Food & Beverage

La crescita dei rosati e il rapporto con le nuove generazioni: quali sono le nuove tendenze del vino

L’estate 2024 è giunta al termine, ma il vino, dove sta andando? Per fare il punto sulle principali tendenze che hanno caratterizzato il consumo di vino “sotto l’ombrellone”, abbiamo raccolto i pareri di tre esperti del settore: un produttore, un selezionatore e di un business angel.

La situazione secondo Oscar Farinetti

Oscar Farinetti è il fondatore di Eataly, e oggi è anche patron di Fontanafredda – produttori di Barolo e di grandi vini delle Langhe in Serralunga d’Alba.

Ha riscontrato un’attenzione particolare da parte degli italiani verso determinati vitigni e/o regioni vinicole negli ultimi anni?

I vitigni italiani che stanno riscuotendo maggior successo sono quelli legati ai vini bianchi e alle bollicine. Credo che questo fatto sia dovuto alla piacevolezza dei vini serviti molto freddi e a bassa gradazione. Per questo motivo è da anni che consiglio ai nostri clienti di servire i vini rossi a una temperatura molto fresca, addirittura fredda (come si fa in Francia). Non perdono in profumi e aromi e sono molto più piacevoli in bocca. Notiamo un grande interesse per l’Alta Langa (Chardonnay e Pinot nero), per l’Arneis e per il Piemonte in generale. Noi produciamo in Piemonte, in Friuli, in Toscana ed in Sicilia. Queste quattro regioni restano al top dei desideri degli italiani.

I rosati continuano a cavalcare i consumi estivi o si sta verificando un cambio di preferenze? Se si, quali?

Non si può dire che i rosati dominino i consumi, tuttavia sono sempre in incremento. Si tratta di un vino “quasi” rosso, servito ad una temperatura fredda che presenta una bassa gradazione. Ormai produciamo sempre più vini biologici con un’attenzione spasmodica, sia in campagna che in cantina, alla naturalità. Notiamo da parte dei clienti sempre una maggior attenzione verso questi aspetti del vino. Tuttavia devo dirle che io non apprezzo il nome “naturale” accostato al vino. L’unico vino naturale davvero è l’aceto.
È sempre l’uomo che deve intervenire contro la natura per contenere la naturale propensione all’acidità.

Secondo lei, in che modo le nuove generazioni stanno influenzando il consumo di vino?

Le nuove generazioni, ahimè, paiono dedicare più attenzione ai cocktail che non ai vini. L’unico modo per indirizzarli al vino, è quello di diffondere la cultura e la storia. Noi produttori dobbiamo diventare insegnanti: raccontare sempre di più la straordinaria storia e le tradizioni del vino. Il quale, bevuto in dosi contenute non fa affatto male, anzi, di sicuro meno di certi intrugli a base di superalcolici.

Il punto di Raffaele Bonivento

Raffaele Bonivento, classe 1967, è fondatore di Meteri – una delle realtà aziendali dedita alla selezione e alla distribuzione di etichette di piccoli e medi artigiani della viticultura nazionale e internazionale.

Quali vini hanno performato meglio durante questa estate appena trascorsa? Quali hanno performato meno?

È un momento di ripensamento su molti aspetti del vino e dopo un lungo periodo di curiosità e apertura dei consumatori verso ogni forma di stimolo e novità, assistiamo a un ritorno alle proposte classiche e istituzionali, magari aggiornate e riviste in chiave contemporanea. Il che significa vini meno estrattivi, più orientati alla prontezza e alla beva, di minore tenore alcolico ma da denominazioni di grande tradizione. Dopo più di quindici anni di “rivoluzione” stiamo arrivando a quello che noi chiamiamo il Neoclassicismo del vino.

Dall’osservatorio privilegiato di Meteri, avete riscontrato un’attenzione particolare da parte degli italiani verso determinati vitigni e/o regioni vinicole negli ultimi anni?

Credo che gli Italiani in questo ultimo periodo guardino alle denominazioni e vitigni di lunga tradizione, come Le Langhe e la Borgogna spinta da Pinot Noir e Chardonnay; il mondo dei super appassionati della Francia sceglie lo Jura e i suoi Poulsard, Trousseau, Savagnin e Chardonnay. Tra i grandi vini, vediamo crescere quotidianamente interesse per l’Etna: per i rossi il Nerello Mascalese e i per i bianchi a base Carricante.

I rosati continuano a cavalcare i consumi estivi o si sta verificando un cambio di preferenze? Se si, quali?

