Di Fiammetta Freggiaro
Trentuno le delegazioni presenti all’Eliseo in occasione del vertice dei volenterosi convocato dal presidente Emmanuel Macron. Una sola, invece, la linea approvata all’unanimità: proseguire a oltranza con le sanzioni alla Russia di Putin, accusato dallo stesso Macron di “fingere di negoziare” per “scoraggiare l’avversario e intensificare gli attacchi”.
Il vertice di Parigi
Quanto dibattuto a Parigi è conseguenza delle trattative di pace tenutesi tra il 23 e il 25 marzo scorso in Arabia Saudita. Tre giorni di colloqui a bilancio pressoché neutro, privi di un effettivo spostamento di asse per porre fine al conflitto in Ucraina. Ecco spiegato perché anche i più flebili entusiasmi, scontrandosi con la fermezza del Cremlino in merito all’allentamento delle sanzioni, hanno perso vitalità.
Con la Casa Bianca attiva nelle mediazione tra le due parti, pare che l’Unione non sia ancora riuscita a incanalare nell’unità d’intenti la posizione da assumere. Due gli elementi indicativi di tale fumosità. Il primo è il kit di sopravvivenza, presentato dalla Commissione europea. Il secondo sono le parole rilasciate dal presidente Macron al termine del vertice dell’Eliseo: “Non è il momento di revocare le sanzioni, quali che siano” […] “Non ha senso una politica di revoca delle sanzioni prima che la pace non sia chiaramente raggiunta”.
La proroga delle sanzioni
Una difensiva unanime con cui sancire una mozione speculare ma opposta agli Stati Uniti di Donald Trump, la cui recente retorica pare imporre all’Ue una rinnovata compattezza. Quanto alle motivazioni del prosieguo delle sanzioni, occorre considerare la diffidenza rispetto alla linea tenuta dal presidente Putin, la cui tregua avanzata sul tavolo delle trattative pare faticare ad essere giudicata credibile.
L’annuncio fatto da Macron altro non è che una conferma di quanto suggellato dal Consiglio europeo, che il 14 marzo scorso ha annunciato la proroga fino al 15 settembre 2025 delle misure restrittive “nei confronti dei responsabili di azioni che compromettono o minacciano l’integrità territoriale, la sovranità e l’indipendenza dell’Ucraina” Stando alla nota diffusa dallo stesso Consiglio europeo, “le misure restrittive in vigore prevedono restrizioni di viaggio per le persone fisiche, il congelamento dei beni e il divieto di mettere a disposizione delle persone ed entità inserite in elenco fondi o altre risorse economiche”.
Starmer: “L’Europa si mobilita”
Il premier britannico Keir Starmer ha commentato: “L’Europa si mobilita come non si vedeva da decenni”. Una mobilitazione parziale, quella promulgata, dal momento che l’unanimità di cui sopra non è stata raggiunta per quanto attiene l’invio di una forza di peacekeeping in Ucraina.
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Sanzioni e progressive invasioni
Ragionando poi in una prospettiva di medio-lungo termine, vari sono gli interrogativi allo stato insoluti. Anzitutto, il beneficio sotteso a quanto deliberato: da ben undici anni, esattamente dal marzo 2014, l’Unione europea prova a contrastare il Cremlino sotto il profilo economico e commerciale.
Le misure restrittive adottate – da quelle strettamente personali, nei confronti dei membri del Consiglio di sicurezza nazionale della Federazione russa, a quelle commerciali, quali per esempio la limitazione dei flussi finanziari provenienti da Mosca – sembrano voler indebolire la base economica e tecnologica russa, così da limitarne il margine d’azione militare. Malgrado la scala ascendente di restrizioni, la realtà sul campo pare procedere in direzione diametralmente opposta. Ripercorrendo a ritroso gli anni del conflitto russo-ucraino, ci si imbatte in almeno tre episodi di grave violazione del diritto internazionale e della sovranità nazionale. Non solo l’annessione della Crimea nel 2014, ma anche l’invasione su vasta scala dell’Ucraina e l’annessione delle regioni di Donetsk, Luhansk, Zaporizhzhya e Kherson nel 2022.
Nuove alleanze
In attesa di conoscere gli sviluppi e la definizione esatta del rinnovato margine repressivo da parte europea, colpisce comunque la natura della neonata alleanza comunitaria, estesa ben oltre i confini europei, andando al contempo ad escludere l’Ungheria di Viktor Orban, nonché l’assenza di una strutturale via diplomatica con Bielorussia, Iran e Corea del Nord. Proprio questi ultimi, benché a loro volta sanzionati dall’Unione europea, sostenendo militarmente la Russia, stanno di fatto limitando il margine d’azione a disposizione di Kiev. Il rischio che si corre in questo senso è inasprire ad oltranza le sanzioni, ma assistere inermi ad una realtà che batte in larga parte bandiera filorussa. Nel caso in cui quest’ultima eventualità si concretizzasse, la gara al rialzo delle restrizioni attualmente in vigore fornirebbe altresì un rinnovato margine temporale a discapito del popolo e dell’esercito ucraino, gli stessi nei confronti dei quali i “volenterosi” hanno ribadito pieno sostegno.
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