Il cofondatore di Google ha già donato più di 1,5 miliardi di dollari alla ricerca contro il Parkinson. Ora vuole contrastare l’autismo e investe in fondi di venture capital e startup che cercano di sviluppare terapie e trattamenti.
Il 26 marzo 2024 Nicole Shanahan è salita alla ribalta nazionale come candidata vicepresidente di Robert F. Kennedy Jr. Quel giorno, e in seguito in molte dichiarazioni pubbliche, ha condiviso dettagli sulla diagnosi di autismo di sua figlia, legandola a un vaccino che le era stato somministrato da bambina. Non ci sono prove che i vaccini causino l’autismo, ma Shanahan, che si è definita “una mamma dell’autismo”, ha sostenuto questa teoria già smentita per tutti i cinque mesi della sua campagna per la vicepresidenza. “Mia figlia ha sollevato il velo”, ha detto Shanahan in un podcast il giorno dopo avere accettato la nomination. “Se parliamo del mio sostegno per Bobby Kennedy, questo è ciò che mi ha spinto verso il suo movimento. Finanziariamente, spiritualmente e, forse, in altri modi”.
Lontano dalla campagna elettorale, il suo ex marito e padre di sua figlia, il cofondatore di Google Sergey Brin, non ha mai parlato pubblicamente della bambina o delle convinzioni di Shanahan. Tuttavia, nei primi mesi del 2022, membri del suo team che si occupa di filantropia hanno cominciato a valutare come dare una mano. Dopo più di due anni di pianificazione e quasi 50 milioni di dollari di finanziamenti già stanziati per la ricerca sull’autismo, Brin sta per lanciare una nuova iniziativa chiamata Aligning Research to Impact Autism (Aria), che sosterrà la ricerca su ciò che provoca l’autismo e sulle terapie.
Il budget di lungo periodo del progetto non è stato definito, ma supererà di molto la somma spesa finora, secondo una persona a conoscenza delle strategie filantropiche di Brin. Il suo primo programma, chiamato Impact Network, mira a collegare una serie di centri per la cura dell’autismo e di ricercatori affiliati, che collaboreranno e si coordineranno per studi clinici. Le candidature per entrare nella rete dovrebbero essere aperte nei prossimi mesi.
Una questione personale
L’attenzione di Brin all’autismo è l’ultimo dei suoi sforzi per indirizzare la gran parte delle sue donazioni benefiche ai problemi del sistema nervoso centrale. Un piano che è organizzato sotto un ombrello chiamato Cns Quest, stando a quanto riferisce Ekemini Riley, che ha un PhD in medicina molecolare e contribuisce a guidare le iniziative di Cns Quest. Molte delle prime donazioni di Brin, più di dieci anni fa, ponevano l’accento sulla scienza di base dietro il morbo di Parkinson, mentre dal 2022 sono andate al disturbo bipolare, come Forbes aveva già raccontato.
Se Brin non parla quasi mai con la stampa e tiene privata la sua vita, tutte e tre le condizioni – il Parkinson, il disturbo bipolare e l’autismo – hanno toccato membri della sua famiglia. Sua madre, a cui fu diagnosticato il morbo di Parkinson più di 20 anni fa, è morta a dicembre a 76 anni. Nel 2010, in una delle sue rare interviste, Brin ha anche rivelato di avere una probabilità più alta della media di avere il Parkinson, a causa di una mutazione genetica che aveva già sua madre.
“Questo lavoro è personale perché comincia con il morbo di Parkinson e io sono portatore di una mutazione genetica nota: la mutazione G2019S al gene Lrrk2”, ha scritto Brin, la settima persona più ricca del mondo, in una mail a Forbes. “Questo lavoro ha condotto alla scoperta di una nuova variante del gene Gba1 che aumenta il rischio di morbo di Parkinson nelle persone con antenati africani. Sono ottimista sulla possibilità di compiere scoperte simili, che miglioreranno le cure per persone con disturbo bipolare e autismo”.
Quanto dona Sergey Brin alla ricerca
Dei quasi 900 milioni di dollari di donazioni benefiche compiute lo scorso anno da Brin – quasi il doppio di quelle del 2023 e un quarto dei 3,9 miliardi destinati alla filantropia nella sua vita – quasi la metà è andata a cause legate a Cns Quest. Di recente Brin ha anche cominciato a sostenere startup e fondi di venture capital che lavorano a soluzioni e trattamenti a scopo di lucro: finora ha investito più di 600 milioni di dollari, di cui 400 solo nel 2024. Gli eventuali profitti saranno reinvestiti o donati a no-profit, ma in ogni caso è un altro modo per favorire il progresso.
Brin ha già speso 1,75 miliardi di dollari per la ricerca sul Parkinson, una malattia degenerativa devastante che colpisce dieci milioni di persone a livello globale. È una delle poche persone che hanno donato così tanto per contrastare una sola malattia. (Tra gli altri ci sono Bill Gates, Melinda French Gates e Warren Buffett per l’eradicazione della poliomielite e il defunto miliardario dell’immobiliare Harry Helmsley con sua moglie Leona per combattere il diabete di tipo 1). La dedizione e lo spirito di collaborazione che applica alla filantropia hanno già cominciato a pagare.
