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“Tra meno di 100 anni non sarà più l’uomo a prendere le decisioni importanti”


Parla Jürgen Schmidhuber, il papà delle reti neuronali alla base di Siri e degli altri sistemi di riconoscimento vocale.

Jürgen Schmidhuber.

“Da 15enne avevo un sogno: costruire una macchina più intelligente di me e capace di apprendere in autonomia”. L’intelligenza artificiale, per il professor Jürgen Schmidhuber, oggi rappresenta più che una semplice suggestione giovanile. È allo stesso tempo scienza, filosofia e affari. Lo stesso business da cui si sente tagliato fuori, in una certa misura per mano di coloro a cui negli anni sono stati attribuiti i galloni di guru dell’intelligenza artificiale. Le cronache delle conferenze internazionali riportano le irruzioni di Schmidhuber, con le richieste di pubbliche scuse ai colleghi, accusati di aver preso in prestito o persino rubato le sue idee. Non a caso gli interventi del docente e ricercatore tedesco tendono a sottolineare con una certa tenacia la paternità dell’invenzione delle reti neuronali ricorrenti LSTM, alla base dell’evoluzione dei sistemi di riconoscimento vocale di Google, Facebook, Apple, Microsoft e Amazon. Schmidhuber riconduce sostanzialmente lo sviluppo dei sistemi linguistico-scientifici alla base degli assistenti virtuali delle aziende più capitalizzate al mondo, agli anni di ricerca nel laboratorio che dirige a Lugano. Dall’esperienza nelle aule del Dalle Molle Institute for Artificial Intelligence Research (IDSIA), è nata nel 2014 Nnaisense. La startup da cui il professor Schmidhuber e alcuni suoi ex studenti provano a valorizzare commercialmente intuizioni come le reti neuronali finite negli anni sui 4 miliardi di smartphone oggi in circolazione.

L’intelligenza artificiale è ormai entrata nelle nostre vite. Ne apprezziamo l’utilità, eppure la temiamo. Qual è la ragione di questo apparente paradosso?

È una giusta osservazione. Molte persone non immaginano che dietro le applicazioni di traduzione e riconoscimento vocale che usano, ci siano sistemi di auto-apprendimento come le reti neuronali LSTM basate sull’intelligenza artificiale. L’assenza di comprensione dei sistemi basati sull’intelligenza artificiale, si sposa purtroppo con la narrazione distopica diffusa dai film di fantascienza, in cui robot cattivi si scontrano contro uomini muscolosi pronti a salvare il mondo. Sceneggiature alquanto sciocche.

Le macchine acquisiranno davvero un livello di competenze superiore a quello dell’uomo?

Nei nostri laboratori ospitiamo da anni applicazioni di intelligenza artificiale capaci di porsi obiettivi in autonomia, liberandosi dalla schiavitù della programmazione dell’uomo. Nel futuro mi aspetto che vengano sviluppate migliaia di miliardi di intelligenze artificiali diverse tra loro, capaci di evolversi in autonomia e di ingaggiare sfide basate sulla creatività, sulla collaborazione e sull’istinto di sopravvivenza. Niente di diverso dall’evoluzione esponenziale vissuta dalla specie umana, anche se non credo che gli uomini riusciranno a tenere il passo della varietà di intelligenze artificiali sviluppate. Secondo alcuni esperti di coperture assicurative, i miei figli nati nel 2000 vivranno fino al 2100. Per una parte sostanziale della loro vita non saranno le persone a prendere le decisioni più importanti. Dobbiamo imparare a relativizzare progressivamente l’incidenza dell’umana specie sull’universo. Le intelligenze artificiali saranno artefici di un cambiamento epocale simile all’invenzione della vita che risale a 3,5 miliardi di anni fa.

Le macchine sembrano imparare suoni e parole attraverso l’addestramento, per processi simili a quelli osservati dalle strutture del cervello umano. Quali sono le reali capacità di auto-apprendimento in corso di sviluppo?

