“Ho avuto l’idea di portare il mio avatar, le mie sembianze digitali, nel mondo reale, così ho fatto costruire un chatbot programmato in base alle mie caratteristiche e alla mia biografia in un corpo robotico in Tpe, prodotto in base alle mie misure e al mio aspetto”, racconta Louisa Clement. Nata nel 1987 a Bonn, in Germania, dove tuttora vive e lavora, con studi all’Art Academy di Düsseldorf e all’Academy Fine Arts of Karlsruhe, rappresentata dalla Galerie EIGEN + ART a Berlino e da Cassina Projects a Milano, dove avrà luogo anche la sua nuova mostra dal 19 settembre a fine ottobre 2024, Louisa si è distinta al Paris Photo 2023 proprio per questa sua idea innovativa, di studiare i robot rendendoli simili il più possibile all’uomo.
Louisa Clement e le vendite record
Da allora, sta facendo mostre in tutto il mondo insieme al suo robot e con il suo progetto, che comprende perfino immagini ravvicinate del corpo del robot, con pelle tanto simile a quella dell’uomo che è capace di scurirsi quando prende botte. Il Paris Photo, che quest’anno si terrà al Grand Palais, a Parigi, dal 7 al 10 novembre 2024, è una delle maggiori fiere d’arte e di fotografia al mondo che mira al business, con vendite record.
Lo scorso anno, tra i migliori affari, c’è stata la vendita della serie Suenos, fotomontaggi su sogni, mente e subconscio femminile, della fotografa tedesca-argentina Grete Stern. È stata venduta per 250,000 dollari a un’istituzione americana. Una bellissima iniziativa è il Pink Ribbon Award. È stato fondato nel 2012, in Francia e a supporto dell’associazione Ruban Rose, da Estée Lauder Companies, con lo scopo di creare consapevolezza grazie alla fotografia. Il Paris Photo ha ospitato la competizione dal 2017.
La mostra sui diritti delle donne
Il tema della competizione di quest’anno è Lumière(s)/Light(s). Il Paris Photo, per il secondo anno, propone un nuovo settore dedicato alla fotografia nell’era digitale. È anche la prima fiera europea a dedicare un programma specifico dell’arte digitale, curato da Nina Roehrs, esperta del settore e fondatrice e ceo di Roehrs & Boetsch, a Zurigo. Louisa, quest’anno prevede di essere a New York, in quel periodo, da ottobre a dicembre 2024, per una grande mostra sui diritti delle donne. La pratica artistica di Louisa esplora l’universo femminile, oltre che approfondire la nozione di identità in continua evoluzione, mentre per lei la nostra società si confronta con le nuove forme di comunicazione, standardizzazione e riconoscimento portate dall’era digitale.
Attraverso la fotografia, il video, la scultura, le installazioni e la realtà virtuale, Louisa mette in discussione la fisicità e le dinamiche dell’interazione collettiva in un momento in cui il virtuale ha da tempo superato la sua sfera e le fragili categorie di individuo e realtà sfuggono ai loro paradigmi tradizionali.
L’intervista
Cosa ha destato il suo interesse verso i robots?
Sono lo specchio del nostro tempo. Quando ho costruito questo robot, nel 2021, e ne ho programmato l’intelligenza artificiale, l’ispirazione è arrivata da un lato, di certo, dal riflesso del nostro tempo e della nostra immagine su internet oggi, che creiamo noi stessi, divenendo parte di questo mondo digitale, in parte senza averne alcun controllo. Quando si parla di social media i concetti sono sempre astratti, filtrati e ridotti. Per questo volevo portare questo robot nel mondo reale o nello spazio espositivo, come punto di riflessione su ciò che facciamo a volte o per la maggior parte del tempo senza esserne consapevoli. Per me era importante programmare l’intelligenza artificiale con i miei dati, informazioni personali e artistiche. Questi dati vengono poi calcolati dall’intelligenza artificiale, l’algoritmo forma qualcosa di completamente diverso dai miei dati, sui quali non posso avere influenza. Perdo il controllo della mia storia e sulle storie come mie informazioni. Questo è stato il punto dolente del lavoro, ma anche la motivazione, dato che ciò accade allo stesso modo su Internet.
Come è stata in grado di costruire un robot?
Ho avuto molto supporto da un’azienda in Cina che ha prodotto l’hardware, poi dall’Istituto di Linguistica Informatica dell’Università di Saarbrücken, che ha lavorato sull’intelligenza artificiale e ha elaborato i miei dati. Hanno costruito il cuore e il centro del pezzo e Dreamsdolls, in Francia, ha realizzato l’aspetto esterno del robot, basandosi su di me. Il robot è quindi un mio autoritratto.