Nel novembre 2023 i ricercatori finanziati dal programma Aligning Science Across Parkinson’s (Asap) di Brin e dal suo partner, la Michael J. Fox Foundation, hanno scoperto la variante genetica che Brin ha citato nella mail a Forbes, che quasi quadruplica il rischio di malattia tra le persone con antenati africani. E ad agosto la Food and Drug Administration, l’agenzia federale statunitense che regola i prodotti alimentari e farmaceutici, ha pubblicato una lettera di sostegno per incoraggiare gli scienziati e gli sviluppatori di farmaci a usare un test del liquido spinale per la diagnosi precoce del Parkinson che è stato in parte finanziato da Asap.
Brin ha anche finanziato in modo massiccio la ricerca sul disturbo bipolare, un grave problema di salute mentale che colpisce circa 40 milioni di persone nel mondo. Nel 2022 Brin e due coppie facoltose – tutti con familiari a cui è stato diagnosticato il disturbo – si sono impegnati a versare 50 milioni di dollari a testa in cinque anni a un ente chiamato Breakthrough Discoveries for Thriving with Bipolar Disorder, abbreviato in Bd2. Brin ha già donato 75 milioni alla ricerca su questo disturbo.
Le donazioni per affrontare l’autismo
A inizio 2022 il team di Brin già pianificava di dedicarsi all’autismo. Ha lanciato Aria a ottobre, concentrandosi dall’inizio non solo sulla scienza di base, verso cui è storicamente indirizzata la maggior parte dei fondi per la ricerca sull’autismo, ma anche su potenziali terapie o trattamenti. “Ciò che abbiamo imparato e visto nelle altre nostre iniziative è che è molto importante finanziarie entrambe le cose in parallelo e avere riscontri incrociati tra la parte scientifica e quella clinica, con progettazione di sperimentazioni, sviluppo di farmaci e terapie”, dice Riley, che è tra i direttori di Aria. Tutto questo è particolarmente importante nel caso dell’autismo, che è solo una neurodivergenza, non una malattia da curare.
Aria, aggiunge, ha grandi obiettivi per i prossimi cinque anni, incluso lo sviluppo di valutazioni quantitative per il linguaggio, la comunicazione sociale o le disfunzioni sensoriali, per contribuire a migliorare il trattamento delle persone autistiche che lo richiedono.
“Vorrei assicurarmi che chiunque abbia una condizione complessa dello sviluppo neurologico, come l’autismo, abbia l’opportunità, da adulto, di vivere una vita che gli permetta di realizzare il proprio potenziale e vivere in un ambiente in cui si sente sicuro, rispettato e apprezzato per ciò che è”, dice Katarzyna Chawarska, docente di psichiatria alla Yale School of Medicine, che fa ricerca sui marcatori precoci dell’autismo e ha parlato a Forbes degli sforzi di Brin.
Gli investimenti nella biofarmaceutica
Per raggiungere l’obiettivo di Brin di migliori trattamenti, il suo team ha cominciato a sostenere le aziende biofarmaceutiche. Alla fine del 2021 Brin ha finanziato Catalyst4 – un tipo di no-profit chiamata 501(c)(4) che può fare lobbying e possedere aziende a scopo di lucro – con oltre 450 milioni di donazioni in azioni di Alphabet e Tesla. (Ha investito nell’azienda di auto elettriche nel 2008). Nel 2023 ha donato altri 615 milioni a Catalyst4.
Il portafoglio di Catalyst4 comprende una quota di maggioranza nella società biofarmaceutica MapLight, che sviluppa trattamenti per malattie cerebrali e autismo. Al momento ha un possibile farmaco in fase 2 di sperimentazione clinica che punta ad aiutare alcune persone autistiche nei “deficit di comunicazione sociale”.
Catalyst4 ha anche investito in Stellaromics, che produce mappe tridimensionali dettagliate dell’attività genica in frammenti di tessuto per altre aziende, che le usano per lo sviluppo di farmaci; in Capsida Biotherapeutics, azienda di terapia genica in fase iniziale; e in Octave Bioscience, che lavora per il miglioramento della cura di condizioni neurodegenerative, a cominciare dalla sclerosi multipla. Secondo una persona vicina alle attività filantropiche di Brin, uno degli approcci adottati da Catalyst4 è quello di donare una somma “a scopo benefico” (spesso circa il 25% dell’investimento totale) accanto a un investimento in quote.
Catalyst4 detiene anche partecipazioni indirette in altre startup tramite diversi fondi di investimento. La più importante è un fondo dedicato nella società di venture capital The Column Group, finanziato assieme alla Simons Foundation (istituita dal defunto miliardario degli hedge fund Jim Simons e dalla moglie Marilyn), che ora ha circa 200 milioni di dollari di asset. Il fondo è dedicato a investimenti in startup in fase iniziale che si occupano di scoperta di farmaci, vaccini e terapie geniche e cellulari per il trattamento delle condizioni neurologiche.
La fortuna conta
Il fondo è stato creato con in testa l’alta tolleranza al rischio di Brin, che, secondo il biochimico Robert Tjian, professore alla Uc Berkeley e consulente di The Column Group, nonché una delle menti dietro il fondo, lo distingue da altri filantropi e investitori nel venture capital. “È così difficile lavorare sul cervello umano, perché non abbiamo accesso. Non possiamo metterci le mani”, dice Tijan. “Ciò significa che il lasso di tempo che intercorre tra l’investimento iniziale su una questione e il momento in cui inizia a dare i suoi frutti in una sperimentazione clinica è probabilmente più lungo di quello che la maggior parte dei venture capitalist è disposta ad attendere”.
Per obiettivi ambiziosi come quelli di Brin, “un’altra cosa dovrebbe essere ovvia”, aggiunge Tjian. “Devi essere fortunato”.
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