Dopo l’esordio fortunato del future al Cbot di Chicago. La moneta elettronica è stata al centro delle attenzioni di Wall Street. I titoli legati allo sviluppo del bitcoin sono stati più effervescenti del Nasdaq: Marathon Patent +42,9%, Xunlei +29,4%, Riot Blockchain +45,5%. La febbre è proseguita in Asia e in Australia. A Sidney ha fatto un balzo del 30% DigitalX, la blockchain che ha annunciato l’intenzione di voler svolgere il ruolo di market maker nei listini ufficiali facendo così concorrenza ai gemelli Winklevos, proprietari del Gemini Exchange del Lussemburgo. Per chi vuol cavalcare l’euforia del mercato potrebbe essere a questo punto conveniente puntare sull’Etf Reality Shares Nasdaq Blockchain Economy Index, creato il mese scorso dal Nasdaq e da Reality Shares, che investe sule società del settore.
Il settore, insomma, cresce. Assieme ai prezzi. Proviamo a fare due conti. Da inizio anno il guadagno è attorno al 1.550%. Ma nella breve vita della moneta elettronica spuntata alla fine del 2008 (non a caso pochi mesi dopo il tracollo di Lehman Brothers, la prova più clamorosa della crisi della finanza), non mancano precedenti di avanzate altrettanto clamorose. Nel 2013 la moneta elettronica è passata da 13,24 a 732 dollari, moltiplicando per circa 55 volte il valore iniziale in soli 12 mesi. Nel 2015 il guadagno è stato “solo” del 95%, nel 2016 la prima significativa correzione al ribasso -36%, prima della performance stellare di quest’anno. Nel corso della breve storia della moneta non sono rari del resto guadagni anche del 20% a settimana. Da rilevare che il Bitcoin ha offerto le sue prove migliori nei momenti di maggior tensioni dei mercati. Nel giorno della Brexit, il 24 giugno dl 2016, il Bitcoin è stato l’asset che ha reto meglio (+7%) assieme all’oro +4%). Durante la fase più acuta della crisi greca (aprile-luglio 2015) la moneta elettronica è salita del 28%.
Ma accanto a queste performance non va tralasciato il vero tallone d’Achille: il sistema è in pratica governato da non più di mille investitori che controllano, calcoli di Bloomberg, circa la metà della moneta elettronica in circolazione. Che accadrà (ed è già accaduto) se pochi Big si mettessero d’accordo per pilotare all’ingiù i prezzi incassando enormi plusvalenze? O, al contrario, stimolassero il rialzo facendo venir meno l’offerta dei Bitcoin in circolazione?
Nel frattempo il rialzo ha finalmente attratto l’attenzione delle autorità. Il presidente della Sec, Jack Clayton, ha dichiarato che la commissione “sta gettando un occhio” sul fenomeno e in particolare sull’attività di crowfunding attraverso le Ico (Initial coin offerings) promosse con sempre maggiore frequenza. In sostanza, si moltiplicano le iniziative per consorziare investitori e promuovere l’ingresso in varie commodities, energia o alimentari. Niente di male, salvo il fatto che le operazioni sono concluse utilizzando le cripto valute, moltiplicando così la leva speculativa. Esplicito a tal proposito Christopher Giancarlo, capo della Comodity Futures trading Commission; la Cftc, ha detto, non è in grado di tutelare gli investimenti effettuati nelle Ico che, tra l’altro, si presentano sotto la veste di utility e non come società finanziarie, come tali sottoposte al controllo della Sec. Un meccanismo che, nel corso dell’anno, ha permesso ai vari crowfunding di raccogliere 3,7 miliardi di dollari da reinvestire nelle criptovalute (calcoli di Coinschedule.com). La levata di scudi ha convinto ieri Munchee, una app specializzata nel trading di cibo, a cancellare una Ico da 15 milioni di dollari per evitare la scure della Sec.
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