Che l’acquisto di capolavori della storia dell’arte possa costituire oltre che un investimento una grandiosa operazione di immagine, lo sanno in molti. E che l’imprenditore giapponese Yusaku Maezawa, ceo di una sorta di Zalando giapponese, lo scorso anno avesse comprato un’opera di Basquiat per il prezzo record di 110 milioni di dollari solo per finire su tutti i giornali del mondo, è ormai storia nota.
Che poi la parcellizzazione delle opere d’arte come investimento sia un’operazione possibile, lo sappiamo dallo scorso settembre quando Maecenas, start-up innovativa con base a Singapore ha messo in vendita un’opera di Warhol, frazionando l’acquisto in contratti da 5.000 dollari, portando a casa la vendita collettiva per più di 6 milioni di dollari. Quello che mancava ancora era il passo successivo: l’arte accoppiata ad operazioni di finanza creativa capace di creare guadagni per gli investitori.
Recente è la notizia che la Yulong Eco Materials, società cinese specializzata nel riciclo ecologico di materiali da costruzione, ha acquistato un’opera di Michelangelo Buonarroti per 75 milioni di dollari, trasformandola in un asset aziendale. Fin qui sembra una colossale operazione di immagine: il valore delle azioni di questa società, finita in un attimo sulle pagine dei giornali di tutto il mondo, ha avuto un exploit al Nasdaq proprio in scia alla notizia.
L’acquisto dell’opera del genio del Rinascimento italiano non è il primo caso di investimenti eccellenti: fa seguito all’acquisizione lo scorso ottobre da parte della stessa società del Millennium sapphire, uno zaffiro di 61,500 carati per il valore di 50 milioni di dollari. Alla base dell’operazione di acquisizione del Michelangelo si trova un’operazione di vera e propria finanzia creativa: l’acquisto dell’opera sarebbe infatti avvenuto attraverso l’emissione di azioni da 10 dollari l’una, per un totale di 7,5 milioni di azioni, che avrebbero reso l’opera una sorta di comproprietà per gli azionisti.
L’avvocato Giuseppe Calabi, senior partner dello studio CBM & Partners, recentemente nominato dal ministero dei Beni Culturali come esperto legale nel corso delle recenti modifiche della legge italiana sulla circolazione dei Beni Culturali, ha fornito a Forbes.it il proprio parere sulla liceità in Europa di questo tipo di operazioni basate sulla fractional ownership applicato alle opere d’arte: “Dal punto di vista legale ci sono delle differenze se l’opera viene considerata alla stregua di una mera comproprietà o se la vendita effettiva è solo relativa a certificati digitali che corrispondono a frazioni dell’opera. In ogni caso la legislazione europea, anche laddove si trattasse di fondi di investimento alternativi, è un contesto protettivo che tende a tutelare i risparmiatori. Gli stessi organi borsistici, come nel caso della Consob in l’Italia, opererebbero in funzione di controllo. Se azionisti italiani operassero in partecipazione di società straniere, la legislazione nazionale li tutelerebbe allo stesso modo anche in contesti internazionali”, chiarisce l’avvocato. “Altri temi sono poi relativi alla movimentazione delle opere, che nel caso del frazionamento di opere tramite i certificati potrebbe anche non avvenire”.
L’amministratore delegato della Yulong, Daniel McKinney, ha dichiarato che la società ha creato un nuovo ‘disruptive business model’, cosa che farebbe presupporre che a partire da questo primo esperimento la società potrebbe proseguire nelle operazioni di acquisto e di brokeraggio finanziario di opere – capolavoro. La Yulong ha anche dichiarato di voler organizzare un tour mondiale per mostrare il gioiello. Vedremo che cosa vorrà fare con il Michelangelo.
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