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Come tutte le forme espressive, anche il Reportage è linguaggio in transizione.
Tunisia
da Zarzis (confine libico)
1.
Mare
che vieni come morte e vita.
Minareti da intonacare, capretti
(come tappeti sporchi)
a gocciolare.
Ore turchesi, dinastie,
mosaico di cani
randagi attorno ai fuochi,
polizia in borghese seduta
nei caffè come mobilio.
Black Africa,
riso bianco tra le mani,
coriandoli di mosche snelle
e la menta esausta nel bicchiere
dimenticato.
da Zarzis (confine libico)

2.
Oltre il check-point
ma prima del cimitero (dei migranti)
c’è il dépôt.
Qui si compra l’alcool per l’imbrunire
bevuto tra uomini in mea culpa
su tavolini bassi,
coranici quasi,
e posaceneri marinareschi.
Fuori
giovani siriani accendono fuochi
e fan cerchio.
Dentro
invecchiano le madri:
sulle cerate di cucina
Parigi è una rivista
di polvere, una modella
bionda e triste,
come zenzero rovesciato.
da Tunisi (capitale)
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3.
Piove sulla città
come una recita d’autunno
a lungo preparata.
I boulevard
confinano sotto grondaie
baveri stazzonati.
Anche la città bianca
dei ricchi oggi veste grigio.
Dietro i cancelli
sono domestici intorno al tè
e giardinieri strisciano i piedi.
E’ lo stupore sorvegliato
per la domenica cristiana quasi
dei padroni:
controriforma e mocassini
sugli usci fradici.
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