Articolo tratto dall’allegato Small Giants di Forbes Italia di giugno 2022. Abbonati!
di Matteo Marchetti
“Spesso si crede che il problema principale sia trovare il curriculum giusto in base alle richieste. La difficoltà maggiore non è quella, ma aiutare l’azienda ad assumere la persona con il profilo adatto”. Nasce con questo obiettivo Reverse: molto più di una società di recruiting, una realtà con una mentalità e un approccio differente. “I nostri clienti sono le imprese, le aiutiamo a trovare la figura di cui hanno bisogno puntando su una ricerca che parta da basi scientifiche. Utilizziamo la tecnologia che però affianca e non sostituisce l’uomo”.
Partita da Milano, Reverse adesso ha sedi a Bologna, Parigi e Berlino ed è leader nel headhunting, basandosi su un percorso di ricerca e selezione del personale supportato da analisi data driven. Il suo ceo, Daniele Bacchi, ci ha raccontato in che modo i dati possono integrarsi in un settore con tanti aspetti così poco quantificabili.
Cosa è esattamente l’headhunting e in cosa si differenzia dai classici sistemi utilizzati nel corso degli anni?
La ricerca di candidati esiste da tempo ma noi abbiamo portato nel settore una ventata di innovazione, affiancando alle risorse umane la parola scienza. Nell’immaginario collettivo quando si parla di scienza ci si concentra su un metodo che spiega fenomeni della natura, noi invece lo abbiamo associato anche ai sentimenti e ad aspetti non misurabili che sono collegati all’idea di chi vuole cambiare la propria attività.
Nello specifico come lavorate?
Abbiamo laboratori in cui studiamo come migliorare il processo di ricerca e di selezione. La nostra prima innovazione è il recruitment collaborativo. Le aziende sono a caccia di personale iperspecializzato, come facciamo noi a essere specialisti di qualsiasi settore? È impossibile. Così collaboriamo con una rete di collaboratori esterni che affiancano il recruiter vero e proprio, in modo che quest’ultimo abbia in mano tutte le indicazioni adatte per presentare all’azienda la figura migliore in base alle richieste. Per semplificare è un po’ il modo in cui lavora Wikipedia: ognuno fornisce un contributo, tanti pezzi di un puzzle che viene via via definito.
Come è possibile utilizzare dati certi in un settore che ha tanti aspetti così poco quantificabili?
Troppo spesso si pensa alla tecnologia come a un robot che ti dica: tu vai bene e tu no. Noi di Reverse ci sentiamo molto più ricercatori che selezionatori. Perché il problema principale per chi deve assumere non è quando hai la fila di pretendenti fuori dalla porta, ma quando le tue necessità faticano a trovare risposte dal mondo del lavoro attuale. Specialmente in una fase storica in cui i profili richiesti sono molto diversi rispetto a quelli di dieci o vent’anni fa. Un tempo il lavoro del recruiter era selezionare le tre persone ideali fra i mille che mandavano il curriculum, adesso il problema è trovarne tre adatti alle esigenze.
Quindi il vostro lavoro non si limita a una semplice selezione?
Assolutamente no. Nel momento in cui presento all’azienda una rosa più o meno numerosa di candidati devo consentire di valutare anche tutto il contorno: le esperienze pregresse, gli obiettivi, le possibilità di crescita. Spesso si pensa che l’aspetto principale, in grado di fare la differenza, sia quello economico, ma per molte figure lo stipendio non è lo step principale da superare. La nostra è quasi un’indagine di mercato, arriviamo a presentare alle imprese un quadro completo di chi è possibile scegliere. Senza questo ritratto l’assunzione potrebbe essere paragonata a tirare i dadi sperando nella fortuna.
Scendendo nello specifico, qual è la caratteristica più richiesta?
Una cultura agile, la capacità di dialogare con più persone e di prendere decisioni in tempi brevissimi. Anni fa ci si chiudeva in una stanza per tre settimane e si definiva un budget che doveva essere rispettato da tutti. Adesso la situazione è molto cambiata, è fondamentale delegare perché le variabili vengono continuamente modificate e bisogna essere pronti a stravolgere i progetti anche in corsa. Non esiste più, o almeno è molto rara, la figura di chi timbra il cartellino in entrata e in uscita e viene pagato per quello.
Quali sono i problemi principali che le aziende si trovano ad affrontare quando cercano una persona qualificata?
L’aspetto fondamentale è l’attrattività. Facciamo un esempio molto semplice: se tu vuoi Cristiano Ronaldo è lui che decide con chi lavorare. Stipendio, incentivi e bonus valgono fino a un certo punto, perché le stesse cose le riceverebbe anche da altre realtà. Se punti al top devi essere già un’impresa evoluta, altrimenti hai poco appeal sul mercato. E poi devi offrire un ambiente stimolante e che permetta di crescere, altrimenti fai poca strada.
Uno dei vostri punti di forza è l’internazionalità. Quali sono le difficoltà nel lavorare in territori e Stati in cui spesso esistono abitudini non solo differenti ma in alcuni casi anche opposte a quelle italiane?
I nostri clienti sono le imprese e quasi tutte hanno come obiettivo principale quello di allargare il proprio mercato, perché il nostro non è gigante. Ma bisogna fare attenzione, perché se andiamo a Berlino a cercare personale con lo stesso criterio utilizzato da noi, i risultati rischiano di essere pessimi. Anche in questo caso faccio un esempio molto semplice: in Germania è scontato che un’impresa metta in campo azioni di sostenibilità molto marcate, non è certamente un requisito che possa convincere un lavoratore a scegliere me rispetto al mio concorrente e lo stesso discorso vale per buona parte del mercato nord europeo. In questo caso l’aspetto economico non è la chiave per scardinare i dubbi dei candidati. Ecco, noi aiutiamo a capire come ci si muove in modo corretto in questi territori. Sempre tenendo presente l’aspetto principale che è alla base della nostra filosofia: abbiamo il compito di facilitare il più possibile la scelta delle aziende nostre clienti, ma la decisione definitiva spetta ovviamente sempre e comunque a loro.
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