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“Investire nella tutela del paesaggio non genera profitti, ma credibilità”

Anna Zegna con il gruppo di famiglia sostiene il Fai in un innovativo progetto di recupero ambientale a Punta Mesco.

Articolo tratto dal numero di agosto di Forbes Italia
Di Cristina Manfredi 

Liguria, Parco Nazionale delle Cinque Terre. Un pomeriggio di primavera una macchina arriva a Levanto da Milano: scende una donna dai modi distinti, si mette lo zaino in spalla e si incammina su un sentiero che si snoda tra boschi di lecci e panorami mozzafiato. Lei è Anna Zegna, nipote di quell’Ermenegildo che nel 1910 fondava a Trivero un lanificio destinato a diventare un’eccellenza del tessile biellese nel mondo. Per poi trasformarsi in un brand di moda uomo tra i più solidi e riconosciuti e tra i pochissimi a vantare una filiera completa, ovvero dalla realizzazione delle stoffe al prodotto finito e commercializzato attraverso le proprie boutique.

Dopo un’ora di passeggiata, la signora si ferma a Podere Case Lovara. Sono circa 45 ettari di terreni e di case rurali raggiungibili solo a piedi tra Levanto e Monterosso, dove l’attende il benvenuto caloroso di chi sta ultimando i lavori di ripristino di quell’area, grazie all’appoggio del gruppo Zegna e della sua Fondazione, di cui Anna è presidente. L’azienda ha infatti stanziato 1,5 milioni di euro per sostenere l’opera di riqualificazione, avviata nel 2015, della proprietà precedentemente donata al Fai – Fondo Ambiente Italiano – da una società immobiliare che aveva visto sfumare la possibilità di trasformarla in un complesso di villette a schiera. Definire il progetto ambizioso è un eufemismo, si tratta di una sfida altamente sperimentale, il tentativo, per fortuna riuscito, di mettere insieme pubblico e privato, creando alleanze tra aziende, enti non profit, amministrazioni locali e università. Dopo anni di cantiere gestito tra elicotteri e asini, la struttura è quasi terminata: una volta superati gli ultimi adempimenti burocratici, potrà essere ufficialmente aperta al pubblico a settembre con 12 posti letto, un ristorante e la possibilità di accedere per una visita o anche solo sistemarsi nelle panche sotto al pergolato panoramico per consumare il proprio pranzo al sacco.

Qual è il ritorno di questo investimento per il gruppo Zegna?
Se ragioniamo in termini puramente finanziari, è ovvio che si tratta di una iniziativa non performante. Il punto qui è un altro e mio nonno Ermenegildo già lo aveva compreso a suo tempo. Gli imprenditori non possono puntare solo ai profitti: oggi più che mai il mecenatismo ambientale e sociale, di cui lui si era fatto promotore con interventi sul territorio, diventa un tassello fondamentale per le politiche aziendali.

Il Gruppo Zegna fattura oltre un miliardo di euro. Per le imprese medie e piccole, iniziative di questo genere sono fuori portata…
Nel caso del Podere Case Lovara il nostro contributo è stato significativo, ma questo non vuol dire che tutti debbano destinare cifre importanti. Uno dei motivi per cui la Fondazione Zegna sostiene con convinzione il Fai sta proprio nel modo in cui gestiscono i fondi raccolti. Al di là della semplice quota associativa, chiunque può contribuire alle attività del Fai, anche con delle piccole cifre. Ma soprattutto può vedere con i propri occhi dove e in che modo i soldi vengono utilizzati. Ci sono valori intangibili di cui ormai tutte le aziende devono tenere conto, a prescindere dall’entità del fatturato.

Perché avete scelto questo progetto naturalistico, dopo esservi già impegnati nella tutela ambientale con la Oasi Zegna, appena sopra la vostra sede di Trivero?
Rimettere in sesto una proprietà così difficilmente raggiungibile, presupponeva uno sforzo che nessun privato avrebbe sostenuto, senza avere poi un ritorno economico. Il Fai è animato dal desiderio di proteggere questa fetta di Liguria e il complesso, una volta entrato a regime, avrà come obiettivo quello di auto sostentarsi, non di generare profitti. È chiaro, dunque, che un’operazione del genere necessita non solo di aziende disposte a contribuire, ma anche di sinergie con le istituzioni per definire nuove dinamiche nella gestione del paesaggio. Tecnicamente non si sarebbe potuta spostare nemmeno una pietra a Case Lovara, perché il territorio è sottoposto ai vincoli del Parco delle Cinque Terre. Per la prima volta pubblico e privato, insieme alle Università di Genova e di Firenze, si sono ritrovati a stabilire nuove modalità pratiche e burocratiche per ridare vita a quel luogo. Si tratta di un modello rivoluzionario e virtuoso da replicare. Chiunque lo sostenga non ci guadagna in denaro, ma in credibilità. E traccia nuove vie.

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