Un giorno chiesero a Paul Volcker, economista, alto dirigente del Tesoro americano sotto la presidenza di John Fitzgerald Kennedy, Lyndon Johnson e Richard Nixon, banchiere centrale, governatore (dal 1979 al 1987) della Federal Reserve – la banca centrale statunitense, quale fosse l’ultima innovazione interessante nel mondo della finanza. L’imponente Volcker, alto 2,01 metri, rispose sorridendo: il “bancomat”. Come dire, la marea di derivati che ha finanziarizzato il capitalismo mondiale ha raggiunto livelli eccessivi.
Ieri Volcker è morto a New York all’età di 92 anni, dopo una vita all’insegna della determinazione inusitata e dell’integrità morale. Il New York Times ha scritto: “Volcker ha contribuito a modellare la politica economica americana negli ultimi sessant’anni. Ha lottato per preservare il sistema finanziario internazionale costruito a Bretton Woods nel 1944”. Ogni banchiere centrale vive i suoi tempi, il contesto è decisivo. E gli anni Ottanta videro un’inflazione galoppante, anche a causa degli shock petroliferi. Nel 1979 (dopo 5 anni come presidente della Fed di New York), nominato da Jimmy Carter, il “falco” Volcker prese le redini della politica monetaria della Fed ed iniziò subito una battaglia campale (osteggiato da economisti e politici, che inveirono in vista della crescita della disoccupazione che raggiunse il 10%) contro l’inflazione, vista giustamente come un nemico, che distrugge i risparmi e le classi più indifese contro l’erosione di valore della moneta. Il board della Fed alzò ripetutamente i tassi di interessi, il prime rate raggiunse il 21,5%, livelli che oggi sembrano impossibili, vista l’attuale assenza di inflazione. L’inflazione passò dal 14,8% del 1980 al 3,2% del 1983. Durante il secondo mandato – confermato da Ronald Reagan nel 1983, per poi essere sostituito a causa delle critiche alla politica dei “twin deficit” nel 1987 da Alan Greenspan – Volcker restrinse la possibilità delle banche commerciali di intraprendere attività troppo rischiose.
Una volta terminato il doppio mandato, ogni qualvolta ci fosse bisogno di una persona competente – laureato a Princeton, master ad Harvard -, poco avvezzo ai compromessi, veniva chiamato a salvare la baracca. Negli Stati Uniti, beati loro, “uno NON vale uno”. Volcker soleva dire: “Good policy is dependent on good management”.
E’ successo più volte. Infatti nel 1996 fu nominato presidente del Comitato per la restituzione dei beni sottratti agli ebrei durante il decennio hitleriano. Le banche svizzere nicchiarono per un bel po’, poi cedettero e firmarono un accordo per oltre un miliardo di dollari. Così raccontò il sito swiss.info: “Nel maggio 1996, l’Associazione svizzera dei banchieri e diverse organizzazioni ebraiche creano una commissione paritetica composta di persone eminenti e guidata dall’ex presidente della Federal Reserve, Paul Volcker, tanto sobrio e frugale, quanto duro nelle negoziazioni. Essa era incaricata di effettuare verifiche indipendenti, al fine di identificare i conti bancari svizzeri in giacenza”.
Senza la pressione della lobby ebraica negli States, senza la credibilità di Volcker, senza un movimento d’opinione a favore della restituzione, Maria Altmann – sopravvissuta all’Olocausto e proprietaria del dipinto di Gustav Klimt “Ritratto di Adele Bloch-Bauer I” (dipinto nel 1907), confiscato dai nazisti a Vienna poco prima della seconda guerra mondiale – non avrebbe potuto vincere la sua sacrosanta battaglia.
Ancora. Dopo la crisi finanziaria, Volcker fu chiamato da Barack Obama chairman del “Recovery Advisory Board” dal 2009 al 2011. Nel suo ruolo, Volcker diede un grande contributo alla riforma “Dodd-Frank Act” e il “Consumer Protection Act”, introducendo la cosiddetta “Volcker Rule”, ossia limitare le attività di trading con il patrimonio della banca, alias proprietary trading.
Durante il suo mandato appena concluso alla Banca centrale europea, Mario Draghi ha cercato in tutti i modi di far risalire l’inflazione, ben al di sotto del 2 per cento, livello obiettivo della stabilità monetaria. Così come Volcker riuscì a sconfiggere l’inflazione da beni e servizi (consumer price index, CPI), così oggi ci vorrebbe un banchiere centrale disposto a ridurre l’asset inflation, la crescita dei prezzi delle azioni che crea eccessive disuguaglianze e fomenta il populismo. Un nuovo Volcker – che non si intravede all’orizzonte – in grado di ridurre “l’asset inflation” aiuterebbe a ridurre le disuguaglianze e indebolirebbe i populismi, creando le condizioni per un futuro migliore, inclusivo e non elitario. Un bravo central banker dovrebbe contribuire alla costruzione di una società armonica. Il sempiterno governatore della Banca d’Italia Paolo Baffi rimarcò più volte l’importanza della “civile convivenza”.
Le persone sono in grado di cambiare gli eventi. La forza delle idee genera credibilità e autorevolezza. Quando si ricordano autentici fuoriclasse, ringraziamo coloro che hanno avuto il coraggio di prendersi la responsabilità di decidere, quando intorno a loro i dubbi e le titubanze erano dominanti. Se oggi le banche centrali di tutto il mondo hanno raggiunto una forte indipendenza dal potere politico, lo dobbiamo anche a Paul Volcker.
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