Articolo tratto dal numero di novembre 2024 di Forbes Italia. Abbonati!
“Ho un unico vizio,” ammette, “l’Inter”. Impossibile non notarlo. Nel suo ufficio campeggia uno stemma della Beneamata di dimensioni ciclopiche. Tralasciando il calcio, ad assorbire e alimentare le energie di Francesco Canzonieri è la sua “creatura”: Nextalia Sgr, di cui è fondatore e amministratore delegato. Francesco ricorda con fierezza le origini calabresi e l’orgoglio di uno straordinario percorso professionale in alcune tra le più grandi istituzioni finanziarie del mondo dopo la laurea presso l’Università Bocconi di Milano, ottenuta con una borsa di studio.
E ha ragione. Non si entra per caso in Goldman Sachs, negli uffici di Milano e di Londra. E poi da lì in Barclays, a occuparsi di mercati, e di nuovo il ritorno all’m&a, sempre più su, dall’Italia alla Grecia, all’Europa centro-orientale, fino all’approdo in Mediobanca, dove, a soli 39 anni, è stato nominato global co-head of corporate & investment banking. Sulla base dell’esperienza maturata all’estero e della conoscenza più approfondita del tessuto economico e imprenditoriale italiano è nata l’intuizione di fondare Nextalia.
Nel nostro Paese c’è un grande bisogno di investimenti. Ma c’è più bisogno di investimenti privati o di investimenti pubblici?
È bene chiarire che gli investimenti privati non possono sostituirsi a quelli pubblici. Il settore pubblico deve svolgere il suo ruolo, garantendo un contesto economico favorevole e infrastrutture efficienti. Negli ultimi anni sono stati stanziati ingenti investimenti a sostegno dell’economia e delle infrastrutture, ma è essenziale che, in parallelo, si crei lo spazio per una maggiore partecipazione del capitale privato. Il Rapporto Draghi sulla Competitività evidenzia come la scarsa crescita della produttività in Europa, e quindi anche in Italia, sia legata alla difficoltà di finanziare gli investimenti necessari alla trasformazione economica. In questo scenario diventa importante il ruolo di società di private equity come Nextalia. In Italia, però, gli investimenti sono ancora in larga parte orientati verso il mercato liquido o il real estate, mentre il private equity e il private market in generale ricevono un’allocazione di capitale relativamente contenuta.
In Italia siamo così indietro?
Sicuramente c’è margine per migliorare, basti pensare che l’anno scorso il rapporto tra investimenti in private equity e Pil nel Regno Unito è stato quasi cinque volte quello dell’Italia. Questo divario è in parte dovuto alla frammentazione del mercato italiano, caratterizzato da una molteplicità di piccoli operatori poco diversificati in termini di offerta di soluzioni d’investimento. Il settore italiano del risparmio gestito necessita di una crescita accelerata per allinearsi agli altri paesi europei. Con Nextalia abbiamo deciso di accettare questa sfida e a oggi gestiamo, attraverso quattro fondi, un miliardo e mezzo di euro. Il nostro flagship fund, Nextalia Private Equity, con i suoi 800 milioni, si posiziona come il più grande fondo mid-cap italiano esclusivamente dedicato al mercato domestico e interamente finanziato da capitali privati.
Che tipo di aiuto possono dare istituzioni come Nextalia alla crescita del Paese?
Il nostro Paese, al pari dell’Europa, ha una scarsa crescita di produttività legata alla difficoltà di finanziare gli investimenti necessari alla transizione economica. Il private equity può svolgere un ruolo cruciale nel colmare il divario di investimenti, sostenendo le aziende in diverse fasi del loro sviluppo e focalizzandosi sull’innovazione e sulla creazione di valore a lungo termine. Le nuove normative della Banca Centrale Europea e degli altri organi regolamentari hanno portato a un aumento del capitale richiesto a banche e assicurazioni per gli investimenti in private market, creando una scarsità di offerta di capitale in questo settore. Nextalia si impegna a rendere gli investimenti in private market più accessibili ai privati. Tra gli oltre 200 investitori che continuano a rinnovarci la loro fiducia figurano banche, fondazioni, casse di previdenza, assicurazioni, family office e gli stessi imprenditori.
Quello di essere più conservativi è un problema di cultura o di scarsa propensione al rischio degli italiani, magari perché la Borsa tende a dare ma anche a prendere?
La limitata partecipazione degli investitori privati nel mercato del private equity in Italia è riconducibile a una combinazione di fattori culturali e di avversione al rischio. Tradizionalmente, gli italiani prediligono forme di investimento più tradizionali, come il risparmio e gli immobili. L’investimento in Borsa è spesso percepito come rischioso, in parte a causa di esperienze negative del passato. Questa percezione influenza anche l’approccio al private market, che richiede un orizzonte temporale di investimento più lungo.
Certo, nel mercato privato rivendere è un po’ più complicato…
Il private equity si distingue appunto per la sua natura illiquida. Un investimento in private equity richiede un impegno a lungo termine, generalmente di quattro-cinque anni, prima di poter realizzare un disinvestimento. Ritengo che il private equity offra agli investitori la possibilità di partecipare attivamente alla creazione di valore. Investendo in una società non quotata, un fondo di private equity come Nextalia può influenzare direttamente la sua crescita e il suo sviluppo, intervenendo a livello strategico e operativo.
Ecco, appunto. Nextalia che apporto può dare alle società? Si parla tanto dell’importanza della sostenibilità dell’innovazione per la crescita. Ma credo che molto dipenda dalla gestione.
L’approccio di Nextalia all’investimento si basa su un intervento a 360 gradi, volto a supportare le aziende in tutti gli aspetti del loro business. Il nostro obiettivo è promuovere una crescita sostenibile di lungo periodo, attraverso investimenti in tecnologie, transizione energetica e capitale umano, sempre riducendo le inefficienze, per aumentare la produttività e la competitività delle aziende. Nextalia supporta le aziende che identifica come ad alto potenziale nell’inserimento di manager qualificati e con competenze specifiche, contribuendo a colmare un gap spesso presente nelle piccole e medie imprese italiane.
Capita che gli imprenditori siano riluttanti nell’aprire il capitale della propria azienda a esterni. Come fate a conquistare la loro fiducia?
La collaborazione tra imprenditori e manager esterni può talvolta presentare delle sfide. Il nostro obiettivo è quello di portare in azienda competenze che non ci sono, consentendo all’imprenditore di concentrarsi sulle aree in cui genera valore. Il ruolo del private equity è proprio quello di creare un clima di fiducia reciproca e di allineamento sugli obiettivi strategici, facilitando il dialogo tra imprenditori e manager e favorendo la condivisione di un percorso comune volto alla crescita dell’azienda.
E perché il manager dovrebbe accettare?
Per partecipare a progetti stimolanti e di alto profilo, con concrete prospettive di crescita professionale. La nostra presenza all’interno delle aziende in cui investiamo ci consente di creare un ambiente di lavoro dinamico e orientato al risultato, consentendo ai manager di mettere a frutto le proprie competenze e di sviluppare nuove capacità. Inoltre, per garantire l’allineamento di interessi, prevediamo sempre un co-investimento da parte dell’imprenditore e dei manager, perché siamo partner e non antagonisti, e vogliamo condividere una storia di successo. In Italia, con la frammentazione che caratterizza la maggior parte dei settori, possiamo tranquillamente effettuare una strategia di buy and build, ovvero compro una società e con questa società continuo a comprarne altre che operano nello stesso settore. Insomma, non è dovuto che un’impresa medio-piccola resti per sempre delle stesse dimensioni, ma potrà e dovrà crescere, sia organicamente sia tramite acquisizioni.