Con la serie Mould ha creato, invece, uno stampo scultureo in bronzo nero di una bambola del sesso. Ci può raccontare anche questo progetto, che sfiora altrettanto le frontiere dell’innovazione?
Questa bambola del sesso appartiene a una nuova generazione di sex toys di lusso, dotati di un’intelligenza artificiale che consente alla bambola di apprendere e memorizzare le preferenze degli utenti e di interagire con loro per raggiungere un nuovo livello di esperienza. Ma anche il mio robot fa parte di questo progetto, perché è allo stesso modo una bambola del sesso. Per me era importante, da un lato, rimanere coerente alla forma dell’autoritratto – e, ovviamente, la sessualità fa parte di tutti, quindi anche questa deve far parte di quest’opera d’arte. D’altra parte, questa decisione è pure un commento artistico sull’essere donna oggi, sulla scena artistica, ma perfino su quella tecnologia, perché la maggior parte delle IA sono donne.
Il suo robot è dotato di libero arbitrio?
Per il libero arbitrio ci vuole la coscienza, un robot può simulare la coscienza, fingere di avere una coscienza apparentemente presente, ma la coscienza è fatta di sentimenti, del corpo, della mente, della propria storia, della vita e dell’imprevedibile. E, questa, è la forza e la superiorità umana: empatia e consapevolezza.
Quando si è appassionata di arte?
Vengo da una famiglia, in cui l’arte ha sempre avuto un ruolo importante, quindi sono cresciuta con l’arte. Non so dire esattamente quando ho scoperto la mia passione per essa o quando ho deciso di divenire un’artista professionista. Ma è accaduto…
Quando si è, invece, avvicinata alla tecnologia?
Non parlerei nemmeno di passione per la tecnologia. Nel mio lavoro cerco di riflettere il momento e di chiedermi cosa ci colpisce come esseri umani, cosa ci definisce. Non è possibile aggirare la tecnologia al giorno d’oggi, la tecnologia modella le nostre vite e la nostra umanità.
Teme mai il potere dell’IA?
Il mio universo popolato da umanoidi enigmatici e seducenti porta alla luce anche preoccupazioni di controllo e autorità, poiché l’integrità del corpo, il pensiero umano e il desiderio sono inequivocabilmente trasformati dall’ineluttabile interdipendenza della mano umana e dai progressi tecnologici. Fondamentalmente, considero l’IA come uno strumento che dovrebbe semplificare la vita delle persone. Penso che ci saranno molte ristrutturazioni in arrivo, ad esempio, sul posto di lavoro. Ma, ci sono anche pericoli nella diffusione delle informazioni nella vita sociale, così come nelle relazioni interpersonali. Il pericolo più grande è, ovviamente, dare all’IA troppo potere e responsabilità. Abbiamo bisogno di accordi etici e tecnologici su come e in quale forma può essere utilizzata l’IA, dato che questi pericoli sono già diventati parte della vita quotidiana e stanno aumentando anziché diminuire.
Come vede il futuro della tecnologia?
Per i miei progetti collaboro spesso con aziende tecnologiche e scienziati di diversi settori in tutto il mondo. Credo che questo sia essenziale per catturare il presente così come il futuro. Credo che la tecnologia continuerà ad avanzare, dovremo abituarci al fatto che la tecnologia ha un’influenza crescente su tutti gli ambiti della vita. La nostra consapevolezza della natura umana è più importante che mai, ed è qui che entra in gioco l’arte. L’arte si sviluppa da una natura umana profonda, può essere imprevedibile ed è parte dell’anima. Credo che l’arte possa mantenere noi esseri umani connessi con essa e mantenere la nostra sensibilità verso il mondo. Questo è lo scopo dell’arte e quindi anche la mia sfida come artista nel creare tali opere.
A che altri progetti sta lavorando al momento?
Attualmente sto lavorando a vari progetti, alcuni dei quali riflettono sull’IA e la criticano, sulla base dei recenti cambiamenti e discussioni che questa tecnologia porta con sé. D’altra parte, mi occupo intensamente del corpo umano come base e luogo più piccolo in cui esistiamo, agiamo e operiamo. Nei rapidi cambiamenti del nostro tempo, per me è importante comprendere più chiaramente questo spazio, il corpo, conoscerne i limiti e contrastarli con la tecnologia. Non si tratta del corpo contro la tecnologia, ma è una questione di dove in questo nostro tempo stiamo andando con il corpo. È la linea grigia tra corpo e tecnologia.
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