Quella dell’Emilia 4 è una storia di passione e di eccellenza in cui si incontrano il mondo accademico italiano, le competizioni e l’industria automotive. A raccontarci la vicenda della macchina solare che ha trionfato all’American Solar Challenge, competizione destinata esclusivamente alle auto alimentate dall’energia del sole, è il professor Giangiacomo Minak, docente del CIRI MAM – Centro Interdipartimentale per la Ricerca Industriale dell’Università di Bologna, e progettista di Emilia 4.
La storia di Emilia 4 inizia a Castel San Pietro, a due passi da Bologna, circa quindici anni fa. In questa cittadina emiliana si corre una gara di veicoli artigianali a propulsione “umana”, Carrera. “L’origine di tutto si può collocare nell’officina Metal Tig di Mauro Sassatelli, che ancora oggi è il luogo dove sono costruiti i nostri veicoli solari. Il primo veicolo costruito è stata una bicicletta a pedalata assistita, e pannello solare, che ha partecipato nel 2005 al World Solar Cycle Challenge in Australia”, racconta il professor Minak. Un gruppo di volontari, che nel tempo si è costituito in una associazione sportiva chiamata Onda Solare, decide di partecipare alla competizione realizzando i veicoli in proprio, appoggiandosi a un’officina locale.
Al primo veicolo costruito dal team sono poi seguiti un mezzo solare a tre ruote, Emilia 2, ed uno a quattro, Emilia 3. I docenti dei dipartimenti di Ingegneria elettrica e di Ingegneria industriale dell’Università di Bologna non sono rimasti impassibili davanti a tale fermento, e così è iniziata una sinergia che nel 2013 ha consentito di realizzare un veicolo già competitivo: Emilia 3.
Il vero salto di qualità però si ha con Emilia 4, progetto redatto dal professor Cristiano Fragassa, e finanziato dalla Regione Emilia Romagna con fondi comunitari nell’ambito del Programmi Operativi Regionali. Un impulso ulteriore al progetto è stato offerto dal rapporto con l’Istituto Istruzione Superiore di Maranello, una scuola fortemente legata a Ferrari, che ha consentito di accedere a risorse addizionali per l’associazione. Emilia 4 ha trionfato all’American Solar Challenge percorrendo 2700 km – attraversando gli Stati Uniti dal Midwest al Pacifico, sull’Oregon Trail, il tracciato dei pionieri che nell’Ottocento andavano alla conquista del West – con l’utilizzo della sola energia solare, il tutto nonostante la pioggia, la nebbia, i 2500 metri di dislivello massimo e i quattro passeggeri trasportati.
“Partecipare e trionfare all’American Solar Challege è stato per noi un grande motivo di orgoglio. Il nostro obbiettivo, fin dall’inizio, è stato quello di percorrere tutta la gara, di 2700 km, con l’utilizzo della sola energia del sole. Questo risultato rappresenta una vera novità nel panorama delle gare solari di lunga percorrenza dove, in generale, nei veicoli con passeggeri si è soliti ricaricare le batterie prima di ogni tappa al fine di mantenere velocità significative. Noi volevamo invece dimostrare che è possibile vincere sfruttando il vero vantaggio di un veicolo elettrico, ossia quello di disporre di un’autonomia pressoché illimitata, nel caso in cui si riesca a dosare opportunamente l’energia proveniente dal Sole”, afferma Minak.
Questo risultato è stato possibile grazie all’efficienza energetica: “Nella pratica, la nostra strategia di gara si è basata sul mantenimento di un’andatura apparentemente lenta, intorno ai 50 km/h di media, che ci ha fatto ottenere la vittoria nella classe Multi Occupant Vehicles, o cruiser. In altri termini, siamo stati gli unici a muoverci nella logica che deve avere una mobilità solare e sostenibile, dove quello che conta è essere efficienti, sfruttare ossia al meglio tutta l’energia a disposizione, persino se questo vuol dire rinunciare ad aspetti apparentemente essenziali quali il brivido della velocità”.
