Le esplosioni delle Ipo dei social network nell’ultimo decennio – Facebook, LinkedIn, Snapchat e altre – ha prodotto una nuova categoria di miliardari del tech, che monetizzano le connessioni personali e professionali tra le persone mediante le piattaforme digitali. L’ultimo membro del club, però, ha scelto un approccio più mirato: ha sviluppato un social network destinato al settore sanitario. La sua società si chiama Doximity, ha sede a San Francisco, in California, ed è spesso descritta come “il LinkedIn dei dottori”. Al termine del primo giorno di contrattazioni, giovedì scorso, il prezzo delle azioni di Doximity era di 53 dollari: più del doppio rispetto ai 26 dollari fissati per l’Ipo. Quel debutto in Borsa ha reso miliardario il co-fondatore e amministratore delegato Jeff Tangney, 48 anni, che ha avviato la società nel 2010 e possiede una quota del 32,9%. Alla chiusura dei mercati di martedì 29 giugno, il suo patrimonio era di 2,8 miliardi di dollari.
Doximity non chiede soldi ai suoi membri – oltre 1,8 milioni di persone, tra cui medici, infermieri, assistenti sanitari e studenti di medicina – per utilizzare la piattaforma, postare le proprie credenziali professionali e fare rete. La società genera invece la maggior parte delle sue entrate grazie ad aziende farmaceutiche e clienti del settore sanitario che vogliono rivolgere le loro campagne di marketing a questo specifico gruppo di persone. Doximity offre inoltre servizi di reclutamento digitale e servizi aziendali di telemedicina. Per l’anno fiscale che si è concluso il 31 marzo 2021, l’azienda ha dichiarato un utile netto di 50,2 milioni di dollari e 206,9 milioni di entrate. Il fatturato è cresciuto del 78% rispetto ai 116,4 milioni dell’anno precedente.
Il nome Doximity è la fusione di “doctors” (“dottori”) e “proximity” (“prossimità”), come ha specificato una nota di Tangney e degli altri co-fondatori, Nate Gross e Shari Buck, inclusa nel prospetto. “Lavoriamo per portare la prossimità digitale nel campo della medicina, attraverso una piattaforma sicura in cui le persone utilizzano i loro veri nomi, accessibile a qualsiasi medico in ogni momento tramite smartphone”, hanno scritto i co-fondatori nella lettera. “In breve, vogliamo impegnarci ad alleggerire il fardello dell’essere medico”. Una delle peculiarità dell’Ipo è stata che il 15% delle azioni erano riservate ai dottori membri di Doximity. Alla Borsa di New York, la società è indicata dalla sigla “Docs”. Un portavoce ha spiegato che Tangney non poteva rilasciare dichiarazioni per questo articolo, per via dei 25 giorni di silenzio previsti dopo l’Ipo.
La piattaforma di Doximity propone funzioni per scambiare comunicazioni vocali, messaggi e fax digitali in modo sicuro. Nel 2020 ha lanciato una soluzione aziendale di telemedicina con servizio voce e video, che è stata rapidamente adottata da molti durante la pandemia da Covid-19: ha registrato oltre 150 sottoscrizioni nel settore sanitario. Il 31 marzo 2021 il servizio di telemedicina aveva registrato oltre 63 milioni di visite.
Anche se i finanziamenti e le valutazioni per le aziende del digital health sono lievitati durante la pandemia, Doximity è rimasta relativamente sotto traccia, perché non raccoglie fondi da venture capital dal 2014. L’ultimo round di Serie C da 54 milioni di dollari aveva portato la valutazione della società a 355,3 milioni, secondo PitchBook.
Prima di dare vita a Doximity, Tangney era stato tra i co-fondatori di Epocrates, società che aveva sviluppato una app di riferimenti medici all’epoca della bolla delle dot-com, nel 1999. Aveva lasciato l’azienda nel 2010, prima dell’Ipo e della successiva vendita ad Athenahealth nel 2013, per 293 milioni di dollari. “Ho imparato due cose dalla mia esperienza in Epocrates: non perdere l’attenzione nei confronti dei medici e godermi il viaggio”, ha dichiarato Tangney a Peter Cohen di Forbes la scorsa settimana. “In Doximity, mettiamo i dottori al primo posto. Li aiutiamo a essere più produttivi. E ci godiamo anche il viaggio”.
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