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L’Fmi taglia la crescita italiana, ma nel rapporto del Fondo c’è dell’altro

Un’immagine dalla parata per il Columbus Day ieri a New York (Spencer Platt/Getty Images)

E per ultimo arrivò anche il Fondo monetario internazionale. Ieri l’istituzione di Washington ha compiuto un passo che già altri nelle ultime settimane avevano provveduto a fare: tagliare le stime sulla crescita del Pil italiano, scese a un +1,2% nel 2018 e a +1% nel 2019 (era stato +1,5% nel 2017). Si tratta di una revisione verso il basso dello 0,3% per quest’anno e dello 0,1% per il prossimo rispetto alle precedenti stime di aprile.

Spesso i contenuti del World Economic Outlook del Fmi descrivono il contesto economico con un certo ritardo, non foss’altro per la cadenza (semestrale, con aggiornamenti ogni trimestre) con cui viene pubblicato. Vale sempre la pena però dedicare attenzione alle motivazioni addotte per motivare la decurtazione decisa dal fondo.

Si trova così che nell’ultimo documento non ci sono solo gli ormai conosciuti compagni di viaggio degli italiani, il debito pubblico e lo spread (“La possibilità di un rovesciamento delle riforme o l’attuazione di politiche che potrebbero danneggiare la sostenibilità del debito hanno innescato un aumento dello spread”) e nemmeno c’è solo l’ormai usuale – almeno per le istituzioni europee e internazionali – richiamo al mantenimento della legge Fornero e delle altre riforme pensionistiche e del mercato del lavoro varate dai governi più recenti.

Un segnalazione forte va anche alla possibilità che l’incertezza politica possa tradursi in “uno scoraggiamento degli investimenti privati“, arrivando addirittura a “indebolire l’attività economica in diversi Paesi”. In un altro passaggio il fondo parla anche della possibilità di un “deterioramento della domande esterna e interna”, facendo riferimento all’incertezza sull’agenda del nuovo governo. E d’altro canto quale imprenditore, italiano, ma soprattutto straniero, si azzarderebbe a investire in un Paese dove le regole non solo cambiano continuamente, ma rischiano addirittura di venire sovvertite rispetto al recente passato in una forma che ancora ha poco di definito? E forse non occorre nemmeno arrivare agli imprenditori, ci si potrebbe fermare al privato che stesse pianificando di cambiare l’auto o un altro consumo durevole, che potrebbe decidere di posporre la spesa a un momento più tranquillo. Insomma, i prodromi di un vero e proprio avvitamento dell’economia.

Ancora più degno di nota è il confronto tra Italia e resto del mondo. Nella sintesi che accompagna l’Outlook, il Fondo scrive infatti che la fase di espansione in atto fin dal 2016 sta continuando, con una crescita globale per il 2018-19 che dovrebbe attestarsi sui livelli del 2017. Ma eccoci riapparire, almeno tra le righe, un poco più avanti: “L’espansione però è diventata meno bilanciata e potrebbe avere toccato il suo picco in alcune tra le principali economie. I rischi al ribasso alla crescita globale sono cresciuti negli ultimi sei mesi, mentre il potenziale per eventuali sorprese al rialzo si è ridotto”.

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