA. Diventa necessario dedicare sforzi alla pulizia dei data set e, in generale, alla corretta gestione del dato. Non a caso sta emergendo come figura chiave nel settore bancario il chief data officer, responsabile della gestione dei dati, dell’implementazione degli algoritmi e della definizione delle strategie aziendali legate all’IA. È poi fondamentale la definizione di una governance chiara, così da garantire che gli algoritmi siano sicuri, trasparenti, etici e conformi alle normative, come il Gdpr e l’AI Act. Il tutto, assicurandosi che la nuova frontiera della tecnologia contribuisca positivamente agli obiettivi esg (environmental, social, and governance) e promuova, quindi, una tecnologia responsabile.

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