Effettivamente i rosati stanno godendo di una rivalutazione e attenzione rinnovata. Ci sarebbe ancora molto margine di crescita soprattutto per l’Italia, ricca di vitigni rossi che in chiave rosato avrebbero ampi spazi. Si tratta di un problema culturale quello di traghettare il rosato dal suo limbo a una reputazione di tutto rispetto.Interessante qualche segnale di interesse per Blend di uve Bianche e Rosse macerate insieme e l’esecuzione di rossi in macerazione breve che mantengono una visiona da “rosso” pur essendo tecnicamente dei rosati veri e propri. In Sicilia li stanno chiamando “rossati”.

In che modo le nuove generazioni stanno influenzando le tendenze del consumo di vino?

Le nuove generazioni sono sicuramente più attente verso l’alcool di quanto accadesse con le generazioni precedenti e mirano ad un consumo meno quantitativo e più qualitativo. Credo che il consumo del vino diminuirà in futuro premiando il bicchiere di qualità, lasciando margini alla crescita qualitativa di tutto il settore.

La visione di un business angel

Il terzo è Federico Menetto, business angel attivissimo nel mondo delle Startup del food and beverage, con un portafoglio di partecipazioni nel f&b healthy da sempre segue le nuove tendenze, lo fece nel vino portando al successo tantissime aziende e poi improvvisamente nel 2017 ha cambiato direzione.

La sua scelta di passare dal mondo del vino tradizionale al settore “NoLo” è stata vista inizialmente con scetticismo. Come vede ora questa decisione alla luce degli sviluppi del mercato?

La mia decisione di investire nel settore “NoLo” nel 2017 è stata sicuramente controcorrente, ma sono fermamente convinto che fosse la mossa giusta. Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una crescita significativa dell’interesse verso le bevande analcoliche e a basso contenuto alcolico. Questo trend riflette un cambiamento più ampio nelle abitudini di consumo, con una maggiore attenzione alla salute e al benessere. La mia scelta mi ha permesso di posizionarmi in anticipo su un mercato in rapida espansione e di contribuire alla sua evoluzione.

Lei mantiene ancora un legame con il mondo del vino. Qual è la sua visione sul futuro del settore vinicolo?

Credo fermamente che la crisi che stiamo osservando nel mondo del vino sia in realtà una crisi del “buon vino”.  Troppo spesso i vini si assomigliano, hanno perso il rapporto con il territorio e si sono uniformati, diventando “bevande alcoliche” che oggi sono sotto attacco.
I vini di qualità continuano ad essere richiesti e apprezzati, tanto che in alcuni casi assistiamo addirittura a fenomeni speculativi. Mi viene in mente Frank Cornellisen, Stella di Campalto, Giuseppe Mascarello e tantissimi altri che continuano ad essere continuamente esauriti. Vini da sogno, introvabili ma godibilissimi.

Quale consiglio darebbe ai produttori di vino per affrontare le sfide attuali del mercato?

Il mio invito ai produttori è di tornare alle origini anche con le politiche di prezzo, spesso non troppo coerenti in un mondo così globalizzato.  Mi auguro possano ritrovare quella passione e quell’autenticità che li ha resi grandi. Hanno storie incredibili da raccontare e la capacità di creare esperienze uniche dentro le loro cantine, nei loro territori. Devono tornare a concentrarsi sulla qualità del prodotto e sul rapporto diretto con i clienti, anche con l’aiuto del digitale su cui non hanno mai investito abbastanza. Quelli bravi direbbero devono passare dallo storytelling allo storydoing.

Qual è il ruolo del consumatore in questo scenario?

Il consumatore ha un ruolo fondamentale. Acquistando un vino, non si sta semplicemente comprando una bevanda, ma si sta contribuendo a preservare un patrimonio culturale e paesaggistico. È importante che i consumatori comprendano che attraverso le loro scelte d’acquisto possono influenzare direttamente il futuro dei territori viticoli.

Qual è la sua visione per il futuro del settore vinicolo?

Sono convinto che il vino non scomparirà, ma dovrà adattarsi alle nuove generazioni e alle loro esigenze. Questo potrebbe significare una diversificazione dell’offerta, con una maggiore attenzione ai vini a basso contenuto alcolico, o l’adozione di pratiche di produzione più sostenibili. Allo stesso tempo, c’è spazio per l’innovazione. Il futuro del vino sarà caratterizzato da un ritorno all’autenticità, alla qualità e alla sostenibilità.

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