Brian Chesky Airbnb
Innovation

Perché Airbnb è uno degli esempi più riusciti della cosiddetta platform economy

Articolo tratto dal numero di novembre 2023 di Forbes Italia. Abbonati!

Brian Chesky ha annunciato per il 2024 “l’aggiornamento di Airbnb più grande di tutti i tempi”. Accade quindici anni dopo la fondazione dell’azienda che ha cambiato il mercato dell’ospitalità in tutto il mondo, al punto che si discute, da New York a Roma, di nuove regole per qualcosa che prima non c’era e adesso è diventato la normalità. Che cosa sta preparando l’ex body builder di Niskayuna, stato di New York, 42 anni in agosto e un’imprevedibile passione per i bonsai? Nuove proposte di affitti a medio termine, noleggio auto e altri servizi dedicati a chi ama viaggiare restando… a casa. 

Ma al di là di quel poco che ha anticipato, Chesky ci sta dicendo che chi fa innovazione digitale non può mai sedersi sui propri successi, che il modello di azienda piattaforma è anzi, deve essere in continua evoluzione. “L’innovazione abilitata dalle piattaforme non è solo innovazione tecnologica; è un modo diverso di intendere il mondo”, spiegano Tommaso Buganza e Daniel Trabucchi, che hanno appena pubblicato il libro Platform Thinking. Pensare come una piattaforma.

Il platform thinking

Anche Brian Chesky, come Jess Bezos ed Elon Musk, appartiene alla categoria degli ambiziosi che diventano ricchi perché a un certo punto della loro vita decidono di cambiare il mondo. La leggenda racconta che al suo socio Joe Gebbia, ex compagno di college, quando si sono laureati, avrebbe detto: “Un giorno fonderemo un’azienda che sarà raccontata nei libri”. Effettivamente Airbnb è diventata un caso, studiato, analizzato, imitato, un esempio di quella che viene definita platform economy, l’economia delle piattaforme che ci propone sullo smartphone musica (Spotify), cibo a casa (Just East o Deliverooo), spostamenti in auto (Uber o Lyft per chi vive negli Usa). Ma non è solo questione di creare un’app. 

“Ci sono alcuni miti che devono essere sfatati”, osservano Buganza e Trabucchi, che dirigono il neonato Osservatorio Platform Thinking del Politecnico di Milano. “Le piattaforme sono solo digitali, sono riservate alle startup, provengono dalla Silicon Valley. Non è vero! Il platform thinking è una mentalità, un modo di vedere il mondo. E attraverso la comprensione e l’adozione dei meccanismi delle piattaforme, le aziende possono sbloccare immense opportunità di innovazione e di trasformazione digitale”. Ci stanno pensando quasi tutte le grandi aziende americane, ma solo una piccola percentuale sta veramente sposando la filosofia delle piattaforme. 

La lezione di Airbnb

La lezione di Airbnb è chiara, almeno sulla carta. Molto più difficile metterla in atto. “Se avessi chiesto alle persone cosa volevano, mi avrebbero detto un hotel più economico. Ma un hotel più economico non risolveva il problema. Il problema era che volevano sentire che appartenevano alla città in cui si trovavano”, ha raccontato tante volte Chesky, che ha cominciato affittando due materassi gonfiabili nella sua casa della costosa San Francisco (per questo si chiama Airbnb, all’inizio Airbedandbreakfast) e ha poi sintetizzato la sua proposta nello slogan ‘Belong Anywhere’. Sentirsi a casa ovunque.

Serve, quindi, quella che i manager chiamano value proposition, una proposta di valore chiara e forte, che è molto più di un semplice servizio digitale. “Airbnb ha intercettato un bisogno, sia di chi viaggia, sia dei proprietari di casa”, spiega Giacomo Trovato, country manager Italy and South East Europe. “Da una parte la possibilità di avere un’esperienza diversa, una cucina, più spazio; dall’altra quella di valorizzare un bene che non si voleva o poteva affittare a lungo termine”. Oggi su Airbnb ci sono più di sette milioni di annunci con oltre un miliardo e mezzo di viaggiatori che hanno prenotato un soggiorno. 

Le caratteristiche di una piattaforma vincente

“Se vuoi creare un grande prodotto, concentrati su una persona e fai in modo che abbia la migliore esperienza possibile”: è un altro mantra di Chesky. L’ossessione verso il cliente, quindi, che sia il proprietario di casa o il viaggiatore. “Le piattaforme non sono solo motori di profitto, ma strumenti che mettono le persone al centro, uniscono comunità e puntano alla sostenibilità ambientale e sociale”, confermano le ricerche di Buganza e Trabucchi. Come dice Sangeet Paul Choudary, un guru della platform economy, autore del saggio Platform Revolution: “Una piattaforma dovrebbe saper comprendere i vari interlocutori, farlo in tempo reale, comprendere i loro dati in maniera dettagliata e usare le conoscenze per il coordinamento e la creazione di partnership”

Un’altra caratteristica delle piattaforme è che si evolvono continuamente, nella proposta e nell’uso che se ne fa. Cominciano come qualcosa di semplice (Airbnb era una lista di proprietari disposti ad accogliere un ospite in casa) e diventano qualcosa di sempre più complesso. Aggiungono nuovi lati, creano relazioni prima inesplorate. Perché cambiano le esigenze, cambia il consumatore, cambiano i mercati. “Nel 2022 abbiamo fatto una ricerca per chiedere ai nostri host le ragioni della loro presenza su Airbnb.

I motivi del successo

Il 40% perché in alcuni periodi dell’anno la usava, circa un terzo perché non voleva prendere impegni a lungo termine, un altro terzo perché aveva avuto brutte esperienze con gli inquilini”, racconta Trovato, che aggiunge: “In Italia, che è un paese di seconde case, siamo diventati l’opportunità per valorizzare il patrimonio immobiliare”. Gli host sono più di 200mila e coprono tutto il territorio. “L’offerta di Airbnb non è solo nelle grandi città, ma anche in centri che spesso hanno poche strutture ricettive. Le notti prenotate nelle grandi città quest’anno è del 48% e nel 2019 era del 57%. Un punto che ci sta a cuore, perché pensiamo di poter contribuire alla dispersione del turismo”.

E gli affitti a lungo termine? È un’evoluzione naturale dettata dalla domanda. “Il 18% delle notti è all’interno di prenotazioni di almeno un mese”, conclude Trovato. “Questa tendenza si è sviluppata con la pandemia. Con lo smart working, molti preferiscono trascorrere più tempo in luoghi nuovi o preferiti. E infatti da maggio le commissioni per i soggiorni superiori ai tre mesi sono più basse. Le piattaforme non hanno successo perché sono benedette dall’alto, ma perché sono in grado di offrire un’esperienza utile, semplice e intuitiva. Questo spiega il nostro successo anche in un Paese poco digitalizzato come il nostro. E dovrebbe essere da stimolo per tutti”.  

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