C’è una gigantesca spianata di terra rossa a circa due ore da San Francisco, in quella parte della California dove il sole dà l’impressione di poter restare immobile per giorni, annullando le ombre dei muri e delle recinzioni di metallo.
Lì gli ingegneri di Waymo, la divisione di Alphabet che sta lavorando per portare sul mercato automobili driverless, hanno tracciato i contorni di un’intera città: condominii, incroci, parchi, semafori, rotonde, ponti e piste ciclabili. Lì, da tempo, decine di stuntmen si ‘esibiscono’ davanti a un pubblico di robot per allenare i veicoli alla realtà urbana, creando artificialmente traffico e pericoli.
In questo parco giochi dove il futuro delle nostre città è in beta testing, i risultati sono però più tangibili di finti cartelli stradali disegnati sulla sabbia: dall’inizio di novembre, Waymo sta infatti testando le sue auto senza pilota nella periferia di Phoenix, in attesa di lanciare “nel giro di pochi mesi” un servizio di trasporto passeggeri completamente automatizzato.
“Possiamo affermare che quello che Google sta sviluppando in California sia tra i più avanzati programmi di robotica al mondo”, ha spiegato Alexis Madrigal, che per The Atlantic scrive di innovazione e tecnologia e che ha visitato per primo il campo di addestramento di Waymo. “E ricordiamoci che la maggior parte dei test non avviene nemmeno nel mondo fisico, ma all’interno di una rappresentazione digitale—che gli ingegneri chiamano Carcraft, un riferimento nerd al famoso videogioco online World of Warcraft”.
Presente martedì a Madrid nel quartier generale di Endesa, che Enel ha acquisito nel 2009, per #EnelFocusOn, evento in cui si è parlato di utilizzo smart dell’energia (e di quella pulita in particolare), Madrigal ha raccontato la propria esperienza a un pubblico di esperti di rinnovabili e giornalisti arrivati da tre continenti, tra cui c’ero anch’io.
Secondo l’esperto americano “quella delle automobili senza guidatore non sarà solo una rivoluzione nell’ambito degli spostamenti, sarà anche rivoluzione a livello energetico e ambientale”.
“Le auto elettriche driverless verranno vendute per le flotte aziendali, prima che ai privati”, ha detto Madrigal. “Questi gruppi di vetture saranno in grado di ricaricarsi a vicenda, diventando una sorta di centrale elettrica in movimento. Le persone non hanno ancora realizzato quanto centrale sarà il ruolo dell’elettricità in questa rivoluzione”.
La città come network
Ma anche uscendo dal settore dell’automotive, la produzione e la gestione dell’energia ricopriranno un ruolo centrale nelle smart cities di domani. In un apparato urbano fatto di case ‘intelligenti’ e oggetti connessi in rete, la chiave – sostiene Madrigal – è comprendere che le città di oggi assomigliano sempre di più a internet: sono dei network interconnessi attraverso cui viaggiano energia, informazioni, impulsi, dati. Sistemi fluidi, computazionali, in grado di adattarsi a seconda delle esigenze.
Secondo il giornalista americano, nelle smart cities del futuro l’energia verrà comprata e venduta attraverso gli apparecchi che utilizzeremo tutti i giorni. E non solo: le nostre case diventeranno esse stesse fornitrici di servizi per la comunità locale, come parte delle novità portate dall’internet of things. Una nuova rivoluzione post-industriale “rinnovabile, intelligente, condivisa”, come l’ha definita Madrigal, che ha ben chiaro quale sarà il telecomando che ci permetterà di accedere alle opportunità di questa nuova era: “Lo smartphone, ormai strumento magico e porta di accesso a tutti i principali servizi del quotidiano”.
Mentre ci dirigiamo verso The Cube, il nuovo hub di innovazione di Madrid che conta tra i partner Facebook, IBM ed Enel, che inaugura oggi, rigorosamente a bordo di una macchina elettrica, Madrigal ammette che questa nuova era porta con sé anche nuove problematiche, in particolare legate al rispetto della privacy e alla sorveglianza, e al ruolo della Silicon Valley nel forgiare (e controllare) il modo in cui porteremo i nostri figli a scuola, faremo la spesa, pagheremo il conto al ristorante, usufruiremo delle cure mediche.
Tuttavia, secondo Madrigal, mentre osserviamo i rischi di un mondo plasmato dalle intelligenze artificiali, non dobbiamo dimenticarci dei rischi più umani: “Non sono così preoccupato dalla bolla degli sviluppatori, sono più preoccupato dalla mancanza di diversità all’interno della forza-lavoro delle aziende della Valley”, spiega. Un problema quanto mai attuale, questo, e che difficilmente verrà risolto da un algoritmo.
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