di Sharon Whitehouse e Nicola Dolci (Studio legale Withers)
Nonostante i lunghi mesi di negoziati, riunioni e proposte avanzate dal Regno Unito in merito alla sua imminente fuoriuscita dall’Unione Europea, all’indomani della nuova bocciatura da parte del parlamento britannico di tutte quattro le opzioni di piano B già presentate mercoledì scorso (unione doganale, modello norvegese, referendum di conferma del withdrawal agreement e revoca dell’articolo 50), continua a perdurare un clima di incertezza circa il tenore dei futuri rapporti tra l’isola e il continente.
Gli eventi si stanno susseguendo con estrema rapidità e le istituzioni politiche d’oltremanica non riescono, nonostante i numerosi tentativi, a definire una linea di azione comune.
Brexit no-deal o Brexit deal? Verso una soluzione definitiva
Dopo il voto dell’altro ieri, lo spettro delle alternative ancora percorribili su come verrà gestita la Brexit sembra ormai essersi ridotto ad un secco DEAL o NO-DEAL, anche se non si può ancora escludere che le soluzioni alternative possano essere nuovamente rivotate già nei prossimi giorni in alternativa, o congiuntamente, ad un quarto voto sul withdrawal agreement (il fatto che si tratti di “indicative votes” lo rende ancora possibile).
Brexit: l’ultima chance per Theresa May
La partita è ora dunque in mano alla classe politica britannica. La prossima riunione del Consiglio Europeo, convocata da Donald Tusk per il 10 aprile, potrebbe essere l’ultima chance per Theresa May per proporre una soluzione credibile e scongiurare il materializzarsi di un’uscita senza accordo il prossimo 12 aprile, che ora appare sempre più vicina.
Brexit: possibili scenari futuri
Come noto, nel caso in cui venisse approvato il withdrawal agreement, lo scenario DEAL prevede che BREXIT sia innanzitutto posticipata al 22 maggio. Inizierà poi un periodo di transizione che durerà fino al 31 dicembre 2020 durante il quale tutto rimarrà invariato e si continuerà ad applicare la normativa europea, mentre Regno Unito e UE negozieranno i termini della loro futura ed ambiziosa cooperazione – ma le cui implicazioni pratiche risultano tuttora ancora incerte.
In caso invece di uno scenario NO-DEAL, il prossimo 13 aprile il Regno Unito cesserà immediatamente di essere membro dell’UE diventando uno stato terzo. Ciò significa che perderà la possibilità di poter commerciare liberamente con gli altri paesi dell’Unione e che le merci dirette o provenienti dal Regno Unito saranno sottoposte a dazi e controlli doganali. Le certificazioni ottenute per i prodotti oltremanica non avranno più valore all’interno dell’Unione e le merci britanniche potranno accedere al mercato unico solo se autorizzate e certificate dalle istituzioni europee competenti.
Nonostante gli sforzi del governo May affinché, anche in caso di NO-DEAL, nei prossimi mesi continui ad applicarsi sul suolo britannico la legislazione europea, la separazione dei due sistemi normativi è comunque destinata a realizzarsi nel breve-medio periodo. Tale diversità di leggi sarà tale da costringere la politica britannica a presentarsi compatta per poterne discutere le relative implicazioni con le rispettive controparti europee e definire il quadro delle loro future relazioni.
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