Una banda di trafficanti di metanfetamina e cocaina operante tra Stati Uniti, Messico, Europa e Australia avrebbe utilizzato Binance, la più grande piattaforma di scambio di criptovalute, per riciclare decine di milioni di dollari derivanti dalla droga. È quanto emerge da un’indagine, ancora in corso, della Drug Enforcement Administration statunitense (DEA). La cifra si aggirerebbe tra i 15 e i 40 milioni di dollari.
Il caso dimostra come i trafficanti di stupefacenti messicani guardino sempre più alle criptovalute come mezzo per nascondere le transazioni commerciali illecite. E mostra, allo stesso tempo, l’attività delle forze dell’ordine federali per tracciare l’uso illegale delle monete digitali, operazione una volta considerata impossibile. Gli agenti infatti lavorano a stretto contatto con piattaforme come Binance (che, tra l’altro, sta affrontando un’indagine federale per questione di riciclaggio di denaro sul suo sito) per scovare il crimine organizzato.
L’indagine della Dea
Secondo informazioni raccolte da Forbes, l’indagine è iniziata nel 2020, quando alcuni informatori della Dea che utilizzavano il forum di scambio di criptovalute localbitcoins.com hanno interagito con Carlos Fong Echavarria, un utente di origini messicane che offriva uno scambio tra monete digitali e denaro contante. La transazione era semplice: bastava inviare Bitcoin o USDC (una ‘stablecoin’, criptovaluta il cui valore è ancorato a quello del dollaro) sul conto dell’utente e poi incontrare lui o un suo contatto per ritirare i soldi. Secondo il resoconto del governo, Echavarria avrebbe dichiarato che il denaro proveniva da “ristoranti di famiglia e allevamenti di bestiame”.
Sorvegliando i presunti corrieri del denaro e facendo trattare un agente sotto copertura direttamente con Echavarria, la DEA ha ricondotto i soldi alla vendita di droga. Arrestato nel 2021, lo scorso agosto il messicano si è dichiarato colpevole di due accuse: spaccio di droga e riciclaggio di denaro. È ancora in attesa di sentenza.
Le transazioni
L’indagine della DEA è proseguita anche durante il processo. Grazie all’aiuto di Binance, l’agenzia ha rintracciato le criptovalute di Echavarria in 75 transazioni effettuate con l’agente sotto copertura, per un valore totale di 4,7 milioni di dollari. Secondo quanto scoperto dalla DEA, il denaro del trafficante messicano veniva trasferito su un conto dal quale veniva perpetrato il processo di riciclaggio.
Nel 2021, il proprietario di questo conto avrebbe effettuato 146 acquisti di criptovalute per un valore di quasi 42 milioni di dollari e ne avrebbe venduti oltre 38 milioni con 117 transazioni. Secondo la DEA, almeno 16 milioni derivavano dai proventi della droga. L’agenzia non ha fornito spiegazioni in merito alla fonte dei soldi rimanenti.
Sempre grazie alle informazioni fornite da Binance, la DEA è riuscita a identificare il proprietario del conto. Sebbene sia citato nel mandato, Forbes preferisce non pubblicarne il nome in quanto non è ancora stato incriminato.
Matthew Price, ex agente dell’IRS (l’agenzia governativa statunitense deputata alla riscossione delle tasse) e direttore dell’indagine, ha dichiarato a Forbes che il caso Echavarria è il primo del genere che riguarda ingenti somme di denaro. Erano già state trovate prove dell’uso delle criptovalute da parte dei cartelli della droga, ma le transazioni erano nell’ordine delle decine di migliaia di dollari.
“Questo è un esempio di come la trasparenza delle operazioni blockchain vada a discapito dei criminali”, ha dichiarato Price a Forbes. “I cattivi lasciano una traccia permanente di ciò che fanno”.
Il rapporto tra criptovalute e denaro sporco
Non è la prima volta che Binance collabora con la DEA. All’inizio del 2022 infatti la piattaforma ha dichiarato di aver aiutato l’agenzia per sequestrare oltre cento conti collegati a un sospetto riciclaggio di denaro sporco in Messico.
Questi sequestri hanno evidenziato una tendenza poi messa in luce in un rapporto delle Nazioni Unite pubblicato all’inizio del 2022, secondo cui i cartelli Jalisco New Generation e Sinaloa guardano sempre più al Bitcoin come meccanismo di riciclaggio. Tuttavia alcuni esperti ritengono che le bande messicane continueranno probabilmente a spostare i proventi della droga attraverso il confine, in contanti. “Il riciclaggio di criptovalute è ancora molto inferiore ai soldi fisici per volume di denaro coinvolto”, ha spiegato Price.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .