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Quasi il 30% della GenZ conosce una vittima di revenge porn, ma la propensione alla denuncia è bassa

Il 92% della Generazione Z conosce il termine ‘revenge porn’ e il 29% conosce una vittima di questo fenomeno. Eppure, secondo la ricerca commissionata da Motorola ai ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 27 anni, la consapevolezza dei rischi correlati rimane ancora bassa: il 50% di coloro che hanno inviato foto intime in passato lo rifarebbe ancora.

Entrando nel merito, se il 4% dichiara di esserne stato vittima, ben il 17% delle persone coinvolte in un reato di revenge porn – come vittima o testimone – hanno avuto esperienza del reato di Sextortion, cioè una truffa perpetrata ai danni di utenti internet ai quali, con l’illusione di un flirt o una storia sentimentale, sono estorte immagini erotiche usate poi come strumento di ricatto, con una percentuale addirittura più alta tra gli uomini (20%) rispetto alle donne (14%).

Revenge porn: tra conseguenze e poche denunce

Le conseguenze psicologiche e fisiche del revenge porn sono devastanti e lo riconosce la quasi totalità degli intervistati. Senso di colpa, vergogna, depressione, isolamento e persino suicidio sono riconosciute da circa il 75% dei GenZ. Tuttavia, nonostante la gravità del reato, la propensione alla denuncia è bassa, soprattutto tra i testimoni: meno della metà denuncerebbe se conoscesse la vittima, e solo un uomo su quattro se si trattasse di un estraneo.

Nonostante l’alta consapevolezza del fenomeno, esistono lacune significative nella comprensione delle conseguenze legali: solo il 57% cita la reclusione e il 53% le sanzioni pecuniarie come possibili conseguenze. Inoltre, gli uomini tendono a “depenalizzare” tutti i soggetti che non divulgano attivamente il materiale: per la scuola, le famiglie, chi guarda e non ricondivide non ci sono responsabilità per più dell’80% dei ragazzi. In questa direzione, lo smartphone è identificato come lo strumento principale per questo reato dal 90% degli intervistati. Inoltre, l’83% delle persone è a conoscenza del fenomeno del deepfake, ma solo il 52% lo riconosce come reato in qualsiasi circostanza.

Gli uomini sottovalutano i segnali d’allarme

L’indagine ha evidenziato una preoccupante differenza di genere nella percezione del rischio: le donne intervistate mostrano maggiore consapevolezza dei segnali d’allarme, mentre gli uomini tendono a sottovalutarli. Solo il 41% degli uomini riconosce battute sulla diffusione di immagini intime come segnale di pericolo, e appena il 43% considera la richiesta insistente di contenuti espliciti un campanello d’allarme, almeno fino a che non diventi una vera pretesa.

L’indagine Motorola, quindi, sottolinea l’urgente necessità di maggiore informazione e prevenzione. Il 95% degli intervistati chiede maggiore consapevolezza sul fenomeno e il 79% desidera informazioni su come proteggersi. Scuola, università e piattaforme social sono considerati attori chiave nella prevenzione. “Questi dati lanciano un appello a istituzioni, piattaforme online e società civile per un impegno concreto nella lotta contro il revenge porn”, evidenzia la ricerca.

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