Secondo lei quali sono i settori del futuro, quelli che offrono le maggiori opportunità per gli investitori?
Il nostro focus è rivolto a tre settori ad alto potenziale di crescita che rivestono un ruolo strategico per l’economia italiana: la formazione, l’agroalimentare e la tecnologia. La formazione è senza dubbio un settore chiave per la crescita economica e sociale del Paese e il nostro investimento in Digit’Ed testimonia l’impegno a supportare lo sviluppo di nuove competenze e a favorire la digitalizzazione del sistema educativo. Un altro settore su cui abbiamo investito è l’agroalimentare italiano, che rappresenta un’eccellenza a livello mondiale. Abbiamo stretto una partnership strategica con Coldiretti e Bonifiche Ferraresi per promuovere sostenibilità e innovazione. Infine, puntiamo, in modo trasversale, sulle aziende tecnologiche che operano in settori strategici, contribuendo a creare nuove opportunità di crescita per il Paese.
Come scegliete le aziende su cui investire?
Il processo di selezione delle aziende in cui investire si basa su un’attenta analisi di diversi fattori. Innanzitutto, valutiamo la dimensione del mercato e il posizionamento competitivo dell’azienda. Poi analizziamo quelli che nel gergo tecnico si definiscono i ‘fondamentali’: la redditività, la struttura finanziaria e il potenziale di crescita. Ma diamo grande importanza anche alla qualità, alle competenze, all’esperienza e all’integrità del management team, perché, come dicevo, in quasi tutte le operazioni non arriviamo ad acquisire il 100% dell’azienda, ma ci prepariamo a costruire un nuovo percorso al fianco dell’imprenditore. Il processo di due diligence è rigoroso e ci consente di valutare attentamente tutti gli aspetti dell’investimento prima di prendere una decisione finale.
Nextalia Private Equity è il vostro flagship fund, ma non è la vostra unica strategia…
Nextalia gestisce attualmente quattro fondi di investimento, ciascuno con una strategia specifica. Nextalia Private Equity è dedicato alle pmi con significative prospettive di crescita e ha una dimensione di 800 milioni di euro. Nextalia Credit Opportunities, con una dotazione di oltre 330 milioni, si focalizza sulla creazione di valore per le aziende in situazioni di distress finanziario. Nextalia Ventures, che ha recentemente completato la raccolta raggiungendo l’hard cap di 150 milioni, investe in startup e scaleup. Infine, Nextalia Capitale Rilancio, che è ancora in fase di raccolta, ma ha già ricevuto sottoscrizioni per 215 milioni, si focalizza su società ad alto potenziale di valore che attraversano una fase temporanea di crisi e necessitano di capitale per tornare a crescere tramite investimenti strategici. Questa nostra gamma di fondi ci permette di offrire soluzioni sostenibili e su misura a imprenditori e investitori, rendendoci un ‘one-stop-shop’ unico nel suo genere in Italia. Proprio in questo periodo, poi, stiamo studiando alcune nuove iniziative per poter ulteriormente supportare le aziende italiane in tutto il loro ciclo di vita.
Sul mercato vi capita di scontrarvi con soggetti esteri che stanno facendo shopping in Italia?
Nel segmento mid-cap, la concorrenza straniera è principalmente rappresentata da fondi francesi e tedeschi, con la presenza di alcuni operatori inglesi. Questi fondi, tipicamente di dimensioni maggiori rispetto a quelli italiani, gestiscono strategie paneuropee. In questo contesto, Nextalia ha più di un vantaggio competitivo: siamo più rapidi nelle decisioni e nell’esecuzione grazie alla nostra profonda conoscenza del mercato, alla nostra presenza sul territorio di riferimento e alla capacità di fungere come interlocutore unico per gli imprenditori. E poi il nostro network istituzionale non ha rivali, né tra gli operatori internazionali né tra quelli italiani, garantendo un valore aggiunto impareggiabile per gli imprenditori e le società in cui investiamo.
