Senza un padre che faceva vari lavori per sostenerlo, Lewis Hamilton non sarebbe arrivato al vertice del mondo dei go-kart in Inghilterra. Ora che guida una Mercedes in Formula 1 e detiene il record di sette titoli mondiali vinti, Hamilton ha criticato aspramente la quantità di denaro necessaria per poter competere negli sport motoristici. In un’intervista rilasciata a maggio al giornale sportivo spagnolo As, ha dichiarato che la Formula 1 è “un club di miliardari”.
“Se oggi dovessi partire da una famiglia della classe operaia, per me sarebbe impossibile arrivare fin qui”, ha affermato Hamilton, unico pilota di colore in griglia e portavoce della diversità nel mondo dei motori. E ha perfettamente ragione: il team principal e amministratore delegato di Mercedes, Toto Wolff, ha dichiarato di recente all’emittente tedesca Rtl che una singola stagione in Formula 3 – un trampolino di lancio per la F1 – costa ai piloti più di un milione di dollari.
Di recente, tre nuovi piloti del lotto – Nikita Mazepin della Haas, Lance Stroll della Aston Martin e Nicholas Latifi della Williams – sono stati criticati per avere conquistato il posto in F1 grazie ai cospicui patrimoni dei loro padri, più che per merito. Si sono così ritrovati addosso un’etichetta antichissima: quella di piloti che “pagano per correre”. Non sorprende che la tensione legata al binomio ricchezza-F1 stia crescendo nel paddock, dopo l’introduzione di un nuovo tetto ai costi inserito nel contratto tra squadre e organizzatori, pensato per limitare le spese per il miglioramento delle vetture (con eccezioni per alcune voci, come gli stipendi dei piloti). Forbes stima che, nella stagione 2021 del campionato di F1, siano coinvolti almeno dieci miliardari, i cui patrimoni ammontano, nel complesso, a 146 miliardi di dollari.
Ecco chi sono i magnati della F1: proprietari di team, sponsor e altre figure. I patrimoni sono aggiornati al 16 luglio 2021.
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