È convinto di aver fatto la scelta giusta Enrico Moretti Polegato, presidente e a.d. di Diadora quando, nel 2008, ha rilevato lo storico marchio sportswear oggi controllato da Lir, holding di proprietà della famiglia. “Diadora è stata una sfida personale che mi ha permesso di fare un percorso imprenditoriale tutto mio” ci confessa il giovane imprenditore che è anche vicepresidente di Geox S.p.A., azienda di scarpe fondata nel 1995 da suo padre Mario. Dati alla mano, dopo la ristrutturazione, Diadora è cresciuta a doppia cifra, sia sul mercato italiano sia su quello globale chiudendo il 2016 con un fatturato consolidato di circa 152 milioni di euro, ha quadruplicato il numero dei suoi lavoratori, passando da 50 a oltre 200. E si appresta a festeggiare nel 2018 i suoi 70 anni di attività con una collezione ispirata interamente al tennis.
Nel 2008 avete acquisito Diadora, storico marchio sportivo di cui è presidente e a.d. Com’è nata quest’avventura?
Nel 2009 Diadora era un’azienda in difficoltà, e ci fu chiesto, come realtà imprenditoriale dietro il successo di Geox, di partecipare al rilancio di questo storico marchio italiano dello sport. Ho deciso di rilevare e rilanciare il marchio per tre ragioni. La prima imprenditoriale, percepivo che Diadora era ancora un marchio forte e appetibile con grandi potenzialità. La seconda sentimentale, perché era ed è ancora oggi un marchio che vanta una storia importante. La terza personale, perché avevo la possibilità di fare un’esperienza imprenditoriale tutta mia, con una mia squadra e una mia responsabilità, senza essere sempre nell’azienda di famiglia dove sarei sempre stato “figlio di”.
Com’è organizzata l’azienda e in cosa consiste la vostra produzione?
L’azienda offre una vasta gamma di prodotti (calzature, abbigliamento e accessori sportivi, ndr) divisi in tre macro aree. Performance, prodotti destinati all’attività agonistica. Lifestyle, prodotti d’ispirazione sportiva ma per un uso quotidiano. Infine Utility, prodotti di alta gamma nel mondo della sicurezza cantieristica, industriale. Tutti i prodotti sono accomunati dall’ispirazione sportiva, dallo stile italiano e dall’autenticità dei 70 anni di storia del brand.
Oggi ha ancora senso parlare di Made in Italy?
Lo ha sicuramente nel mondo delle tre F (Fashion, Food, Furniture) perché chiunque nel mondo sogna di vestire, mangiare e abitare italiano. E’ un punto di forza delle nostre aziende, soprattutto quando competono nei mercati esteri. Per questo abbiamo iniziato un percorso di reshoring, portando in Italia parte della produzione che era stata delocalizzata: è un investimento su uno dei valori del brand, l’italianità.
Secondo suo padre, “un’idea vale più di una fabbrica”. È d’accordo?
Sì, è dalle idee ben gestite e ingegnerizzate che nascono le fabbriche.
Quali difficoltà ha incontrato nel suo percorso professionale?
Le normali difficoltà insite nel far rinascere un marchio. La sfida è crescere e svilupparsi rimanendo coerenti ai valori del marchio stesso creando un sistema inclusivo, che faccia sentire tutti, dai collaboratori aziendali ai clienti finali, parte del progetto e non destinatari di un prodotto.
Quanto conta l’intuito nello svolgimento di un’attività imprenditoriale?
Come in tutto, contano sia lo stomaco (intuito), che il cervello (la ragione), che il cuore (passione). Senza uno dei tre un essere umano è incompleto, e non riesce a esprimere le sue potenzialità (inclusi gli imprenditori!).
L’età media dei vostri lavoratori è di 36 anni. Che cosa chiede la vostra azienda ai giovani?
A prescindere dall’età, l’importante per lavorare e crescere in un’azienda è avere delle capacità di formazione o professionali e soprattutto saperle mettere a servizio di una squadra, di saper perseguire insieme ad altri un obiettivo.
Essere un giovane imprenditore di successo: quanto conta il fattore fortuna, quanto la capacità imprenditoriale e quanto, invece, avere una famiglia importante alle spalle?
L’esperienza di Geox mi ha aiutato, perché parte delle tematiche di gestione aziendali le ho viste o vissute lì. Lir (la holding di proprietà della famiglia, ndr) mi ha permesso di realizzare il sogno di iniziare il lancio di Diadora. Dal 2009 in poi, però, hanno sicuramente contato di più il sostegno della mia famiglia e le capacità e la passione dei miei collaboratori.
Cosa vi aspettate per il futuro? Quali le nuove sfide e i traguardi che volete raggiungere?
Da quando siamo entrati nella società, abbiamo iniziato un graduale lavoro di riposizionamento del marchio che ora ci sta dando soddisfazioni. Abbiamo chiuso il 2016 con un fatturato consolidato di circa 152 milioni di euro registrando una crescita pari a +18,4%. Per il futuro ci aspettiamo una crescita in linea con gli anni precedenti. Oltre ad ampliare la nostra offerta di prodotto, porteremo avanti i progetti d’internazionalizzazione soprattutto in Usa, U.K., Germania e nell’area asiatica. E siamo pronti a festeggiare nel 2018 il nostro anniversario celebrando i successi e i prodotti che hanno reso unico e iconico il marchio Diadora in tutto il mondo.
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