L’annuncio è arrivato nel giorno più propizio, una volta che Donald Trump, con l’ennesima capriola, ha convinto i mercati che la guerra dei dazi con la Cina può attendere. O forse proprio non ci sarà, come vivamente auspicato dal gruppo Agnelli, che ha tutto da perdere da tariffe elevate tra le due rive dell’Atlantico e/o con la Cina. Anche per questo la notizia dello spin-off di Magneti Marelli, pur già nota, ha messo le ali a Fiat Chrysler: il titolo, con un balzo superiore del 4,84%, è salito oltre i 18,46 euro riavvicinandosi al consenso di 21,10 euro di Bloomberg.
Entro la fine del 2018, massimo all’inizio del 2019 (ovvero quando, salvo sorprese, sarà iniziato il primo esercizio post-era Marchionne) le azioni di Magneti Marelli saranno assegnate pro-quota ai soci Fca, secondo le modalità già adottate a suo tempo per lo spin-off prima di Cnh, poi di Ferrari. Stavolta la scelta è stata complessa. In un primo momento, Magneti Marelli (43 mila dipendenti, fatturato di 8,23 miliardi di euro, al 28° posto nella classifica mondiale della componentistica auto) sembrava destinata ad essere ceduta a Samsung, anche per la lunga consuetudine di rapporti tra John Philip Elkann e Lee Jae Yong, membro del cda di Exor. Ma l’operazione è stata presto abbandonata. Un po’ per le vicissitudini giudiziarie del tycoon coreano (condannato a cinque anni di reclusione per corruzione, poi rilasciato pochi mesi fa), molto per la difficoltà di accordarsi sul prezzo. A Samsung, del resto, interessano solo poche parti della multinazionale italiana, in particolare le componenti con il focus su guida autonoma, connettività e mobilità ibrido/elettrica dell’azienda, che collabora con Waymo, la società di Google per la guida autonoma.
Sfumata la soluzione coreana si è pensato a un’Ipo, ma l’ipotesi è stata scartata perché i test tra gli operatori hanno convinto Marchionne che sarebbe stato molto difficile spuntare la valutazione (minimo 5 miliardi) che si riprometteva. Ma a convincere il manager a rinunciare all’operazione, che pure avrebbe accelerato l’obiettivo della riduzione (anzi, l’azzeramento) del debito di Fca, è stata la volontà di John Elkann, sempre più presente nelle scelte strategiche di Fca a mano a mano che si avvicina il congedo di Marchionne dal Lingotto e Auburn Mills per concentrarsi su Ferrari. Il presidente si è infatti dichiarato contrario a ridurre la presenza di Exor nel controllo di Magneti.
E così Magneti Marelli, nata nel 1919, s’accinge a celebrare il centenario facendo il suo esordio in Piazza Affari. Una matricola attempata ma che promette novità. La quotazione, infatti, consentirà a Magneti Marelli di dar vita ad alleanze anche azionarie in un settore in grande fermento, dove le varie aziende cercano di conquistare nicchie strategiche lungo il cammino verso l’auto del futuro, affrontando le varie tematiche dell’auto a guida autonoma. In questa chiave l’emancipazione da Fiat Chrysler può rivelarsi un’arma preziosa per crescere grazie a varie partnership. Non sono escluse nemmeno ulteriori scissioni, secondo la strategia di Delphi, che ha completato la scissione tra la controllata Technologies e Aptiv, specializzata nella guida autonoma. Ma sembra esclusa la vendita a pezzi: Fca ha declinato sia l’offerta di Bain Capital per il ramo illuminazione che quella di Tenneco per alcuni business del gruppo. E non hanno avuto miglior fortuna le avances di Brembo (non confermate da Alberto Bombassei) a capo di una cordata di azionisti italiani per una parte di Marelli, azienda che, secondo Elkann, può esprimere molto valore nel circuito di Piazza Affari, di nuovo il preferito di casa Agnelli.
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