Euro in salita sia sul dollaro che sulle valute dei Paesi Emergenti. Petrolio in ribasso dopo il rapporto shock dell’Agenzia internazionale dell’Energia che ha ribaltato le previsioni Opec: il greggio c’è, anzi promette di esser sempre più abbondante, grazie al successo delle tecniche estrattive dello shale oil americano. Il cocktail favorisce il ribasso dei listini, anche perché si combina con il nervosismo di Wall Street, frenata dalle difficoltà che incontra la riforma fiscale. Il risultato è il ribasso dei mercati azionari, a partire dai listini che hanno corso di più, come Piazza Affari.
Rispetto ad altre fasi negative, però, la discesa in atto ha caratteristiche peculiari. Complice la stagione delle trimestrali, l’Orso, tradizionale simbolo del ribasso, stavolta ha indossato i panni dello sniper, l’implacabile cecchino pronto a punire i titoli protagonisti della pioggia di cattive notizie a sorpresa che stanno segnando l’attuale fase di mercato. Facciamo l’elenco:
– Tutto è cominciato con il Credito Valtellinese. Martedì 7 novembre, il cda della banca ha comunicato di voler lanciare un aumento di capitale di 700 milioni, ovvero 3,5 volte la capitalizzazione dell’istituto prima dell’annuncio. Da allora, salvo qualche momentanea pausa, la frana non si è ancora fermata: l’istituto oggi lascia sul terreno l’8,80% a 1,38 euro. L’intera banca capitalizza attorno a 150 milioni.
– Nel giro di una settimana Trevi Finanziaria, la partecipata della Cdp da tempo in acque difficili, si è avviata a lunghi passi verso una crisi senza ritorno. L’azienda capitalizza ormai solo 55 milioni (ieri -19% circa). La perdita da inizio anno si amplia a -66%. La società ha posticipato a dicembre il rilascio dei risultati trimestrali in attesa di trovare un accordo con le banche per ristrutturare il debito.
– Non meno clamorosa la discesa di Astaldi crollata ieri del 25% dopo l’annuncio della richiesta di nuovi mezzi freschi, in mano (200 milioni) grazie ad un aumento di capitale, in parte con l’emissione di strumenti finanziari ancora da definire che dovranno consentire di assorbire l’impatto della crisi delle obbligazioni collocate presso diversi investitori. Il “buco” largamente superiore anche in questo caso alle stime del mercato è in parte legata alla svalutazione da 230 milioni derivante dall’esposizione in Venezuela. Ma preoccupano anche i lavori avviati, o comunque previsti, in Turchia. A seguito del taglio di guidance, l’Ebit margin è visto ora al 3-3,5% dei ricavi. La società prevede di chiudere l’esercizio in perdita anche se in riduzione rispetto al dato dei primi nove mesi.
Le sorprese negative non hanno risparmiato le blue chips. Clamoroso lo scivolone di Leonardo, che venerdì ha lasciato sul terreno oltre il 21% dopo aver lanciato un inatteso profit warning per aver corretto al ribasso le stime sulle vendite degli elicotteri Agusta Westland. Ieri il titolo della società capofila della difesa italiana ha ripreso quota grazie agli ordini di aerei a corto raggio ad ATR, la joint venture paritetica tra Airbus e Leonardo: il costruttore ha annunciato che il 2017 potrebbe chiudersi con un book-to-bill pari a 1,5, in netto miglioramento rispetto al 2016 (0,5). Il book-to-bill è un indicatore del trend delle commesse. ATR si aspetta di mantenere stabili le consegne, a 80 velivoli nel 2017, nonostante i problemi con alcuni fornitori. Ma resta viva la sorpresa per l’operazione pulizia, del tutto inattesa. Basti citare la reazione di Mediobanca Securities che ha reagito sospendendo il giudizio e il target price sul titolo “per l’incapacità degli analisti di riuscire a calcolare il total return dell’azione in base al rischio nei prossimi 6-12 mesi”. Al contrario, dopo nove giorni di ribasso, è scattata sul titolo l’azione di soccorso dei “navy seals”, cioè i brokers di Equita per i quali la caduta verticale delle quotazioni è una occasione da sfruttare. E così scende il target da 14,90 euro 13,20 per tener conto della perdita di un terzo del valore subito la scrsa settimana, ma torna il giudizio buy.
L’”effetto Sniper” non ha risparmiato il mondo del lusso. Il titolo sotto tiro è Salvatore Ferragamo, in caduta del 6% circa dopo i dati della trimestrale illustrata agli analisti nella serata di martedì. Il calo dei profitti, oltre alle vendite stagnanti, sono state l’ennesima brutta sorpresa per il mercato. Di riflesso Ubs ha tagliato il target a 22 euro da 24 euro, MainFirst a 17 euro da 19,50 euro (giudizio Underperform), Barclays a 23 euro da 24,50 euro, Mediobanca a 22 euro da 24,50 euro, giudizio Neutral.
Insomma, in un quadro di trimestrali che resta sostanzialmente positivo, i mercati si stanno rivelando giudici molto severi nei confronti di chi sgarra, soprattutto quando si ha la sensazione di promesse non mantenute. Contribuisce ai voti severi l’alto livello delle quotazioni raggiunte del mercato a fine ottobre (+25%), ma anche la prevalenza degli operatori professionali, lesti a reagire alle novità negative, rispetto al retail, più conservatore. Per questo occorre tener presente la lezione di Leonardo: quando la società bersaglio ha sostanza, merita rientrare in gioco dopo l’intervento del cecchino. Altrimenti, meglio stare alla larga.
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