Forbes Italia
Cultura

David Letterman su Netflix, il calcio su Amazon e la lezione ai media italiani

David Letterman

Coming soon. Ovvero, il grande spettacolo sta per cominciare. Negli Usa, of course, ma nel suo piccolo anche nella Penisola. Ma procediamo, seppur in ordine sparso, da Hollywood fino all’asta dei diritti del campionato di calcio nostrano.

La notte in nero dei Golden Globe, segnata dalla protesta muta delle attrici contro le molestie sessuali (alla sbarra Harry Weinstein, Woody Allen e Kevin Spacey) ha comunque segnato la definitiva affermazione dei grandi dello streaming ai danni dello strapotere dei network tradizionali. Sale la stella di Netflix, vincitrice grazie a Master of None ma soprattutto capace di conquistare ben nove nomination. Non è da meno Amazon, vincitrice con la Fantastica signora Maisel. Gli studios tradizionali limitano i danni grazie a Hulu, il sito controllato da Nbc e da Fox television.

In sintesi, il successo dello streaming rispetto ad altre forme di entertainment ha ormai rovesciato i rapporti di forza tradizionali. Netflix, così come Amazon, sono ormai grandi produttori emancipati dalla sudditanza verso Hollywood o i network tv. La vendita di Fox a Walt Disney, che ha tagliato ogni collaborazione con Netflix, appare come una mossa tardiva allo scopo di tagliare le fonti di approvvigionamento del rivale che, con una capitalizzazione attorno ai 90 miliardi di dollari, dispone delle munizioni finanziarie sufficienti per passare all’offensiva invadendo i terreni altrui.

In questa chiave va letta la prossima storica mossa. Venerdì prossimo Netflix diffonderà in streaming My next guest needs no introduction with David Letterman, ovvero lo show che segna il ritorno dopo due anni del re dei talk show. E l’ospite, che non ha bisogno di presentazione, sarà niente meno che Barack Obama, alla prima apparizione in un talk show dopo l’uscita dalla Casa Bianca. Un’operazione di grande significato politico ma anche commerciale. Oltre la fiction, anche l’attualità non è più regno indiscusso della tv, free o a pagamento, come ha appreso a sue spese Disney, alle prese con il calo dell’audience di Espn.

Anche lo sport, infatti, è nel mirino dei Big dello streaming. Pochi giorni fa il britannico Daily Telegraph ha rivelato l’interesse di Amazon per entrare nel mondo del calcio. Secondo i media inglesi, infatti, il colosso americano avrebbe messo nel mirino i diritti streaming per il prossimo triennio della Premier League: un modo per far crescere il numero degli iscritti al servizio Prime Video, secondo la strategia del boss Jeff Bezos, oltre che un modo per sbarcare in un settore ancora inesplorato, quantomeno in Europa. Tra i rivali per Amazon ci sono i due principali canali sportivi del Regno Unito, ovverosia Sky Uk e BT.

La grande partita, insomma, è cominciata. Con nuove regole, vista la decisione della Fcc, la commissione Usa competente per le telecomunicazioni, di abrogare la net neutrality, favorendo nuove alleanze ed offerte riservate, come non è permesso (almeno per ora) dalle regole dell’Unione Europea.

Ma, fatte le debite distinzioni, anche il quadro italiano dei media, per giunta in piena stagione elettorale è in grande fermento. La prima tappa della grande corsa riguarderà l’asta per i diritti tv del campionato di calcio per il triennio 2018-2021 cui parteciperanno concorrenti tradizionali (satellitare, digitale terrestre e Internet), nonché un bando subordinato destinato agli intermediari finanziari indipendenti. All’asta infatti potrebbe partecipare, oltre a Sky, Mediaset Premium e Perform, anche l’International Bank of Qatar, intenzionata a mettere sul piatto 13 miliardi per i prossimi dieci campionati. Le offerte per l’asta (base 1.050 milioni) dovranno pervenire entro il 22 gennaio. A rendere più “sexy” la vigilia contribuisce il fatto che, in parallelo, Mediaset e Vivendi stanno procedendo a redigere la tribolata pace dopo un anno di conflitti attorno alla sorte di Premium. La grande intesa, benedetta dai 460 milioni che la Jv Telecom-Vivendi dovrebbe versare al Biscione in cambio di diritti, potrebbe essere il trampolino di lancio per l’offerta vincente sul calcio (per cui Vivendi/Telecom dovrebbe sborsare un altro centinaio di milioni) anche in chiave difensiva contro lo sbarco del Qatar nel calcio italiano, con un contratto di durata decennale (1,3 miliardi, una boccata d’ossigeno per i club più deboli). Anche la prospettiva della separazione della rete Telecom, rilanciata ieri dall’intervista del ministro Carlo Calenda, potrebbe favorire l’operazione: l’ex incumbent delle tlc sembra destinato a concentrare una parte sempre più rilevante dei suoi sforzi, verso i contenuti.

Ma trappole ed agguati, specie a due mesi dal voto, sono possibili, anche probabili, come dimostrano le proposte più o meno bizzarre sul canone e sul tetto alla pubblicità Rai. Insomma, lo spettacolo è assicurato, ma il finale è aperto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .

Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .