Articolo tratto dal numero di giugno 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
Tra Verona e Vicenza si estrae e lavora il marmo dall’epoca romana. L’Arena, icona veronese, è lì a ricordarlo. Dal periodo romanico, poi, le pietre di qui iniziarono a viaggiare e a diffondersi in tutta Italia, assieme alla fama di abili scalpellini degli artigiani. Fino al boom di produzione nell’Italia del secondo dopoguerra, quella che, dopo secoli di parsimonia e di magra, scopriva la gioia del consumo, e la mente va al “carrello di Marcovaldo gremito di mercanzia”, come scriveva Italo Calvino. Il settore conosceva una rapida industrializzazione che si saldava con le abilità delle leggendarie mani intelligenti di casa nostra.
Qui sta la leva del successo – e per taluni della sopravvivenza – di un settore in cui la competizione sta diventando schiacciante. Perché l’Italia è sì tra i leader mondiali nell’estrazione e nella lavorazione della pietra naturale, ma alle spalle della Cina, che con Turchia e India copre più della metà della produzione globale. Si tratta di paesi che, svestiti i panni di fornitori dinamici, ora indossano quelli di aggressivi concorrenti, favoriti dall’abbondante disponibilità di materia prima, da costi di produzione vantaggiosi e dalla scarsa cura dei principi della sostenibilità. Un esempio: la quantità di scarto nella lavorazione della pietra è pari al 50% del materiale trasformato, e, se in Italia in tema di smaltimento degli scarti vigono norme stringenti e costose per l’azienda, nei territori extraeuropei si agisce senza lacci, quindi senza costi suppletivi.
In quasi 70 comuni distribuiti fra Verona e Vicenza si è costruito il distretto del marmo e della pietra, con 4.355 addetti, dei quali 4.099 impegnati nella lavorazione e 256 nell’estrattivo. Si contano 535 imprese dedite a taglio, modellatura e finitura di pietre (370 a Verona e 165 a Vicenza) e 74 impegnate nell’estrazione (33 a Verona e 41 a Vicenza). Il 48,8% sono società a capitale, il resto è diviso quasi equamente tra individuali e di persone.
Verona e Vicenza assieme coprono il 31% delle esportazioni italiane, con 378,5 milioni di euro nei primi nove mesi del 2023. I primi tre mercati sono rappresentati da Stati Uniti, che assorbono il 24%, Germania e Francia. Le imprese hanno dimensioni più significative di quelle del manifatturiero di casa nostra. Per esempio, le micro-aziende costituiscono solo il 66,9% del settore, contro l’80% del manifatturiero. Dimensioni però non adeguate ad affrontare il nuovo scenario competitivo internazionale.
Nel distretto sono ormai disponibili solo pochi, seppure pregiati, tipi di pietra naturale. In testa il marmo rosso di Verona, che ha imperato nei palazzi della Serenissima, o il marmo di Prun che ritroviamo nella piazza delle Erbe e che veste l’Arena. Nel Vicentino prospera il marmo di Chiampo, quello prescelto da Donatello per la Deposizione di Cristo nella Basilica del Santo di Padova. Ormai da tempo le imprese del distretto attingono ad aree estrattive di tutta l’Italia, ma soprattutto estere. La prima fonte di approvvigionamento è l’India, seguita da Brasile e Sudafrica.
Marmi da zar
Queste imprese gareggiano con i giganti (anche solo per dimensioni) del mondo, coinvolte in una competizione dove la spunta chi fa il salto dimensionale, che poi consente di fare innovazione e ricerca, giocando la carta del design. Lo si è visto all’ultimo Salone del Mobile di Milano, dove aziende venete esponevano meraviglie.
Kreoo
Vicentina, è nata nel 2010 dall’esperienza di Decormarmi. Il nome si rifà alla Grecia classica, quella dell’acropoli voluta da Pericle, con zenit nel Partenone, per la legge del contrappasso sbriciolato con un colpo di cannone proprio dai veneziani nel 1687. Kreoo veste di marmo residenze private e spazi pubblici, da bagni a tavoli, sedute, pavimenti e rivestimenti. Vanta pezzi che sono diventate icone del design contemporaneo, come il lavabo Gong, la vasca Kora, marmoreo ellissoide sostenuto su una struttura metallica, le sedute per interni ed esterni Pave Stone, con base in marmo e scocca in larice lamellare, e il tavolo Arcaico, con piano in marmo o legno che pare sospeso su colonne cilindriche. Questo perché Kreoo ha stretto alleanze con designer come Enzo Berti, Marco Piva, Matteo Nunziati, Sebastiano Zilio, Christophe Pillet e Alberto Apostoli.
Antolini
Fondata nel 1956, produce 4.500 metri quadrati di lastre al giorno, esportando in 182 paesi. Combatte la concorrenza (anche) a suon di brevetti. Per esempio, ha messo in campo una soluzione che protegge le superfici da macchie e corrosione causate da sostanze organiche a base acida o oleosa. Ad avviare l’impresa furono Margherita e Luigi Antolini, che affittavano un vecchio laboratorio a Sant’Ambrogio di Valpolicella, patria dell’Amarone. Ma, ritenuto quel luogo più consono al vino che alla propria attività, quattro anni più tardi si trasferivano nelle vicinanze del fiume Adige, a Sega di Cavaion, tuttora sede principale. L’anno chiave fu il 1988, quando, dall’unione di tre aziende, veniva fondata la ditta Eurotrading, estesa su 100mila metri quadrati. Venivano poi acquisite le cave di Rosa Beta in Sardegna e Sarizzo Antigorio in Piemonte, così come veniva aperta la prima sede in Brasile. È stato un crescendo produttivo, ma anche di consapevolezza della forza del marketing, per cui è dal 2000 che vengono rinnovati periodicamente gli show-room, con apice nello spazio espositivo del Luxury Village.
Riva Marmi
È nata nel 1995, su spinta di Giuseppe Righetti, come produttrice di pavimenti e rivestimenti in marmo. Col passare degli anni si è intensificato il commercio di lastre, fino alla realizzazione di un reparto per la produzione di lavorati per l’arredamento. Riva Marmi corre nel mondo. Nel reparto borse dei grandi magazzini Selfridges di Londra, i mobiletti in marmo di Carrara Extra dallo spessore di un centimetro portano la firma di quest’azienda veronese. Avendo l’esclusiva del marmo Terre Toscane, Riva ha vestito docce, bagni e vascelli da 164 passeggeri, occupandosi dei punti di ristoro.
Pistore Marmi
Tutto prese le mosse nel 1960, quando un giovanissimo Ferdinando Pistore, scalpellino e artigiano, oggi presidente della società, fondava l’azienda, dove spiegano che tanta ispirazione viene dalle ville palladiane, emblema di armonia e compostezza. “Il marmo lo si deve conoscere dentro, percepirlo e comprenderlo per poterlo trasformare e interpretare; per questo mi piace far incontrare il marmo, nei suoi aspetti più reconditi, con i desideri dei miei clienti. È un’esperienza appagante, che mi porta a seguire ogni progetto personalmente”, dice Noé Pasquale Pistore, seconda generazione. Ed ecco le boiserie in travertino, cucine in marmo dark Emperador, bagni di lusso in Breccia imperiale, ma anche in Calacatta oro, caminetti con intarsi, perché in azienda non è stata archiviata quest’arte, anzi. A San Pietroburgo Pistore ha firmato appartamenti degni di uno zar. Colonne in verde Alpi arredano una biblioteca (monumentale) nell’Azerbaigian. Giusto un assaggio.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .