Articolo tratto dal numero di novembre 2019 di Forbes. Abbonati
Facebook ci propone pubblicità con prodotti che molto probabilmente stavamo cercando da tempo. Netflix ci consiglia la serie tv da guardare, quasi sempre con risultati migliori di quanto avrebbe potuto fare un critico o un amico. Queste due azioni non sarebbero tali senza l’utilizzo dell’intelligenza artificiale. Tra i massimi esperti italiani di questa tecnologia c’è Giulio Bontadini, classe 1989, che guida la squadra di business analysts nella regione Northern Europe per la multinazionale americana Procter & Gamble.
Il suo percorso è partito mentre stava completando la laurea in ingegneria, quando ha cominciato a lavorare a Londra per P&G come business analyst, imparando a migliorare un business con tecniche di data & analytics, soprattutto in ambito marketing e vendite. Nel 2017, Pampers ha sponsorizzato un progetto di volontariato di Bontadini con Unicef per aiutare il loro team di fundraising in India con la sua specializzazione in analytics & insights. Lo stesso anno, British Computer Society gli ha conferito il premio Young IT Professional of the year per l’impatto del suo lavoro in P&G. Nel 2018, il Collegio Ghislieri di cui è stato alunno, gli ha assegnato il premio Ghislieri, riconoscimento di merito scientifico e professionale.
“Tutto è cominciato per caso, forse per fortuna; non ho ancora capito se questa sarà la mia strada a lungo termine, ma finora mi sono divertito”, spiega. Attualmente il suo ruolo copre tre aspetti: sviluppare le abilità analitiche dell’organizzazione di P&G, fornire la miglior comprensione possibile del mercato al general manager e creare un rapporto di partnership con i clienti di P&G (i retailer) grazie alla qualità dei dati forniti e delle analisi. Sebbene quella dell’AI sia una rivoluzione ancora in corso, ci sono già diversi aspetti che possiamo toccare con mano. “L’utilizzo più immediato dell’intelligenza artificiale è la classificazione di dati non strutturati. Questo è chiaramente già alla portata di tutti: basti pensare a un cellulare che riconosce immagini e suoni. Inoltre, anche la Rpa (robotic process automation) è una realtà per qualsiasi azienda: permette essenzialmente di liberare impiegati da processi ripetitivi (e tediosi) con dei bot”, osserva Bontadini. “Anche la predizione di azioni future o eventi è stata migliorata dal machine learning, e migliorerà ancora molto, non tanto per l’evoluzione degli algoritmi, ma più per la crescente ricchezza di dati a disposizione. L’ambito che ha ancora parecchio margine è la comprensione semantica del linguaggio umano senza dover essere ristretti ad applicazioni specifiche. In altre parole, Alexa, Google Assistant e Siri hanno ancora ampi margini”.
Sempre in riferimento alle potenzialità dei dati, Giulio fa un altro esempio: quello della Gdpr, il regolamento dell’Unione europea sulla protezione dei dati personali. “Penso che si sia parlato troppo poco dei risultati raggiunti dall’Ue nel campo della tutela della privacy e della valorizzazione dei dati dei suoi cittadini: sfortunatamente, l’Unione non ha badato al lato di marketing e ha scelto un acronimo cacofonico (Gdpr) e tutta l’attenzione mediatica è stata concentrata sulle complicazioni imposte alle imprese da questa regolamentazione. In realtà, si tratta di un traguardo importantissimo per tutelare i cittadini ma anche per permettere alle aziende operanti in Europa di avere un terreno di fuoco chiaro per tutti e quindi stimolare una buona competizione”, prosegue. Quando parla del rapporto tra automazione e uomini, Giulio, che per il futuro sogna di mettersi in proprio, non usa giri di parole: “Dobbiamo abituarci al fatto che una macchina potrà ben presto pensare molto più velocemente di un uomo: campi come la medicina, la biologia e le politiche economiche ne beneficerebbero tantissimo”.
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