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La baraonda bancaria irrobustisce il sistema finanziario? Macché, sono tutte balle

di Alberto Bruschini

È singolare la narrazione del risiko bancario che da più di sei mesi interessa il mondo bancario del nostro paese. In realtà non si tratta di risiko bancario, vale a dire di operazioni rivolte a irrobustire il sistema creditizio per affrontare le nuove sfide che investono il sistema produttivo, ma è solo una baraonda finanziaria.

Risiko bancario, le mosse

A partire dall’offerta di acquisto di Unicredit del 29% di Commerzbank e di BPM, da quella di Mps per il controllo di Mediobanca per arrivare alla presa di Assicurazioni Generali, per finire all’offerta di piazzetta Cuccia per l’acquisto di Banca Generali, di tutto si ragiona eccetto che del ruolo che le banche dovrebbero assumere per aumentare la capacità produttiva delle imprese, per fronteggiare le sfide dell’innovazione tecnologica e il cambiamento radicale delle transazioni internazionali.

Il wealth management, l’asset management e le polizze assicurative sono il fulcro di queste manovre di mercato che nulla hanno a che vedere con il classico lavoro del banchiere, far sì che il sistema produttivo possa contare su una strumentazione creditizia e di capitale innovativa, confacente alla necessità di crescita della produttività del sistema manifatturiero. Si tratta di operazioni che caratterizzano da più di vent’anni le mosse del capitale finanziario a livello internazionale. La globalizzazione che ha diminuito la povertà assoluta, che ha aumentato quella relativa, che ha fatto raggiungere al commercio mondiale cifre impressionanti, oltre a provocare tutto ciò, ha reso abissale la distanza tra il risparmio e gli investimenti.

I paesi industrializzati hanno vissuto un periodo di bassa crescita per il progressivo trasferimento di ingenti capitali dal profitto alla rendita finanziaria, a quella immobiliare e a quella improduttiva pubblica e privata. La propensione alla rendita è intimamente legata alla carenza di investimenti che coinvolge il mondo industrializzato sia di recente, sia di antica industrializzazione.

Il principio dei vasi comunicanti che legava il buon andamento delle banche con il buon andamento delle imprese non è più di moda. Infatti, i rilevanti profitti registrati negli ultimi tre anni dalle banche, italiane e internazionali, non sono stati il frutto di un rinnovato dinamismo nel rapporto banca-impresa che avrebbe dovuto far leva sulla crescita del margine di interesse, grazie all’espansione degli impieghi creditizi, che invece sono diminuiti.

Il nuovo modo di fare banca

Una nuova attività del banchiere non ha fatto esplodere i profitti delle banche. La loro esplosione, è derivata dalle implicazioni derivanti dall’aggressione Russa all’Ucraina che ha generato alti tassi di inflazione per il blocco delle esportazioni di combustibili fossili dalla Russia e alti tassi di interesse decretati dalla Bce per combatterla. Gli alti tassi di interesse della Bce hanno comportato l’elevazione di più quattro punti dei costi dei crediti concessi a imprese e famiglie, mentre è rimasto invariato il costo della provvista finanziaria corrisposto ai depositi bancari. Una vera e propria speculazione a danno dei risparmiatori.

Il sistema creditizio italiano ha cambiato il volto del far banca dalla famosa legge Amato del 1990, volta a disboscare l’assetto bancario pubblico fondato sul testo unico del 1936 in modo da privatizzare le banche per renderle conformi alle condizioni poste dal trattato di Maastricht. Con la nuova legge bancaria entrata in vigore il 1 gennaio del 1994 si è registrata una modificazione strutturale sia della diffusione degli sportelli bancari che della qualità del lavoro a questi assegnato, mentre è rimasta immutata la formula organizzativa dell’apparato produttivo.

L’informatizzazione dei processi gestionali per la valutazione del merito delle operazioni creditizie, anziché affinare il lavoro degli sportelli bancari, ha contribuito a ridurre l’autonomia deliberativa delle strutture periferiche, segmentando il mercato dei creditori sulla base della dimensione aziendale. L’accentramento delle decisioni nelle direzioni centrali o nelle strutture periferiche lontane dai centri produttivi contrasta con la frammentazione dell’apparato manifatturiero, fondamentalmente ancorato ai distretti industriali, alle filiere produttive, al made in Italy e alla piccola dimensione delle imprese.

Il legame banca-impresa

Il banchiere è sempre meno visibile per l’imprenditore proprio nel momento in cui, come nel risveglio economico del dopoguerra, le imprese devono affrontare cambiamenti radicali per fronteggiare le nuove insidie legate alla scriteriata guerra dei dazi lanciata da Trump, alla vulnerabilità dell’ambiente, alla digitalizzazione, all’intelligenza artificiale.
La baraonda bancaria che il mercato finanziario va vivendo non ha niente a che vedere con le problematiche che dovranno affrontare le nostre imprese. Si tratta di operazioni di mercato rivolte a sfruttare la rendita nella gestione del risparmio finanziario.

Il governo e i partiti di opposizione ben si guardano con lo sporcarsi le mani per capire cosa accadrà al nostro sistema creditizio dopo queste operazioni di mercato finalizzate a massimizzare i profitti finanziari di quegli investitori che per loro natura, non posso avere che questo scopo. Il governo, non esercitando il golden power sull’offerta pubblica di scambio lasciata da Monte dei Paschi di Siena su Mediobanca, si è trincerato dietro il fatto che si tratta di un’operazione di mercato. Il Parlamento si è ben guardato da interessarsi della questione, in piena sintonia con la decisione del governo. Contro il mercato guai a chi si muove.

In ultima analisi Delfin e Caltagirone, detenendo entrambi il 10% di MPS, stano utilizzando banca MPS come il veicolo funzionale per acquisire il controllo di Mediobanca per giungere alla conquista di Generali creando un polo bancario solo per rendere più competitivo il settore finanziario del nostro paese. L’eventuale acquisizione di Banca Generali da parte di piazzetta Cuccia è in piena sintonia con questo disegno.

Tutto si fa e si lascia fare facendo finta che il nostro sistema bancario si irrobustisca. Invece no! Basta vedere la trasformazione di Mediobanca, nata nel dopoguerra per accrescere l’operatività delle B.I.N. (Banca Commerciale Italiana, Credito Italiano e Banca di Roma) nel credito industriale a protratta scadenza, trasformatasi poi in banca di affari con Cuccia finalizzata ad assistere i gruppi industriali privati, per ridursi prevalentemente a un colosso finanziario i cui ricavi derivano per il 40% dagli utili di Generali, per il 35% dal credito al consumo e solo per il 15% dall’intermediazione creditizia.

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