Il resto lo ha fatto l’eccellenza del progetto tecnico Emilia 4. Il veicolo solare emiliano ha ricevuto entrambi i premi messi in palio dalla giuria, aggiudicandosi il riconoscimento per il miglior progetto della batteria e quello per il miglior progetto meccanico. Il tutto sbaragliando la folta e accreditata concorrenza di università prestigiose del calibro del MIT, Berkeley, Georgia Tech, Michigan, Minnesota.
La caratteristica vincente di Emilia 4 è la forma aerodinamica molto spinta, anche un po’ a scapito della comodità dei passeggeri, e la leggerezza – 330 kg, compreso il pacco batterie – grazie all’impiego di laminati o sandwich in fibra di carbonio. A questa combinazione di aerodinamica e leggerezza si aggiunge un pannello solare con celle di silicio monocristallino di ultima generazione, un pacco batteria particolarmente innovativo e motori elettrici ad altissima efficienza, inseriti all’interno delle ruote posteriori in modo da eliminare la necessità di una trasmissione meccanica.
Emilia 4 è un progetto che ha ottenuto le giuste sinergie anche con il mondo dell’automotive, come testimonia ad esempio il rapporto con il laboratorio CRIF del Scm Group, azienda italiana leader mondiale nelle macchine di lavorazione materiali leggeri. Ma il rapporto migliore è quello con la Ferrari: soprattutto su un piano sportivo, ma anche per la fornitura di materiali.
“Caratteristica unica di Emilia 4 nel panorama delle competizioni mondiali per veicoli solari, è che tutti i componenti tecnologici del veicolo, sia elettrici che meccanici, sono stati sviluppati internamente e costruiti dai nostri ragazzi in collaborazione con aziende italiane che – come sponsor tecnici – ci hanno supportato per la fornitura di materiali e l’esecuzione di lavorazioni”, racconta Minak. Questa peculiarità, congiuntamente al supporto dell’università di Bologna, consentirà al team di sviluppare soluzioni tecniche per la mobilità elettrica-solare adatte a essere impiegate anche nella vita quotidiana in città, il tutto partecipando anche alle competizioni.
Il successo di Emilia 4 è avvenuto grazie alla passione e alla perseveranza di un team di 40 persone, composito ed eterogeneo – si va dal neo ingegnere energetico Morena Falcone, che insieme ad altri ha costruito fisicamente la macchina imparando a laminare il carbonio, a Ruggero Malossi, che nella vita fa il manutentore fino ad arrivare ai pensionati di 80 anni, passando per gli studenti. Sono poche le figure che sono state pagate attraverso i fondi del progetto (solo i costi della trasferta negli Stati Uniti ammontano a circa 60mila euro). “Il nostro team è quanto di più composito ed eterogeneo si possa immaginare, sia in termini di età che di competenze. Non esiste una rigida suddivisione dei compiti, ma ci adattiamo alle esigenze. I quattro piloti, per esempio, si sono guadagnati il posto sul campo con centinaia di ore di lavoro in officina, svolto soprattutto la sera e nel weekend”, racconta Minak parlando del team Onda Solare.
“In termini di leadership, potremmo dire che il nostro team è «anarchico», nel senso buono del termine. Tutti riconoscono ad alcune persone – come Mauro Sassatelli – una grande autorevolezza, che nasce dalla determinazione, dalla chiarezza degli obiettivi e dalla consapevolezza dei propri limiti. Il progetto è fortemente interdisciplinare dal punto di vista tecnico, quindi il team contiene dentro di sé dei sottogruppi che fanno grossomodo capo ai docenti di riferimento delle varie aree tecniche. I docenti, in particolare Claudio Rossi per la parte elettrica/solare, io stesso per la parte meccanica/strutturale e Cristiano Fragassa per la gestione complessiva del progetto, ci consultiamo continuamente nel tentativo di armonizzare le attività e coinvolgere volta per volta altri colleghi dell’Università di Bologna, i partner di progetto oppure le tante istituzioni esterne a supporto”.
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