L’amministratore delegato di Smeralda Holding Mario Ferraro è un uomo gradevole. Calmo e gentile, di quelli che sono capaci di dirti qualsiasi cosa senza mai rubare la scena, neanche se lo volessero. Eppure è lui che guida da 4 anni con polso fermo e visione precisa la società italiana di Qatar Holding proprietaria dal 2012 dei terreni e delle attività sulla costa dei ricchi e braccio operativo di QIA, uno dei fondi sovrani più importanti al mondo con un patrimonio di 250 miliardi di dollari.
Ferraro è non soltanto il fiduciario della nuova proprietà, ma è anche l’uomo che sta guidando la Costa Smeralda verso la trasformazione, pur mantenendone inalterate alcune caratteristiche fondanti. Ha avviato il piano di investimenti quinquennale per traghettare le lussuosissime 360 stanze e suite (il numero è rimasto invariato) fondate negli ’60 dal principe Karim Aga Khan verso un nuova stagionalità e un nuovo pubblico giovane, al momento più attratto da luoghi come Mykonos o Ibiza. Per riuscirsi, non mancano le risorse. Il piano quinquennale prevede 30 milioni di euro di investimento per il biennio 2018/2019 e altri 120 milioni fino al 2023: soldi spesi in tutta tranquillità, visto che per la prima volta la holding ha raggiunto nel 2017 100 milioni di euro di ricavi, crescendo a due cifre per il terzo anno consecutivo (più 15% lo scorso anno), con previsioni rosee anche per quest’anno, visto che “i ricavi saliranno di altri 8 milioni e i guadagni netti di uno”.
“La crescita è dovuta essenzialmente a due motivi: all’attenzione alla strategia tariffaria, resa più flessibile in modo da attirare presenze e ricavi anche più in bassa stagione, e la congiuntura turistica, particolarmente positiva per il lusso e le isole”, commenta in proposito Ferraro. “Adesso si tratta di spingere ulteriormente sul momento favorevole per costruire i prossimi 50 anni della Costa Smeralda. Quando fu fondata, l’Aga Khan pensò di costruire un paradiso per le élite delle élite, ma oggi non si può più parlare di un turismo per pochi. I tempi sono cambiati, i flussi e gli interessi sono diversi e negli ultimi dieci anni la Costa Smeralda ha perso un po’ della sua capacità attrattiva. Il nostro compito è dunque quello di rilanciare e migliorare l’offerta”, secondo i gusti attuali. E come, dunque? La Holding Costa Smeralda ha il suo core business nei 4 alberghi Cala di Volpe, Cervo, Romazzino e Pitrizza (da soli fanno 82,3 milioni di ricavi), seguiti dalla Marina di Porto Cervo e attività di cantiere, il Pevero golf club, infine negozi e ristoranti, “quindi lavoriamo per arrivare alla ristrutturazione in chiave moderna dei nostri complessi e puntando a intercettare nuovi segmenti di mercato: quello delle spa e del benessere, che è un turismo tipico della bassa stagione, quello dei meeting e del business e gettando il seme per un pubblico sempre più giovane”.
Nel dettaglio, questo ha voluto dire mettere al lavoro tre architetti di punta come Matteo Thun, Bruno Moinard e Piero Lissoni, che entro il 2023 avranno ridisegnato offerta e alberghi (che saranno rebrandizzati in collaborazione con catene dell’hotellerie internazionale) e già realizzato importanti interventi per la stagione che si è appena aperta come le prime nuove 4 camere del Cala di Volpe, il beach club sulla spiaggia de L’Itricedi, la nuovissima Spa del Romazzino (in partnership con MyBlend by Clarins) e le “next generation meeting rooms” al Cervo. “Intercettare i giovani significa offrire loro quello che offre Ibiza ad esempio, senza però snaturarci e diventare come Ibiza”, continua Ferraro. “In questo senso vanno interpretate l’inaugurazione del beach Club in collaborazione con Il Nikki Beach e l’ammodernamento dell’offerta dei nostri ristoranti, tra cui l’arrivo del Novikov in franchising e altre iniziative con Quatropassi, il due stelle Michelin che ha riscritto il menù del ristorante Pescatore”.
Interessante inoltre, la spinta sul fronte degli eventi grazie ai festival letterari ed enogastronomici, talk show e musica (a Porto cervo la pianista Martha Argeric e il rapper Rkomi) messo a punto dal Consorzio Costa Smeralda per arrivare infine all’inaugurazione del Waterfront Costa Smeralda, il luxury temporary store disegnato da Gio Pagani e realizzato da Filmmaster Events per conto della Holding. Il waterfront si sviluppa lungo il molo del Porto V e conta 10 pop up store, 5 piazze espositive, il lounge bar del Nikki Beach e un palco per gli eventi. Tra i brand presenti: Tag Heuer con Zenith, Technogym, Maserati, Bugatti, Dolce& Gabbana e tanti altri.
Mario Ferraro è arrivato in Costa Smeralda senza mai abdicare alle “passioni giovanili” e al dna marino del padre caprese emigrato in Germania. “Sono tornato in Italia a 6 anni e a 18 ero già ripartito per frequentare gli studi in alta hotellerie in Germania”, racconta. “Mi sento profondamente italiano, ma dai tedeschi ho ereditato il senso del rigore e della precisione”. Sarà per questo che riesce a parlare di milioni e beach club insieme, di Millennial, rapper e di tradizioni senza che un concetto prevalga sull’altro. “C’è una parola in tedesco che riassume in sè l’idea di rigore, organizzazione, precisione e struttura. Questa parola è Ordnung, ed è stato il mio faro”, in un puzzle turistico composto perlopiù da statunitensi, italiani, tedeschi, inglesi e francesi; quindi arabi e russi, meno numerosi ma con più alta capacità di spesa.
Nel 2011 Ferraro è stato premiato come miglior manager alberghiero d’Europa e nel suo curriculum ci sono, tra gli altri, anche l’incarico di general manager all’Hilton Molino Stucky Venice, al Conrad di Dubai e al JW Marriott Venice Resort, prima di arrivare in Costa Smeralda nel 2015 come direttore generale di Sardegna Resort, la società che controlla gli alberghi a 5 stelle della Costa. In estate lo potete trovare lì, attento e riservato. Ma appena può lui va a svernare nella sua casa di Marbella, in Spagna. “È l’unico luogo che conserva in inverno la stessa vitalità e offerta dell’estate”, si lascia scappare. Di più non dice.
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