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Strategia

I 10 consigli di Napoleone a manager e imprenditori

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Napoleone Bonaparte in un ritratto di Jacques-Louis David (Hulton Archive/Getty Images)

15 agosto 1769-15 agosto 2019: in occasione del 250esimo anniversario della nascita di Napoleone Bonaparte esce “Napoleon the Communicator: Thinking with the mind of the winner” di Roberto Race,  la versione inglese e aggiornata del “Napoleone il Comunicatore” edito da Egea, la casa editrice dell’Università Bocconi.

Napoleone Bonaparte è un personaggio così poliedrico da prestarsi a queste e altre interpretazioni. Una sua caratteristica, messa in luce dal giornalista e consulente in corporate e reputation strategy Roberto Race è l’impareggiabile capacità di dialogare con l’opinione pubblica. Una categoria concettuale che nasce proprio con lui.

Roberto Race, è un advisor per multinazionali e medie imprese e affianca in prima linea i Ceo e i board delle aziende. ed ha promosso The Ghost Team (www.theghostteam.com), il primo network internazionale di ghostwriter per imprenditori, manager, diplomatici, militari e politici, che oggi coinvolge più di quaranta professionisti nel mondo.

Il volume esce su Amazon, edito da ScriptaManent, sia nel formato cartaceo che Kindle ed è acquistabile nelle principali librerie internazionali. Tra le novità dell’edizione inglese la postfazione di Charles Bonaparte, ultimo erede di Napoleone e presidente della Federazione Europea delle città napoleoniche.

Abbiamo intervistato Race a cui abbiamo chiesto anche di strutturare una serie di consigli per gli imprenditori che vengono dalla lezione napoleonica.

ritratto di roberto race
Roberto Race (Imagoeconomica- Sara Minelli)

Race perché paragona Napoleone a un imprenditore?

Il Napoleone che racconto in questo volume fa pensare a quei leader che sanno motivare e coinvolgere i loro collaboratori rendendoli partecipi delle sfide, che dovranno affrontare assieme.

Quello che per Napoleone è il campo di battaglia per l’imprenditore e il manager sono la fabbrica e il mercato, dove solo chi sa cosa vuol dire essere in prima linea può dare gli ordini ed essere ascoltato.

Un identikit classico di quello che oggi consideriamo un imprenditore di successo.

Ma Napoleone è stato più un leader o un capo?

Proprio come tanti leader, Napoleone sa che conta più essere autorevole che autoritario.

Napoleone, a modo suo e con tutte le contraddizioni e ambiguità con cui finisce per essere al tempo stesso «dittatore» e alfiere del nuovo diritto partorito dalla rivoluzione francese, è anche portatore di alcuni valori di cui si lamenta spesso la carenza nell’attuale classe dirigente e politico-istituzionale europea.

Napoleone  sa bene che «non si può guidare un popolo senza indicargli un futuro».

Credo che oggi la rilettura di Napoleone sotto questi termini possa favorire la riscoperta di aspetti della sua figura di una modernità impressionante.

Napoleone era un leader moderno quindi…

Anticipare e guidare i tempi è prerogativa del grande manager. Nel caso di specie, parliamo dell’invenzione del brand, del marchio al servizio di un’idea. Icone che spesso erano funzionali ad accrescere il culto della personalità.

Ma facciamo attenzione, su questo punto! La cura di sé, attestata sotto diversi profili dalla capacità di auto promozionarsi di Napoleone, non serviva a segnare distanze incolmabili. Napoleone, più che un dio, voleva essere un supereroe, impegnato continuamente a coinvolgere e a motivare i suoi collaboratori.

Era un motivatore…

Prima di lui, l’esercito era solo carne da macello. Con lui, nei fatti, purtroppo, restò tale, ma nobilitata da prestigio e onori, dall’introduzione della meritocrazia e da qualche prebenda, da promozioni sul campo guadagnate anche da chi non poteva vantare natali illustri, e a volte nemmeno confessabili. Napoleone dialogava concretamente con i suoi soldati. Con i riconoscimenti, come in senso letterale. La sua passeggiata in mezzo alle truppe prima del trionfo di Austerlitz, l’assicurazione che in caso di difficoltà l’avrebbero visto in prima fila a combattere, si tradusse in un messaggio semplice ma carismatico: “Ricordate che sarò sempre uno di voi”.

Una caratteristica d Napoleone di cui dovrebbero far tesoro i manager…

Come statista, Napoleone offre un esempio eclatante di quanto rilevi la vision, che si tratti di un Paese o di un gruppo aziendale (e di chi è chiamato a guidarlo). Da Primo Console, elaborò un piano, poi portato a buon fine, per il risanamento finanziario in cinque anni dei trentaseimila comuni francesi. Definì poi un obiettivo a dieci anni, entro i quali tutti i comuni avrebbero dovuto portarsi in attivo. Utilizzò indicatori puntuali per controllare gli step.

