Articolo apparso sul numero di ottobre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
Quella della trasformazione digitale è una partita che Namirial ha imparato a giocare su più tavoli da quando, nel 2020, in azienda è giunto Max Pellegrini a ricoprire il ruolo di amministratore delegato. Pellegrini si può definire un manager di ritorno. Dopo 15 anni di esperienze negli Stati Uniti, ha scelto di tornare in Italia per amore dei figli, che, nati a New York, “stavano diventando un po’ troppo americani. Prima del college volevo che trascorressero un paio d’anni in Europa per dare loro una visione più internazionale”, spiega il manager. Poi, tra il Covid, la morte di George Floyd e il movimento Black Lives Matter negli Stati Uniti e l’opportunità di una sfida manageriale in Namirial, si sono creati i presupposti per il ritorno in Italia.
Prima dell’arrivo del manager, l’azienda di Senigallia (An) si era fatta conoscere sul mercato nazionale per l’attività di digitalizzazione e per i servizi fiduciari. “Aveva quasi 50 milioni di ricavi, ma appena il 10% proveniva dall’estero. C’era un grande potenziale di crescita”, ricorda Pellegrini. Con il nuovo amministratore è arrivata la fase di accelerazione. Nel giro di quattro anni il fatturato è più che triplicato, il modello di business è stato ampliato e completato: client di firma, posta elettronica certificata, fatturazione elettronica, solo per citare alcuni dei servizi. La società, anche attraverso una serie di acquisizioni, ha avviato un’espansione sui mercati esteri.
“Oggi i ricavi internazionali sono superiori al 30%, distribuiamo in 85 paesi con 170 partner che rivendono i nostri servizi, abbiamo seimila enterprise customer, 60mila aziende e 100mila professionisti. L’azienda è cresciuta in tutte le direzioni”, sottolinea Pellegrini, ricordando che il team era già molto forte fin dal suo arrivo. “Io ho contribuito cercando di managerializzare alcuni processi finanziari e organizzativi e irrobustendo gli aspetti legati alla tecnologia, senza rinnegare quella sana imprenditorialità italiana”, aggiunge. Una formula che ha mantenuto nella fase di acquisizioni, “in cui siamo stati attenti ad attrarre aziende molto simili a noi”. Così Namirial ha potuto svilupparsi e aprirsi ai mercati esteri senza snaturarsi.
Pellegrini ha dato la sua impronta nello scrivere e codificare i principi guida. “Namirial è stata la prima azienda in Italia a ottenere la certificazione ufficiale per le pratiche di diversity & inclusion. Abbiamo inoltre contribuito alla riduzione dell’impronta di CO2 di molte aziende, grazie a una serie di servizi fiduciari. Penso, ad esempio, alla firma digitale, che non costringe più a spostarsi”. Con Pellegrini Namirial è diventata un modello da esportare: “L’Italia, in tema di servizi trust, è avanti: pensiamo alla fatturazione elettronica obbligatoria, alla pec, alla conservazione a norma, allo spid e alla firma digitale. Esperienze che hanno creato una bellissima palestra e che ora portiamo all’estero, per scrivere una nuova storia anche fuori dall’Europa”.
Nell’immediato il manager punta a un consolidamento in Italia, dove oggi l’azienda è una delle realtà imprenditoriali più significative. Per il medio-breve periodo guarda all’Europa, dove “ci sono grandissime opportunità di crescita, con 250 qualified service provider: noi siamo uno dei più grandi e un naturale consolidatore del mercato”. Ma le prospettive più interessanti arrivano dal mercato latino-americano, dove nel 2023 la crescita è stata del 30%, dal Medio Oriente e dal Sud-est asiatico. In estrema sintesi, la tabella di marcia per Pellegrini è “l’Europa adesso, l’America Latina tra 18 mesi e dal 2026 il Medio Oriente e il Sud-est asiatico”.
Un grande banco di prova per il mercato interno ed europeo sarà l’introduzione, alla fine del 2026, del wallet digitale. Un ulteriore contributo in un’ottica di digitalizzazione del Paese. Di pari passo con il consolidamento e l’espansione sui mercati, Pellegrini porta avanti la valorizzazione dell’altro grande asset aziendale: le persone. “Ci siamo strutturati per attrarre e gestire i talenti. Abbiamo investito molto nei giovani, attraverso accordi con le università di Napoli, Ancona e Padova. Abbiamo creato un’accademia che forma tutti gli anni decine di tecnici e sviluppatori. I migliori elementi, al termine del percorso, vengono assunti”. C’è poi una formula per offrire ai giovani talenti la possibilità di esprimersi ‘out of box’: “Due volte all’anno organizziamo hackathon, coinvolgendo 25-30 ragazzi. Forniamo loro temi da sviluppare, strumenti, risorse e 24 ore di tempo.
Da questi appuntamenti sono venute fuori due delle innovazioni di prodotto più importanti degli ultimi tempi: siamo stati la prima società nel mondo a offrire un digital assistant nel processo di firma, ottenendo review positive dagli analisti, e abbiamo sviluppato un software per la conservazione dei dati sensibili, come quelli sanitari”. Per l’ad saper “coinvolgere le persone, suscitando una sana competizione e offrendo la possibilità di divertirsi, finisce per creare un ambiente magico, bello e sfidante”.
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