Da tempo in Europa si sta avviando uno sforzo coordinato per produrre in casa le batterie per le auto elettriche, in modo da far diminuire la dipendenza dalla Cina. L’idea è stata partorita per la prima volta 18 mesi fa da alcuni funzionari dell’Ue ed è stata annunciata al pubblico giovedì da Francia e Germania: il progetto si chiamerà Battery Airbus, perché l’obiettivo è replicare il modello della società aeronautica nata nel 1970 dalla fusione tra aziende francesi, tedesche, britanniche e spagnole e diventata il secondo maggior produttore di aerei al mondo, dietro la sola Boeing. L’investimento iniziale sarà tra i cinque e i sei miliardi di euro, che serviranno a sviluppare in autonomia una componente vitale per l’industria automobilistica, al momento sotto assedio da parte del gigante asiatico proprio mentre l’intero settore si sta rivoluzionando.
“Quest’alleanza avrà una importanza strategica per l’Europa. La renderà competitiva nei confronti di Stati Uniti e Cina”. Lo ha dichiarato a Reuters il ministro francese dell’economia, Bruno Le Maire, durante una conferenza stampa congiunta con il suo omologo tedesco Peter Altmaier e con Maros Sefcovic, vicepresidente della Commissione europea con delega all’energia. Secondo Le Maire, Francia e Germania avrebbero già chiesto e ottenuto dalla Commissione europea la garanzia di un sussidio statale fino a 1,2 milioni di euro per la creazione del consorzio. Almeno altri quattro miliardi arriveranno da altre 35 società private, tra cui il colosso PSA Group, la sua controllata tedesca Opel e Saft.
Una fabbrica pilota dovrebbe essere aperta nei prossimi mesi in Francia con circa 200 impiegati. Un impianto Opel a Kaiserslautern, nella Germania occidentale, punta e essere convertito invece in una fabbrica di celle per batterie. L’obiettivo per il 2023 è la creazione di due centri produttivi in Francia e in Germania per un totale di 1.500 posti di lavoro. L’obiettivo è proteggere quella occupazione a rischio per il passaggio dai motori a combustione ai veicoli elettrificati. “Il nostro obiettivo non è solo quello di soddisfare la domanda del settore automobilistico in Europa”, ha detto Altmaier. “Vogliamo esportare anche fuori dal Continente, per dimostrare che le batterie con l’etichetta Made in Europe sono una garanzia di qualità”. E ha aggiunto che i consorzi sono fatti da Stati, non da singoli Ministri o dalla Commissione.
Il mercato globale delle celle per batterie elettriche dovrebbe arrivare a valere 45 miliardi di euro entro il 2027. L’obiettivo dell’Unione Europea, secondo il ministro tedesco, dovrebbe essere quello di catturare una fetta di mercato del 30 per cento. Al momento il segmento è dominato dalla giapponese Panasonic, dalle sudcoreane Samsung e Lg e dalla cinese Contemporary Amperex Technology (Catl). L’Ue aveva già lanciato nel 2017 la European Battery Alliance, focalizzata sulla ricerca e lo sviluppo di batterie per auto elettriche, ma ad oggi il maggior programma di investimento è stato avviato dalla sola svedese Northvolt. L’obiettivo dell’Ue sembra dunque ambizioso: secondo una ricerca di Bcg, l’Europa non arriva all’1 per cento della produzione globale di celle agli ioni di litio, a fronte del 60 per cento della Cina, del 17 per cento del Giappone e del 15 per cento della Corea del Sud. La Germania, in particolare, deve trovare un modo per proteggere le sue aziende produttrici in una fase in cui i motori a combustione interna sembrano condannati all’estinzione.
Come se non bastassero questi numeri a mettere pressione all’Europa, l’anno scorso Catl ha annunciato il suo piano per l’apertura di una grande fabbrica nella Germania centrale. La richiesta di sussidi alla Commissione, ha spiegato Le Maire, “dimostra che l’Europa non è destinata a dipendere dalle importazioni da due super potenze quali Stati Uniti e Cina”. Il ministro ha poi aggiunto che il consorzio è aperto ad altri Paesi europei, e che l’Italia, il Belgio, la Polonia, l’Austria e la Finlandia hanno già espresso il loro interesse.
L’accelerazione nel settore auto elettriche arriva in un momento particolare: da un lato, si vanno concludendo gli anni del Dieselgate, vale a dire la scoperta della falsificazione delle emissioni di vetture munite di motore diesel vendute negli Stati Uniti; dall’altro, il sentimento pubblico e gli accordi di Parigi per il clima spingono verso la riduzione delle emissioni di gas serra. Secondo Sefcovic: “Se vogliamo avviare una produzione europea entro quattro o cinque anni il tempo stringe”.
Per altri contenuti iscriviti alla newsletter di Forbes.it CLICCANDO QUI .
Forbes.it è anche su WhatsApp: puoi iscriverti al canale CLICCANDO QUI .