Se un manager non sempre può ‘creare’ la vision, deve tuttavia comprenderla e articolarla: l’unico modo per poterla comunicare a collaboratori e stakeholder e renderla così attuabile.

E quali sono i consigli per la quotidianità dell’imprenditore?

L’imprenditore, come il manager, deve dunque accomunare alla capacità prospettica la cura del dettaglio, se essenziale per il perseguimento delle sue strategie e la messa in atto dei suoi programmi. La tipica giornata di Napoleone, fatta di lettura della posta, valutazioni dei problemi, sessioni di verifica, esame di appunti e rapporti, decisioni su quali azioni compiere, non è dissimile da quella di un moderno manager e rappresenta un buon modello da seguire.

Prima di ogni battaglia, Napoleone analizzava il terreno, si documentava sugli scontri avvenuti nella stessa area o con gli stessi generali in passato, esaminava ogni possibile rischio, svantaggio o pericolo.

Pianificava, ma aveva coscienza anche della necessità di riprogettare continuamente le proprie attività, nel governare l’impero come nelle campagne di guerra

L’informazione puntuale, del resto, favorisce la flessibilità, altra arma vincente dell’impresa moderna. Napoleone sosteneva che non vi sono regole semplici e infallibili. Ogni cosa dipende dai piani del generale di turno, dalla condizione in cui si trovano le sue truppe, dalla stagione in cui si combatte e da migliaia di altre circostanze. Considerazioni valide per il campo di battaglia, ma tenute in considerazione anche nella gestione delle sue relazioni istituzionali.

Perché Napoleone è stato un grande comunicatore?

Altro insegnamento del Corso, di incredibile preveggenza, sta nell’importanza della comunicazione in tempo reale e della connessione tra le truppe della Grande Armée. La campagna di Ulm fu vinta da Napoleone grazie anche alla comunicazione frequente e sistematica, che teneva costantemente informati i comandanti di tutti i corpi, con Bonaparte che chiedeva di ora in ora dispacci aggiornati ai suoi sottoposti.

Ma non fu solo un successo di comunicazione. Proprio ad Ulm, Napoleone diede dimostrazione di quanto strategica sia la velocità di esecuzione, altro must delle imprese del nuovo millennio, alle prese con la rivoluzione 4.0 e la conseguente necessità di adeguarsi rapidamente ai cambiamenti di scenario indotti da un’evoluzione tecnologica che, con l’intelligenza artificiale, tende a trasformarsi in antropologica. Durante la campagna di Ulm, la Grande Armée marciò a tappe forzate per circa 24 km al giorno, raggiungendo il Reno in meno di sei settimane. Per ridurre le resistenze, Napoleone negoziò accordi con importanti stakeholder come la Baviera e la Prussia, assicurandosi che sarebbero stati partner e non ostacoli. Pragmatismo e rapidità si coniugavano con la coscienza dell’importanza di attrezzature (oggi leggasi: tecnologie) all’altezza dei tempi. Napoleone, al contrario di suoi precursori e contemporanei, si assicurava che le sue truppe si trovassero nelle condizioni migliori: indumenti, equipaggiamento, addestramento.

Napoleone quindi è un modello ancora attuale…

C’è tanto da imparare ancora oggi, dunque, dall’Imperatore. Perfino il modo in cui, sconfitto, contribuì alla sua glorificazione postuma, dettando le Memorie a Las Cases. D’altra parte, se la sua eredità non fosse così attuale, non si spiegherebbe la persistente diffusione del mito napoleonico in tutto il mondo, dai plastici che ripercorrono Waterloo all’oggettistica multiforme che continua a eternarlo. Un lascito che può insegnare qualcosa anche a chi guida i moderni eserciti dell’innovazione.

 

