Telecom Italia? “No grazie”. Allora il Milan… “Ma io tifo Vicenza”. Paolo Scaroni, classe 1946, oggi banchiere in Rothschild dopo una lunga carriera di manager, ha smentito finora sul nascere le voci su un suo maggior coinvolgimento nelle iniziative italiane del Fondo Elliott, nonostante la fiducia di cui gode da parte di Paul Singer, il leader di uno dei più importanti fondi hedge activist del mondo, che amministra assets per oltre 35 miliardi di dollari, e del figlio Gordon, responsabile da Londra delle attività europee. Come è logico e comprensibile, visto l’incarico di vice presidente di Rothschild, che ricopre dal luglio 2014, forte tra l’altro dell’amicizia dello stesso barone David, conosciuto nel board di Abn Amro, Scaroni, che ai tempi della governance ha dedicato grande attenzione fin dagli anni Novanta come membro della commissione Cadbury alla City, non è certo tipo da sottovalutare il rischio di conflitti di interesse, data la posizione attuale.
Eppure, pare difficile che Singer, il finanziere che è riuscito a piegare l’Argentina, non intenda avvalersi del tesoro di esperienze accumulate dal manager italiano, in tanti anni di navigazione al vertice, sia nell’industria pubblica che nel Regno Unito. Uno che non esita ad esporsi, tanto da essere tra i primi a commentare a Bloomberg Tv l’esito delle elezioni del 4 marzo – “Non così malvagio come potrebbe sembrare” – anticipando nel tempo l’apertura poi assunta da altri protagonisti, da Sergio Marchionne alla Confindustria. Meno di sei ore dopo la pubblicazione della video-intervista, arriva lo scoop dell’agenzia Usa: “Elliott ha messo assieme una partecipazione in Telecom per sfidare Vivendi”. Non è stato difficile fare un collegamento: la fonte non poteva essere che lui, mister Scaroni, uno dei manager più apprezzati da Silvio Berlusconi, che lo volle alla guida di Eni, dopo l’ottima prova in Enel in cui riuscì a disinnescare la mina dei debiti accumulati con l’ingresso nelle tlc dalla gestione Tatò. Chi meglio di lui per colpire Vivendi in contropiede, formula di gioco da sempre indigesta ai francesi.
E’ andata così? Probabilmente sì, anche se mancano le prove di un collegamento esplicito tra l’iniziativa di Elliott in Telecom Italia. Certo, “l’unico modo per ringiovanire è cambiare”, come il manager disse al Financial Times al momento di entrare in Rothschild nel 2014, ennesima esperienza di una carriera iniziata dopo la laurea in Bocconi ed un master alla Columbia (dove ha studiato anche Alvise, uno dei tre figli avuto dalla moglie Francesca Zanconato) in McKinsey per poi proseguire a Parigi in Saint Gobain, in Techint (gruppo Rocca), a Londra (ceo di Pilkington), prima del rientro in Italia. Ma quale miglior elisir di giovinezza del calcio, la passione che accomuna Paul Singer (grande supporter dell’Arsenal) e Scaroni che da sempre affianca l’affetto per il suo Vicenza (di cui è stato presidente accarezzando l’idea, prematura, di una quotazione in Borsa) a quello per il Milan, sentimento a suo tempo, anno 2007, premiato da Silvio Berlusconi con la cessione di una minuscola partecipazione (12 azioni) nel club rossonero, oggi nelle mani della cordata cinese capitanata da Yonghong Li che ad ottobre dovrà però far fronte al debito (303 milioni di dollari che salgono a 350 milioni con gli interessi) acceso con Elliott.
Che accadrà se gli attuali proprietari dovranno alzare bandiera bianca? Dichiarazione (agosto 2017) dell’ad rossonero Marco Fassone: “Questo può portare al fatto che nel mese di ottobre del prossimo anno proprietario del Milan sarà il fondo Elliott”. In questo caso, Singer dovrà trovare una nuova sistemazione per il club, perché non è certo nel dna di Elliott (che opera per conto di più soci) il controllo delle società, tantomeno di un club di calcio. Ma sarà necessario disporre di un traghettatore, magari in grado di assemblare una nuova maggioranza all’altezza del compito, non solo sul piano finanziario. E qui Scaroni potrebbe rivelarsi il presidente più adatto anche perché “io e tutta la mia famiglia”, ha dichiarato, “siamo milanisti e lo abbiamo seguito sempre con affetto”.
Si vedrà. Per ora, a domanda il manager risponde: “C’è un unico proprietario, è presidente della società e non è in discussione in alcun modo il ruolo di presidente. Se mai dovesse porsi il problema non è il mio mestiere fare il presidente di una squadra di calcio. Tanto più che io sono tifoso del Vicenza”. Ma, visto che i veneti militano in serie C e il Milan aspira a tornare presto alle passate glorie (nonostante la batosta subita dall’Arsenal, caro al creditore), il conflitto di interesse in questo caso non esiste.
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