Mentre cinquanta anni fa tutto il mondo volgeva gli occhi alla Luna per ammirare il primo uomo mettere piede sul nostro satellite, negli Stati Uniti, senza clamori, avveniva un evento d’importanza forse ancora maggiore: il collegamento dei primi quattro computer che avrebbero costituito la futura rete internet.
L’escalation per arrivare al web come lo conosciamo oggi fu veloce. Nel ’91 nascevano Oltreatlantico società come Netscape, il papà dei browser internet, e Yahoo, il più importante portale dell’epoca che conteneva anche le funzioni di un motore di ricerca. Pochi anni dopo, nel 1994, prima ancora di Google, ad Arezzo nasceva Aruba.
Si trattava all’epoca, quando ancora si chiamava Technet, di un’azienda molto diversa da quella attuale. Ma proprio la capacità di evolversi e adattarsi al veloce mutare del mercato e delle tecnologie è stata la cifra di questi 25 anni di storia dell’azienda aretina.
Oggi Aruba è la prima società in Italia per i servizi di data center, web hosting, e-mail, Pec (posta elettronica certificata) e registrazione domini: gestisce 2,6 milioni di domini, 8,6 milioni di caselle e-mail, 6,1 milioni di caselle Pec, 130mila server tra fisici e virtuali ed un totale di circa 5 milioni di clienti.
All’inizio però l’azienda si proponeva puramente di fornire accesso a internet ad altre imprese. “L’idea nacque perché noi stessi come azienda avevamo difficoltà a collegarci. Vivevamo in prima persona il digital divide”, racconta Stefano Cecconi, che oggi guida l’azienda di famiglia con il ruolo di amministratore delegato. Poi venne l’era dell’internet gratis per tutti. Una brutta sorpresa, almeno inizialmente. Perché l’accesso al web era diventato una cosa scontata. Emergeva invece la necessità da parte di privati e aziende di avere una presenza sulla rete.
Per quella che nel frattempo era diventata Aruba (un nome decisamente più breve e semplice) arriva così il momento del focus sul web hosting, ossia su quei servizi che consistono nell’allocare su un server le pagine web di un sito.
Da lì i Cecconi decidono di proseguire su più vie, sempre sulla strada dell’offerta di servizi di outsourcing alle aziende, fino ad arrivare al lancio del primo data center ad Arezzo.
“Il segreto”, spiega Cecconi “è stato quello di essere molto agili e di avere una capacità decisionale molto rapida. Questo ci ha permesso di affrontare le sfide del mercato, perché lavoriamo in un settore che nel giro di pochi anni può essere anche completamente trasformato, con servizi che nascono e altri che possono essere soppiantati dall’evoluzione tecnologica”.
Il tutto facilitato dall’assetto familiare del gruppo. “Siamo una società della new economy che ha avuto un approccio old economy. Non abbiamo cercato investitori esterni, ma semmai di reinvestire nella società. Non dobbiamo convincere della bontà di un progetto qualcun altro che non vive tutti i giorni il nostro settore. Il segreto di un’impresa familiare è la libertà di poter rischiare, la determinazione che si genera quando si lavora in proprio a tutti gli effetti e si rischia il patrimonio della famiglia stessa”.
Oggi Aruba è un’azienda che si muove con disinvoltura sui mercati internazionali. Ha una forte presenza europea, soprattutto nell’Est Europa, ed è riuscita a guadagnarsi uno spazio importante nientemeno che in Cina. Con l’apertura del mercato dei domini internet, è diventata “registro ufficiale” dell’estensione .cloud battendo realtà come Google e Amazon. Significa che chiunque voglia registrare un dominio di questo tipo nel mondo deve passare da Aruba.
Intanto ha dato vita a Ponte San Pietro, a pochi chilometri da Bergamo, a una vera e propria cittadella (su un’area di 200mila metri quadrati) sostenibile: il data center più grande d’Italia. Una struttura che nasce dal recupero di un impianto industriale preesistente dove l’energia elettrica è fornita dall’adiacente fiume Brembo, così come l’acqua di raffreddamento utilizzata nel data center, coperto anche da pannelli solari. “Il prossimo passo”, conclude Cecconi, “è aumentare gli investimenti in un contesto che quasi lo sconsiglierebbe”, per essere già pronti quando il mercato scoprirà nuove esigenze.
Ma il vero prossimo progetto di Cecconi è un altro: visitare Aruba, intesa questa volta come l’isola dei Caraibi da cui l’azienda ha preso il nome. “In tutti questi anni di lavoro”, rivela, “non ho mai trovato il tempo di andarci”. Può esserci una frase più intimamente legata a quella devozione al lavoro che ha fatto la fortuna di tante imprese familiari italiane?
In viaggio con l’enterprise
L’ultima nata in casa Aruba è la divisione Enterprise. Da dieci anni offre i propri servizi ad aziende nazionali e globali attive in numerosi settori e da febbraio 2019 ha acquisito la rilevanza di un brand dedicato ai progetti complessi in ambito data center, cloud e trust service per aziende e Pubblica amministrazione. In particolare, i servizi di cloud e data center aiutano le grandi aziende e le Pa ad aumentare l’affidabilità e la compliance dei propri sistemi It, riducendone al tempo stesso i costi. Tra i servizi principali si possono considerare la progettazione di intere infrastrutture – fisiche o in cloud – e la loro gestione, i servizi di disaster recovery, backup e business continuity.
Le soluzioni trust service sono, invece, dedicate alla dematerializzazione e certificazione dei processi, allo scopo di digitalizzare l’azienda. Tra questi, sono inclusi progetti relativi all’identità digitale, certificati Ssl, sistemi di strong authentication, firma elettronica o grafometrica, marcatura temporale, conservazione digitale a norma e, inoltre, servizi avanzati di Pec e fatturazione elettronica.
Oggi Aruba Enterprise racchiude e consolida l’esperienza in una divisione specializzata, in grado di studiare ed offrire soluzioni e competenze acquisite grazie anche a rapporti di partnership con altri player di primo piano.
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