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La resurrezione dei titoli bancari italiani

Il presidente della Bce, Mario Draghi

 

Tira aria di rialzo dei tassi da Londra, che ha annunciato il primo aumento da dieci anni e promette due nuove mosse all’insù in futuro. A Wall Street, che ormai assegna una percentuale bulgara (il 98%) al rialzo del costo del denaro a dicembre. Rialzano la testa anche i titoli bancari, già depressi dalla prospettiva di norme europee più severe sul fronte dei non performing loans e dalla prospettiva del basso costo del denaro e, di riflesso dei margini. E così, ancor prima dell’annuncio della Bank of England, i titoli del credito del Vecchio continente hanno rialzato la testa. Prendono il volo Credit Suisse +4%, Ing e Danske Bank +3,4%, trascinando l’intero settore all’insù. Ma, sorpresa, reagiscono ancor meglio i titoli italiani, reduci da un ottobre difficile vista la paura di una nuova stretta da parte della Bce, proprio nel giorno del tiro al bersaglio in Parlamento sulla Banca d’Italia. Perché questa resurrezione?
Una prima spiegazione arriva dal corposo studio che il Crédit Suisse ha dedicato al settore dal titolo “Saper distinguere la qualità”. Rientra in questa categoria Ubi protagonista dell’operazione “1 euro per tre banche”, ovvero l’acquisizione delle good banks salvate dal Tesoro. Non a caso il broker ha annunciato di avere avviato la copertura sul titolo con un giudizio Outperform e un target price a 5,15 euro. Per Ubi infatti la tripla acquisizione è un’operazione che trasforma il gruppo, che ha raccolto 400 milioni di capitale per riportare il cet1 sopra l’11% dopo l’operazione. Secondo gli analisti la banca potrà sfruttare sinergie in termini di costi e nel funding, ma anche registrare un recupero della redditività nell’asset management. Riflettori accesi anche su Unicredit. Per il Credit Suisse “una storia a basso rischio” per la banca italiana più pulita”, così come su Mediobanca.
Ma la vera novità consiste nell’accordo internazionale sul meccanismo di calcolo degli accantonamenti che un istituto di credito deve fare in base ai rischi che assume con investimenti e impieghi. E si tratta per davvero di una novità epocale perché a differenza delle nuove regole della Bce sui non performing loans che vanno a colpire le banche del Sud Europa, l’accordo di Basilea IV (in vigore dal 2021, a regime dal 2027) sarà più gravoso per le banche del Nord Europa, come rileva un recente report di Mediobanca Securities. La normativa, pensata per scongiurare le catastrofi finanziarie tipo Lehman Brothers, avrà in Italia effetti molto limitati, perché nei bilanci degli istituti di credito nazionali gli attivi sono pesati in modo molto più prudenziale, rispetto a quanto avviene in Europa, soprattutto nel Nord Europa. Secondo la simulazione di piazzetta Cuccia, di impatto sul Cet1 ratio degli istituti europei dimostra che le banche svedesi saranno colpite in maniera dura dalle nuove norme (fino al -12,1% di Cet 1, mentre la regina del mercato continentale appare il Credito Emiliano con un effetto pari a zero.
Una volta tanto, insomma, a soffrire non saranno le banche di casa nostra, destinate inoltre a trarre giovamento dalla miglior salute dei clienti. L’economia italiana, infatti, accelera. L’attività manifatturiera è cresciuta a ottobre al ritmo più rapido da oltre sei anni e mezzo. L’indice Pmi  è salito per il quattordicesimo mese consecutivo, un toccasana per guarire dal mal di sofferenza.

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