Articolo apparso sul numero di novembre 2018 di Forbes Italia
“Stiamo crescendo troppo lentamente”. L’impellenza dell’imprenditore non riflette una rassegnata insoddisfazione, né la tipica frenesia giovanile. Forse, è l’amara consapevolezza della carenza di capitali in Italia rispetto ad altri Paesi, dove “startup come noi raccolgono fino a 10/20 volte di più. Eppure credo gli italiani non siano inferiori a nessuno”. Nel cuore dei Navigli di Milano, all’interno di un vecchio edificio signorile – con i soffitti alti e i busti di marmo all’ingresso – Edoardo Grattirola, valtellinese classe 1988 con la passione per il rugby, l’arrampicata, il nuoto e le arti marziali, parla con sicurezza e competenza. Insieme a Rocco Lomazzi ha fondato Sweetguest, una delle startup più dinamiche presenti nel panorama del settore immobiliare italiano, a volte recalcitrante alle innovazioni.
La giovanissima azienda, nata appena due anni fa, si è fatta strada nel mondo degli affitti brevi, che negli ultimi anni sono diventati uno dei trend più forti nel real estate, specie di alcune città: una vantaggiosa opportunità di business alla portata di molti. Del resto, le persone che decidono di mettere a reddito immobili di proprietà tramite portali come Airbnb sono sempre più numerose. “Con questo tipo di affitti si guadagna di più, ma è richiesto anche un notevole impegno”, dice Edoardo. Ed è proprio qui che entra in gioco Sweetguest, rendendo più “dolce” l’ospitalità. La startup infatti aiuta i proprietari degli immobili a massimizzare le potenzialità della casa che si vuole mettere in affitto, dando loro la possibilità di guadagnare di più, e sollevandoli dagli impegni e dai pensieri legati alla gestione della locazione, in totale semplicità, sicurezza e flessibilità: dalla creazione del profilo al listing della casa, dalle pulizie al servizio di lavanderia, dallo shooting fotografico degli spazi alla gestione del rapporto e delle comunicazioni con gli ospiti.
“All’epoca il mio socio Rocco si occupava di relocation degli immobili: il suo compito era trovare case per i manager di varie società che collaboravano con la compagnia per la quale lavorava. Quando un vicino di casa si trasferì per un breve periodo a Ibiza, gli ho detto: “Rocco trovami un manager per quella casa”. Lui si è servito di Airbnb, che in quel periodo stava iniziando a riscuotere grande successo. L’intera gestione di quell’immobile andò bene e così anche gli altri vicini di casa di Rocco si sono proposti di affidargli le loro proprietà. Ne discutemmo insieme e capimmo che poteva essere un business vincente”. Fu così che nel 2016 partì l’avventura: “Decidemmo subito di sviluppare il nostro servizio verticalmente su Airbnb e proporci come property manager digitale. Abbiamo quindi creato un software, Booking Booster, che interagisce con gli algoritmi di Airbnb, ottimizzando la visibilità degli annunci e premiando l’account dell’eventuale host che prendiamo in gestione. Scelte che sono state premiate viste che Airbnb stessa ci ha conferito il titolo di profesional co-host, un grande traguardo per noi dato che siamo tra i pochi in Europa a vantare questa partnership”.
“Abbiamo creato un software, Booking Booster, che interagisce con gli algoritmi di Airbnb, ottimizzando la visibilità degli annunci e premiando l’account degli host che prendiamo in gestione”
Il servizio – che costa il 20% del prezzo per notte, la più bassa fee sul mercato italiano, dal momento che la media si aggira intorno al 30% -, ha suscitato subito grande interesse. In soli due anni, a dispetto di quanto dice Edoardo, la startup ha raggiunto traguardi di tutto rispetto, incuriosendo non pochi investitori, che hanno cominciato a credere in questa realtà, e a finanziarla. Dopo un primo round di investimento da 700mila euro – nel quale Edoardo e Rocco hanno potuto contare anche sul fondo R204 Partners dei top manager italiani di Bain & Company – ad aprile scorso ne è stato chiuso un secondo da 1,5 milioni. Dalla sua nascita sono stati accolti oltre 60mila ospiti tra Milano, Firenze, Roma, Torino, Venezia, il Salento e la Liguria. Il tasso di occupazione medio degli immobili è dell’85% e i clienti Sweetguest hanno guadagnato 8,3 milioni di euro, fino al 100% di guadagno in più rispetto agli affitti tradizionali.
“L’anno scorso abbiamo chiuso con un milione di euro di fatturato e 3,2 milioni di transato, cioè di gross booking value generato per i proprietari. Quest’anno puntiamo a chiudere con un giro d’affari di 7 milioni e per il prossimo anno l’obiettivo è a quota 15 milioni. Stiamo inoltre lavorando a un terzo round di finanziamento più strutturato e consistente, che ci consentirà di fare il definitivo salto di qualità”. I capitali raccolti serviranno in un primo momento a consolidare le attività in Italia, soprattutto nelle città di Firenze, Venezia e Roma, dove l’intento è quello di raggiungere i volumi di Milano, e in un secondo momento a preparare l’espansione estera: “Il nostro obiettivo è quello di diventare profittevoli nel nostro Paese per poi andare all’estero. Stiamo considerando soprattutto i Paesi presenti nel bacino del Mediterraneo: Francia, Spagna e Portogallo. Pensiamo, inoltre, che ci sia bisogno di concentrazione sul mercato e stiamo quindi valutando possibili acquisizioni”.
E se, come si dice, la fame vien mangiando, le novità potrebbero non finire qui. “La nostra mission è quella di valorizzare il proprietario di case. Per questo quando raggiungeremo dimensioni e volumi soddisfacenti, potremo pensare a nuove partnership, per arricchire l’esperienza degli inquilini: per esempio, offrendo servizi di food delivery nelle case. Ma non vogliamo mettere troppa carne sul fuoco, al momento, perché rischiamo di distrarci e non seguire una crescita sostenibile”. Un passo alla volta. Ma è tutt’altro che una crescita lenta.
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