In un futuro non troppo lontano ci troveremo di fronte a robot che impareranno copiando i nostri movimenti, oppure ascoltando le nostre istruzioni. Quello che emerge dai nostri laboratori Nnaisense è che le reti neuronali impareranno a controllare robot caratterizzati da diversi gradi di libertà. Macchine che saranno in grado di assemblare uno smartphone osservando un uomo, libere dal controllo schiavistico a cui sono sottoposte oggi. Sarà come insegnare ad un bambino. Diverse professioni comunque tenderanno a scomparire.

I seguaci del Transumanesimo confidano nelle capacità dell’intelligenza artificiale per inseguire il sogno dell’eternità. Vivremo davvero per sempre?

La salute pubblica rappresenta il 10% della ricchezza prodotta globalmente. È naturale che l’intelligenza artificiale possa avere un ruolo nella corsa all’efficientamento delle strutture e alla cura di malattie complesse come il cancro. Già oggi l’intelligenza artificiale viene applicata allo studio di soluzioni che contribuiscono a migliorare la nostra salute. In realtà la domanda che dovremo porci sarà: vogliamo vivere davvero per sempre? 

L’intelligenza artificiale riveste un ruolo di primo piano negli investimenti delle società più capitalizzate al mondo. C’è il rischio di monopoli e concentrazioni che contribuiscano ad ostacolare la libera concorrenza e la ricerca accademica?

Non ho paura che si creino dei monopoli sull’intelligenza artificiale. Certamente le aziende più capitalizzate al mondo si concentrano in Cina e Stati Uniti, a Ovest e a Est del Pacifico. Ma queste multinazionali tecnologiche basano i loro ricavi essenzialmente sulla raccolta pubblicitaria, che rappresenta solo una piccola parte dell’economia mondiale. Scommetto perciò che l’Europa tornerà a giocare un ruolo di primo piano, come ha fatto nel 1623 con l’invenzione del primo calcolatore, nel 1804 con i primi prototipi di robot controllati a distanza, passando per il primo computer nel 1941 e le prime auto a guida autonoma negli anni Ottanta del Novecento.

Non c’è il pericolo che le università europee e i centri di ricerca perdano il contributo dei migliori esperti di intelligenza artificiale attratti dagli investimenti delle multinazionali tecnologiche? 

Nel 2011 in Silicon Valley vincemmo con il nostro team di ricerca IDSIA una competizione per robot, basata sullo sviluppo di un sistema di riconoscimento per immagini. Apple avvicinò uno dei miei ricercatori e lo assunse. Da allora i salari medi offerti agli esperti di intelligenza artificiale sono esplosi. La media è di un milione di dollari l’anno e le università non possono competere. Per questa ragione abbiamo fondato NNAISENSE, per favorire il trasferimento tecnologico dall’accademia al mercato. Inoltre sono anni che provo a spronare i politici europei a incentivare la crescita di dimensione delle startup. Scalare può aiutare a trattenere i cervelli.

Le serie storiche sull’occupazione suggeriscono che il numero di occupati globalmente è sempre aumentato nel corso degli anni. Cosa c’è di vero negli scenari che disegnano un futuro senza lavoro?

Sono convinto che l’uomo saprà reinventarsi, come ha sempre fatto. Oggi milioni di persone sono occupate nel settore terziario e in servizi che neanche esistevano quando la maggior parte della popolazione mondiale era impegnata nella produzione agricola. La Corea del Sud è la nazione più connessa al mondo e continuano a nascere nuovi lavori come il giocatore professionista di videogame e lo youtuber. Stati come Giappone, Germania e Svizzera riportano tassi di disoccupazione molto bassi, eppure sono i Paesi a più alta densità di robot. La mia previsione dagli anni ’80 è sempre la stessa: è piuttosto semplice capire quali lavori scompariranno, è più difficile prevedere quali nuovi lavori nasceranno.

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