Parte la rivoluzione del risparmio. Scatta oggi l’introduzione in Italia della direttiva Mifid II e di una serie di nuovi diritti in favore degli investitori ad essa collegati.
È un’occasione che non deve andare persa, perché troppe volte nel nostro Paese l’introduzione di nuove norme, almeno sulla carta a favore dei cittadini, si è tramutata in un mero accumularsi di nuovi adempimenti burocratici, in ulteriori firme su moduli prestampati e in una serie di formalismi e lungaggini che nulla hanno tolto alla possibilità che non si realizzassero pratiche distorte di collocamento di prodotti finanziari rivelatisi in ultima analisi un danno per il benessere finanziario degli investitori.
Con Mifid II si rischia per l’ennesima volta questo scenario. Prova ne è che a fronte dei molti incontri preparatori dedicati agli operatori professionali del risparmio (certamente una parte coinvolta in linea diretta dalla nuova normativa, ma non l’unica), siano del tutto mancate le iniziative volte a portare a conoscenza dei risparmiatori i loro nuovi diritti nell’era di Mifid II (mentre la direttiva si rivolge in prima battuta all’innalzamento delle tutele proprio nei confronti del risparmiatore privato).
Come potrà allora l’investitore far valere i suoi diritti, se nessuno l’ha mai reso edotto di quali essi siano?
La fiducia è d’altro canto il lubrificante indispensabile della catena di trasmissione che porta il risparmio privato verso l’economia reale. Conta per lo sviluppo del sistema finanziario italiano molto più di quanto non possano fare tutte le agevolazioni fiscali connesse ai Pir o del numero di aziende quotate in Borsa. Se si vuole davvero che le risorse private vengano convogliate verso i settori produttivi, occorre che le norme e le tutele per chi quelle risorse ce le deve mettere non solo esistano, che non solo vengano applicate con gli adeguati controlli nel durante e a posteriori, ma ancora prima che vi sia adeguata consapevolezza dei diritti.
Ecco allora cosa cambia da oggi per gli investitori nei rapporti con la banca, con i consulenti finanziari e in generale con gli intermediari che offrono servizi di investimento, secondo l’analisi che Massimo Scolari, presidente di Ascosim, ha condiviso con ForbesITALIA.
– La trasparenza di costi e oneri
La nuova direttiva introduce l’obbligo di effettuare da parte degli intermediari una rendicontazione periodica di tutti i costi ed oneri applicati agli investitori a fronte dei servizi di investimento prestati e inerenti ai prodotti finanziari acquistati e detenuti in portafoglio.
L’informativa sui costi, che sarà resa disponibile sia come valore percentuale che come valore monetario, consentirà all’investitore di valutare l’impatto dei costi totali rispetto al rendimento del proprio investimento.
Diventerà quindi più facile capire (perchè dovrà essere dichiarato esplicitamente) quanto rende davvero un investimento finanziario, quante commissioni di gestione di performance vengono effettivamente pagate o quanto si paga per entrare e uscire da un investimento.
– L’adeguatezza delle raccomandazioni di investimento
Una delle principali regole di condotta già introdotte dalla precedente direttiva Mifid1 consiste nell’assicurare che i consigli forniti agli investitori siano adeguati rispetto agli obiettivi, alla propensione al rischio, alla situazione finanziaria ed al livello di preparazione del risparmiatore in materie finanziarie.
Nella nuova direttiva tale principio viene non solo mantenuto ma ulteriormente rafforzato con la previsione di un obbligo di valutare, da parte degli intermediari e dei consulenti finanziari, la tolleranza al rischio dell’investitore e la capacità di sostenere eventuali perdite.
Gli investitori riceveranno per ogni consiglio di investimento una “relazione di adeguatezza” che dovrà dettagliare le motivazioni che stanno alla base dell’adeguatezza dell’investimento proposto.
Infine gli intermediari dovranno informare il cliente in merito all’attività di verifica periodica di adeguatezza che sarà resa disponibile aiutando l’investitore a valutare nel tempo i risultati degli investimenti effettuati e se tali investimento continuino a corrispondere con gli obiettivi e la propensione al rischio del cliente.
– Il governo dei prodotti finanziari
Gli intermediari che realizzano e che distribuiscono prodotti finanziari dovranno adottare procedure finalizzate ad identificare la tipologia di risparmiatore al quale proporre ogni prodotto finanziario.
Inoltre dovranno garantire che il prodotto non venga offerto a quelle tipologia di clienti le cui caratteristiche non risultino coerenti con i fattori di rischio del prodotto.
L’obiettivo è giunger a una più precisa individuazione dell’adeguatezza e del profilo di rischio dei clienti, in modo che possano sapere che l’investimento sarà adeguato alla propria competenza finanziaria, che sia effettuato nel proprio interesse e che si sia davvero pronti a sostenere eventuali perdite legate a quel prodotto.
– La consulenza su base indipendente
La nuova direttiva introduce il servizio di consulenza, svolto su base indipendente, che prevede il divieto di percepire incentivi monetari e non monetari da parti terze, eliminando nei fatti il conflitto di interesse che si genera allorquando coincidono la figura del consulente e del distributore di prodotti finanziari.
Nella consulenza su base indipendente viene previsto l’obbligo di valutare un’ampia gamma di strumenti finanziari disponibili sul mercato e viene introdotta una limitazione alle raccomandazioni di investimento aventi oggetto strumenti finanziari emessi o gestiti da entità appartenenti al medesimo gruppo.
Nella pratica il consulente dovrà sempre qualificarsi come “indipendente” o “non indipendente” specificando la gamma dei prodotti sui quali presta consulenza.
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