Quando ha iniziato a creare i suoi gioielli, l’Italia era nel pieno delle lotte per la rivendicazione dei diritti femminili. E lei da quelle battaglie ha tratto ispirazione, realizzando per il gentil sesso una sorta di ‘armatura’, uno scudo di grazia e bellezza con il quale affrontare le sfide di una quotidianità non sempre facile.
Un anniversario importante
A quasi mezzo secolo di distanza Angela Caputi, designer fiorentina di origini pugliesi, continua a vivere la sua utopia disegnando e costruendo coloratissimi bracciali, collane e orecchini, e dalla sua bottega in Oltrarno si appresta a celebrare 50 anni di attività vissuti spesso controcorrente.
In un mercato che ricerca con frenesia l’espansione e insegue i grandi volumi, Caputi ha scelto deliberatamente di non crescere oltre una certa soglia, di restare un’artigiana per poter essere libera di realizzare ciò che più le piace. Per le donne e con le donne. Nel 1975 Angela Caputi decide di lasciare l’insegnamento, che le aveva fatto apprezzare il valore della manualità, per intraprendere il cammino dell’artigianato di qualità.
L’ispirazione a Hollywood
“Se mi sono ispirata allo stile del cinema americano della prima metà del Novecento”, racconta, “è perché ho vissuto gli anni del dopoguerra: noi venivamo fuori da un conflitto mondiale e dovevamo tirarci su, ma mentre le pellicole italiane puntavano sul neorealismo quelle oltreoceano mostravano la voglia di vivere. Ed è a questo immaginario che ho voluto guardare”.
Nel giro di poco tempo, con le prime fiere in Italia e all’estero, i bijoux made in Italy di Angela Caputi hanno saputo conquistare il pubblico internazionale, al punto che ancora oggi il suo negozio in un palazzo seicentesco di via Santo Spirito rappresenta un autentico presidio di artigianato artistico.
Il rapporto con l’arte
Ha fatto il suo ingresso anche in alcuni dei più importanti musei del mondo, come Il Metropolitan Museum of Art di New York, il Museo degli Argenti e la Galleria del Costume di Firenze. Difficile dire quale sia il suo segreto. Di certo, nelle sue opere si realizza un compromesso tra le tradizionali tecniche fiorentine e la modernità dell’utilizzo di materiali sintetici come plastica e resine.
“All’inizio non è stato facile perché la plastica non era considerata né riconosciuta come una materia prima da cui ricavare oggetti di gran pregio, al punto che siamo stati a lungo identificati nella categoria ‘metalmeccanici’. Allo stesso modo, diversi musei preferivano dare spazio a produzioni di designer esteri anziché cercare la bellezza a pochi passi da casa”.
L’arte artigiana nel mondo
Grazie a uno stile estroso e coloratissimo, fatto di geometrie morbide ma anche di lavorazioni ricercate, Caputi è riuscita a dare dignità ai materiali plastici e sintetici di cui i suoi gioielli sono composti. Col tempo, ha costruito un archivio di 14mila pezzi, inclusi quelli usati nei film di Hollywood, ‘prestati’ alla tv e al cinema o realizzati per occasioni speciali.
L’imminente mostra a New York
Una decina di sue opere sarà presto in mostra a New York, chiamata dall’Istituto italiano del design a rappresentare l’arte artigiana nella Grande Mela.
Se il suo nome è tanto conosciuto da annoverare tra i clienti nomi come Madeleine Albright, è anche grazie a pezzi cult ai quali Angela Caputi – il cui soprannome Giuggiù è ormai parte integrante del brand – è particolarmente legata, dalla collana con pantera indossata da Joan Collins nella serie Dynasty fino a quella che include un nodo, frutto di un momento d’ira e diventata iconica.
L’importanza del lavoro manuale
A distanza di mezzo secolo la designer fiorentina sa ancora ‘leggere’ i suoi gioielli: le basta un dettaglio, per capire non solo se un bijoux è autentico o meno, ma anche per risalire al periodo in cui è stato disegnato. E ancora oggi, nel laboratorio di Angela Caputi si lavora rigorosamente senza computer: è sufficiente un disegno, anche in bianco e nero, per ricreare la magia che da quasi mezzo secolo prende vita in quest’angolo d’Oltrarno.
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