Il passaggio generazionale è un tema che vi facilita o vi complica la vita?
In Italia la struttura imprenditoriale è permeata da realtà familiari. Il passaggio generazionale rappresenta un tema ricorrente e un’opportunità significativa per Nextalia. L’ingresso di un investitore istituzionale può facilitare la transizione verso una nuova generazione di imprenditori, garantendo la continuità del business e favorendo l’adozione di modelli di governance più strutturati e innovativi. Nextalia, grazie alla sua base di investitori istituzionali italiani, si distingue per la sua capacità di comprendere le esigenze delle aziende familiari e di supportare il passaggio generazionale con un approccio orientato al lungo termine e alla crescita sostenibile.
Non è un caso che tra i vostri azionisti sia entrata anche Confindustria…
Sì, Confindustria ha scelto di affiancarci già durante la fase di raccolta del nostro primo fondo, unendosi agli azionisti fondatori come Intesa Sanpaolo, UnipolSai, Coldiretti (recentemente sostituito da Bonifiche Ferraresi, ndr) e Micheli Associati, confermando il carattere privato e istituzionale di Nextalia. Più recentemente, la compagine azionaria si è ampliata ulteriormente con l’ingresso di Enpam, la cassa di previdenza dei medici, e Isa, Istituto Atesino di Sviluppo.
E a sentire i nomi non sono certo azionisti dormienti…
La base azionaria di Nextalia è composta da investitori di grande esperienza e con una profonda conoscenza del tessuto economico italiano. Il loro contributo è fondamentale per la definizione della nostra strategia e per la creazione di un ecosistema di relazioni che favorisce la crescita delle aziende in cui investiamo. Sin dalla sua nascita, Nextalia si è posta l’obiettivo di diventare un vero e proprio alternative asset manager, con un focus esclusivo sul private market italiano. A differenza di molte altre sgr, che nascono per la gestione di un singolo fondo, Nextalia è stata concepita come una piattaforma di investimento diversificata e con una visione a lungo termine. Il raggiungimento di 1,5 miliardi di euro di masse gestite, in soli tre anni di attività, testimonia la validità del nostro modello e le potenzialità di crescita del settore del private market in Italia.
Chi gliel’ha fatto fare di iniziare questa avventura proprio negli anni del Covid, quando tutto sembrava che finisse ineluttabilmente?
Momenti drammatici come quello che abbiamo vissuto hanno delle inevitabili conseguenze sul mercato e possono generare anche delle opportunità per creare valore a partire dalle idee. Ho lasciato Mediobanca all’inizio del 2021, spinto dal desiderio di intraprendere una nuova sfida imprenditoriale. Dopo oltre 20 anni di carriera nel settore della finanza d’impresa, ho percepito un’opportunità unica nel mercato italiano: creare un operatore di riferimento nel private market, in grado di aggregare capitali e competenze per supportare la crescita delle aziende italiane.
L’intuizione è stata brillante… ma come è riuscito a realizzarla concretamente?
La decisione più importante che ho preso all’interno di Nextalia è stata quella di investire nelle persone. La visione iniziale è stata mia, ma il successo di questa iniziativa è il risultato del lavoro di chi ha creduto fin dall’inizio in questo progetto. Ho voluto costruire un team di professionisti di alto livello, con competenze diversificate e una passione unica per il proprio lavoro. Sono convinto che la qualità delle persone e la trasparenza nei rapporti siano i pilastri fondamentali per il successo di qualsiasi impresa. Nextalia ne è una dimostrazione concreta. Ciò che abbiamo costruito e continuiamo a costruire è la prova tangibile che solo investendo sulle persone e mantenendo relazioni autentiche e trasparenti possiamo creare un impatto significativo e duraturo. Questo è il vero motore della nostra crescita e del nostro successo.
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