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Come funziona e come è nata Libra, la criptovaluta targata Facebook

Di Paolo Bottazzini

Oggi Facebook ha presentato ufficialmente il progetto Libra, la criptovaluta che dovrà rendere “facile spedire denaro a qualcuno quanto mandargli una foto”, secondo quanto dichiarato da Mark Zuckerberg il 30 aprile scorso all’F8. In origine a Menlo Park si era pensato di sviluppare uno strumento che agevolasse i lavoratori indiani espatriati ad inviare soldi ai famigliari rimasti a casa: secondo la Banca Mondiale, infatti, l’economia dell’India è quella che beneficia più di ogni altra dei proventi da pagamenti di rimessa ($ 69 miliardi solo nel 2017, con un trend in crescita). Whatsapp doveva rappresentare il veicolo del pagamento per i 200 milioni di utenti registrati nella nazione che fu di Gandhi.

È bastata questa idea per accendere l’entusiasmo degli analisti: a marzo, Ross Sandler di Barclays stimava che questa operazione avrebbe permesso al fatturato di Facebook di crescere su una forbice tra $ 3 e 19 miliardi entro il 2021. Una previsione non brillante per precisione, ma in cui si può misurare il favore dei mercati finanziari per il progetto – soprattutto da quando è stato chiaro che Zuckerberg era intenzionato ad estendere il dominio del progetto: dai versamenti di rimessa degli indiani all’intero universo degli utenti del gruppo, che hanno superato il volume di 2,3 miliardi di persone.

In realtà la Libra è una criptovaluta solo sotto due aspetti: il ricorso alla piattaforma tecnologica di distribuzione e di utilizzo, l’indipendenza dal monopolio dello Stato sul conio della moneta e sulla sua governance. Il modello del Bitcoin non è quindi adatto per comprendere le caratteristiche del progetto di Facebook. La Libra infatti sarà amministrata da un soggetto istituzionale, e nascerà già integrata con i mercati finanziari, escludendo a priori esperienze di volatilità come quelle che hanno lasciato oscillare il prezzo del Bitcoin da $ 700 a 19.000 – per poi ripiombare a $ 3.000 dollari – nell’arco di un paio di anni, tra il 2017 e il 2018. Per spedire denaro in modo facile quanto inviare una foto, occorre che il valore di quello che viene trasmesso non corra su e giù per le montagne russe mentre i soldi sono in viaggio. L’obiettivo infatti è quello di permettere a chiunque di acquistare beni e servizi sulle piattaforme di ecommerce, o sulle app come Uber e Spotify, senza che l’equivalente di ciò che all’inizio della navigazione è il costo in Libre di un paio di jeans, si sia trasformato al momento di schiacciare il bottone di acquisto del carrello nel prezzo di un Rolex, o di un paio di calzini. L’euforia della speculazione sul Bitcoin non può essere replicata da una criptovaluta che deve permettere di gestire acquisti online – e in futuro anche offline – per gli abitanti di quasi tutto il pianeta.

Lo strumento per ottenere questo effetto è uno stablecoin, una moneta in grado di normalizzare i rapporti di cambio con tutte (o le principali) monete tradizionali in circolazione nel mondo. Facebook è già partita con una infrastruttura di accordi che deve assicurare la stabilità di cambio con 12 divise nazionali, tra cui naturalmente figurano il dollaro e l’euro. La governance della rete di relazioni, e della fissità del prezzo, è affidata ad una fondazione, formalmente autonoma rispetto a Menlo Park, con sede a Ginevra.

Facebook interpreta il ruolo di fondatore, ma i partner attuali sono già circa 30 (28 per dovere di cronaca), con altri 70 soggetti internazionali pronti ad entrare nel club. Tra i nomi eccellenti, sfilano quelli di Visa, Mastercard, PayPal, eBay, Coinbase, Vodafone (oltre a Uber e Spotify, già citati). Zuckerberg in questo modo ha trovato un espediente per risolvere due problemi: dirigere il focus dell’attenzione delle agenzie di regolamentazione finanziaria, e di antitrust, fuori dalle pareti dei suoi uffici in California; finanziare il progetto con i gettoni di ingresso dei nuovi soci, ognuno dei quali pesa con un contributo di $ 10 milioni. La disponibilità finale della fondazione deve raggiungere il miliardo di dollari, che saranno investiti nell’acquisto di quote delle monete con cui deve essere assicurata la stabilità di cambio, e di assicurazioni a basso rischio.

Nella trentina di partner iscritti nell’albo dei pionieri di Libra compare anche una società di nuova fondazione: è Calibra, che fornisce il portafoglio digitale cui gli utenti attingeranno i fondi spendibili nelle transazioni con la valuta di Facebook. Questa soluzione è uno degli asset che devono assicurare il successo del progetto: infatti l’intenzione di Zuckerberg è offrire il servizio di transazione monetaria senza costi di commissione. La mossa è destinata a colpire il modello di business delle agenzie di credito che in questo momento guadagnano una fee su ciascuna operazione di pagamento: le banche e i gestori delle carte di credito (come Visa e Mastercard, già più o meno forzosamente cooptati nella fondazione incaricata di gestire Libra).

Calibra è pensata per offrire uno strumento finanziario anche a coloro che non possiedono un conto corrente; ma è destinata a riscuotere il favore anche di chi ha già una collocazione nelle strutture tradizionali degli istituti bancari, grazie all’annullamento dei costi di gestione, e all’immediatezza di accesso e d’uso. Il veicolo dei pagamenti coinciderà con Whatsapp, e con la configurazione di dei meccanismi di relazione tra venditore e cliente che sono già iscritti nelle abitudini d’uso della rubrica e della chat. Facebook si fonda su uno schema di revenue che insiste sui dati, più che sulla tassazione delle singole transazioni: oltre a profilare i suoi due miliardi di utenti per le loro preferenze e il loro peso sociale nelle relazioni umane, la stablecoin permetterà a Zuckerberg di conoscere nel dettaglio anche la disponibilità di spesa, le preferenze di acquisto, la loro frequenza, i loro volumi. La dimensione planetaria della sua audience rappresenta, di per sé, un altro fattore di successo.

La Libra e la fondazione che la amministra offrono a Facebook l’opportunità di costruire un sistema economico stabile, parallelo a quello garantito dai monopoli statali, in potenza vasto quanto il mercato retail del pianeta (che, come è facile intuire, è il mercato più grande del mondo, con una dimensione pari a quasi 25 mila miliardi di dollari nel 2018, senza dover rendere conto sostanzialmente a nessuno delle decisioni finanziarie che assumerà.

La direzione del progetto è affidata a David Marcus, che a Menlo Park è il direttore di tutti i prodotti di messaggistica. Ma il suo curriculum rivela molto di più sul suo ruolo, rispetto alla posizione gerarchica in Facebook. Nel 1012 era presidente di PayPal; tra il dicembre 2017 e l’agosto 2018 è entrato nel consiglio di amministrazione di Coinbase, una delle più grandi piattaforme di gestione di criptovalute. L’uomo che conosce al meglio i meccanismi finanziari per competere con le banche e con le carte di credito, è l’alfiere di Zuckerberg nel progetto Libra: insieme all’abbattimento dei costi di commissione e alla dimensione della platea cui offrire la criptovaluta, è il terzo asset di garanzia per il successo dell’operazione.

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