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Benvenuti nel supermercato finanziario più grande d’Italia

Carlo Messina, direttore generale di Intesa Sanpaolo.

Complice una giornata difficile per i listini, di fronte al rischio delle ricadute dell’ennesima crisi siriana sull’andamento del rublo e dei titoli russi, l’accordo tra Banca Intesa e Poste Italiane non ha suscitato particolari reazioni in Piazza Affari. Eppure l’operazione commerciale, che andrà completata da una serie di accordi attuativi (non in via esclusiva) tra i due gruppi, promette di avere conseguenze rilevanti negli equilibri di casa nostra, a partire dalla distribuzione retail. Da una parte i quasi 13mila uffici che coprono la totalità del territorio italiano e servono oltre 1,5 milioni di clienti giornalieri (più 1,3 milioni che invece preferiscono usare le applicazioni per i loro servizi). Dall’altra 4.700 sportelli bancari  dai quali si potranno effettuare, grazie all’accordo, ricariche Postepay e pagamenti di bollettini.

In sintesi, Banca Intesa allarga in maniera significativa la sua area di partecipazione, sia sul fronte dei mutui e dei prestiti personali, sia dei prodotti di wealth & asset management gestiti da Eurizon Capital. La banca guidata da Carlo Messina aumenta così la sua penetrazione in nuovi segmenti di mercato, aggredendo una nuova fascia di clientela. Il caso ha voluto che l’accordo sia stato annunciato poco dopo il ribaltone in Deutsche Bank. L’istituto tedesco, dopo le disavventure patite sul fronte dell’investment banking, ha non a caso promosso a numero uno Christian Sewing, responsabile del retail a partire da Postbank, ovvero il Banco Poste d’oltre Reno, la carta per dimenticare le disavventure patite in Usa e nella City.

Intesa, che ha capito da tempo che nel futuro i profitti non arriveranno certo dall’attività commerciale (insidiata tra l’altro dal Fintech) o dall’attività di merchant banking, può così allargare la sua area di business in settori a basso rischio ad un costo contenuto, aumentando il presidio sul mercato del risparmio. In attesa di chiudere il vociferato accordo con BlackRock. Ma, nell’attesa di una valutazione più precisa dei risvolti economici dell’operazione, gli operatori si mantengono cauti. Nella valutazione del titolo pesano oggi di più i rischi geopolitici che non la prospettiva di acquisire nuovi clienti retail.

L’effetto dell’accordo è più sensibile per Poste Italiane, che potrà offrire ai clienti un’offerta più ampia di servizi e di prodotti finanziari in linea con la strategia annunciata dal piano industriale che ha un obiettivo di circa 6 miliardi di vendita al 2022 (da 2,6 miliardi del 2017) e 400 milioni di commissioni. La reputazione e la qualità garantita da Intesa servirà tra l’altro a far dimenticare alcuni infortuni patiti dalla clientela cui Poste ha rimediato di tasca propria. Piace agli analisti anche l’allargamento dell’attività ai servizi di pagamento, altra mossa coerente on il piano industriale. Ora la società guidata da Cosimo Del Fante può puntare ad un analogo salto di qualità sul fronte assicurativo: Poste si prepara infatti a varare una Rc Auto firmata da Poste. Magari assieme ad Unipol, se si riuscirà a superare lo scoglio dell’Antitrust.

Tutto bene? Forse no, secondo gli analisti di Fidentis. Secondo il broker le Poste sono andate troppo in là. Ben venga la prospettiva di aumentare l’importo delle commissioni grazie al collocamento dei prodotti Intesa, ma non grazie alla concorrenza suicida nei confronti di Anima holding, la vera vittima del contratto tra le due ammiraglie. Poste, che di recente ha sottoscritto l’aumento di capitale di Anima (in cui ha il 10%) ha in parte danneggiato sé stessa.

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