I 10 consigli di #Napoleoneilcomunicatore agli imprenditori 

  • “Gli uomini vanno governati come la maggioranza vuole”. All’epoca non c’erano sondaggi, ma #NapoleoneilComunicatore scopre l’importanza dell’opinione pubblica. Per chi fa impresa il target di riferimento, con cui confrontarsi, è il mercato.
  • “La buona politica consiste nel far credere ai popoli che sono liberi”. Il Nostro è un precursore degli spin doctor, la manipolazione dell’informazione con lui diventa arte. Basta leggere i Bollettini stilati durante il ritorno dalla disfatta russa per capire come occultava le cattive notizie. L’immagine per un’azienda conta almeno quanto la qualità dei beni messi in vendita.
  • “Viva l’imperatore”. Lo gridano i soldati prima della battaglia di Austerlitz. Per motivarli, Bonaparte passeggia tra le truppe e spiega in che modo farà scattare la trappola in cui cadranno inevitabilmente i russi e i loro alleati. E’ vestito come i suoi soldati, sembra dir loro “sono uno di voi”. E’ la condivisione degli obiettivi che fa spesso di un capo azienda un dirigente di successo. Comunicare ‘alla pari’ per dimostrare magari la propria superiore competenza: nel caso di #NapoleoneilComunicatore, esaltare il genio carismatico, che ne fa un leader amato dalla sua grande armata.
  • “La perdita di tempo è irreparabile in guerra”. Per evitare qualsiasi lungaggine, Bonaparte pone in atto un sistema di comunicazione tra i corpi d’armata basato sulla velocità dei messaggi e sulla rapidità degli spostamenti.
  • Il possesso tempestivo delle informazioni ‘sensibili’ è determinante per le aziende moderne. Così come il saper lanciare al momento giusto un prodotto, monitorare internet, le agenzie di informazione e i social network per replicare a critiche in tempo reale, ecc. ecc.
  • “Dall’alto di queste piramidi…”. Il discorso del capo prima di una celebre vittoriosa battaglia della sua campagna in Egitto è pieno di un’enfasi che va ben al di là dello scontro bellico. Il richiamo all’arte, alla cultura, alla storia si sposa con la grandeur francese ma anche con la volontà di apparentare conquista e prestigio, obiettivi militari e traguardi scientifici. Comunicare è anche questo, come sanno gli imprenditori, che attraverso sponsorizzazioni e altre iniziative di impegno sociale hanno accresciuto lustro, notorietà e profitti per le loro aziende.
  • “Se Gesù Cristo non fosse morto in croce non sarebbe Dio”. Si può perdere una battaglia ma vincere la guerra? A modo suo, #NapoleoneilComunicatore lo ha fatto anche dopo Waterloo, eternando nel Memoriale di Sant’Elena curato da Las Casas la figura di un martire della libertà, un campione dei popoli oppressi che sarà riscattato dalle giovani generazioni future. L’operazione comunicativa riesce, il Memoriale diventa un best seller ante litteram. Gestire la comunicazione nei punti critici di un’azienda è fondamentale per superare il guado e salvaguardarne l’immagine, riducendo le perdite di quote di mercato e gettando così le fondamenta per il rilancio.
  • Russia e America. La preveggenza del Nostro aveva del fantastico. Sempre nel Memoriale, #NapoleoneilComunicatore profetizza il prossimo avvento sulla scena mondiale di due grandi dominatori. Ma al di là di questo esempio di interpretazione messianica di scenari lontani da venire, nel Bonaparte la comunicazione fa un balzo in avanti per l’ampiezza dei territori cui si rivolge. #NapoleoneilComunicatore è il primo leader storico che comunica su scala globale. Visione globale dalla quale non possono prescindere le nostre imprese. La sua attenzione è a sfruttare ogni occasione per celebrare il racconto di sé, del suo personaggio sempre vincente, verso un pubblico, non solo amico, ma rappresentato da tutti i popoli del mondo che contava ai suoi fini e per la sua epoca. Quello che oggi è pane quotidiano per migliaia e migliaia di aziende, per lui era l’ennesima occasione di dimostrare d’essere in anticipo sui tempi.
  • Ascoltare il proprio intuito. L’intuito, cioè l’asso nella manica nei momenti in cui è necessaria una valutazione fulminea e globale di una situazione di emergenza. E’ un processo di analisi velocissimo dei singoli elementi di un problema, un processo che si svolge in modo che definiremmo inconscio e proietta alla superficie la soluzione. Se ora analizziamo gli identikit dei condottieri che hanno dominato i campi di battaglia e li confrontiamo con quelli dei manager delle imprese moderne (partendo pure dall’epoca della rivoluzione industriale) vediamo che i profili, nell’assoluta maggioranza dei casi, si sovrappongono alla perfezione.
  • Legion d’onore. #NapoleoneilComunicatore non si limita a sostituire il merito alla carriera fatta per ascendenze dinastiche. Con lui la borghesia trova finalmente risposte definitive ad alcune conquiste della Rivoluzione, anche sotto il profilo simbolico, La legion d’onore consacra questa svolta: è la prima onorificenza finalizzata a premiare i nuovi attori protagonisti della scena sociale. Un po’ come le medaglie o le targhe con cui le aziende avallano performance o anniversari particolari dei propri dipendenti.
  • Premi al merito. Non solo legion d’onore e nemmeno solo denaro. La meritocrazia formato napoleonico si sostiene anche con avanzamenti di carriera, discorsi di ringraziamento, riconoscimenti pubblici sul campo di battaglia, per dimostrare quanta importanza il Capo dia al valore dimostrato dai propri collaboratori. Un mix di superminimo e pacca sulla spalla.

 

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