Articolo tratto dal numero di giugno di Forbes Italia
Il phygital è il luogo dell’incontro tra spazio fisico e ambiente digitale. Una contaminazione che genera sinergie tra spazio, uomo e macchina”. Accanto all’onlife – fortunata crasi del filosofo Luciano Floridi, coniata per definire le nostre esistenze sospese tra rete virtuale e vita reale – Stefano Bossi apprezza un’ulteriore differenza nell’ibridazione delle esperienze in cui siamo immersi. “La sfida per l’uomo, che si trova al centro, è quella di riuscire a sfruttare le intelligenze collaborative generate dall’intelligenza artificiale. Parliamo però di una tecnologia duale, che può essere usata sia a fini benefici che malevoli”, dice a Forbes Italia l’amministratore delegato di Vem Sistemi.
È la sfida del secolo: orientare le straordinarie potenzialità delle nuove tecnologie, tutte, affinché non finiscano per nuocere all’uomo. Come si comporteranno gli algoritmi automatizzati di fronte all’assunzione di decisioni critiche? Il dilemma del carrello ferroviario, esperimento di filosofia etica formulato nel 1967 dalla filosofa inglese Philippa Ruth Foot, mezzo secolo più tardi resta un enigma ancora d’attualità, legato indissolubilmente allo sviluppo dell’intelligenza artificiale che condurrà le auto a guida autonoma. Un treno in corsa e due binari di fronte a sé. Sul primo, quello sulla direzione di marcia, cinque persone legate alle rotaie. Sul secondo, un solo individuo nelle medesime condizioni di costrizione. Al di qua della linea gialla, in sicurezza, qualcuno in grado di deviare il treno in corsa con una leva. Impossibile frenarne l’andatura, ma solo indirizzarne il senso di marcia, in una direzione o nell’altra. Azionando la leva del cambio sacrificherebbe una sola vita, salvandone cinque. Non assumendosi la responsabilità del cambio di marcia, invece, lascerebbe morire cinque persone. Come dovrà comportarsi l’algoritmo incaricato di assumersi la responsabilità della guida, in sostituzione del guidatore in carne e ossa? Di fronte a un bivio logico come quello del dilemma del carrello, dovrà salvare un bambino, o sacrificare la vita di un anziano? Finirà fuori strada mettendo a repentaglio la vita di tre adulti a bordo, o inchioderà finendo in ogni caso per colpire i due adolescenti che attraversano la strada nonostante il semaforo rosso? E in ultima analisi come saranno ripartite le responsabilità civili e penali di un eventuale incidente mortale?
“Un altro esempio”, riflette ancora Bossi, “è l’uso dell’intelligenza artificiale da parte dell’industria del cybercrime. La società di consulenza Gartner stima che entro il 2022 il 30% degli attacchi informatici faranno leva su motori di intelligenza artificiale. Su questo tema Vem Sistemi ha investito molto in questi anni, fondando una startup, Certego, oggi diventata scaleup, che si occupa proprio di contrasto al cybercrime, nostro punto di forza”. Fondata a Forlì nel 1986, Vem Sistemi ha sedi dislocate a Milano, Modena, Padova, Roma e Senigallia. La società negli ultimi cinque anni ha quasi raddoppiato il fatturato, passando dai 28 milioni di euro del 2014 ai 58 milioni del 2019 e oggi conta 250 dipendenti con età media bassissima, sui 37 anni. Oltre 800 i clienti, con un particolare focus sulla media impresa ma non solo (Amadori, BPER, Tetra Pak) e 18 partner tra cui Cisco, Check Point, NetApp, Fortinet, Schneider Electric, Citrix, Panduit e Trend Micro.
Tra gli Ict player italiani più innovativi, Vem offre servizi di integrazione delle tecnologie di connessione, con una visione olistica che va dall’internet of things alla mobility, ai data center, passando per l’automazione degli edifici. Tra i core business principali resta però la cybersecurity. Certego, fondata da Vem nel maggio 2013, è infatti una scaleup specializzata nei servizi di threat intelligence e di contrasto ai crimini informatici. Nel 2015 e ancora nel 2017, è stata citata da Gartner come esempio di regional player di servizi di threat intelligence per industria e pubblica amministrazione. Nel 2018, invece, la controllata ha ottenuto da Tüv Süd la più importante certificazione sul sistema di gestione per la sicurezza delle informazioni.
Un ruolo fondamentale, quello della prevenzione dai crimini informatici, ancor più nel periodo storico in cui viviamo, caratterizzato da una pandemia globale che ha imposto una digitalizzazione forzata di molti servizi.
Applicazioni come WebEx, il sistema collaborative di videocall business di Cisco, ha visto triplicare le sue statistiche d’utilizzo, passando per esempio dai 153 milioni di utilizzatori di gennaio ai 500 milioni di aprile, e arrivando a gestire in un solo giorno anche 5 milioni di meeting.
“La pandemia ha imposto la digitalizzazione forzata a chi questi servizi non li aveva ancora digitalizzati e a privilegiare dove possibile il passaggio al cloud. Dal nostro osservatorio, abbiamo rilevato che, tra le aziende nostre clienti, un buon 60% ha dovuto solo rendere più pervasiva l’adozione degli strumenti digitali. Mentre solo un 20% delle aziende si è trovata effettivamente a dover ripensare e costruire un’infrastruttura abilitante da zero”.
Del resto, in tempi di emergenza sanitaria e distanziamento sociale, gli italiani hanno sperimentato in massa lo smart working, ormai un diritto per i lavoratori del privato con figli under 14 fino al 31 luglio 2020, secondo il decreto legge Rilancio. Un cambiamento che potrebbe coinvolgere dai sei agli otto milioni di lavoratori tra settore pubblico e privato. “Ci troveremo di fronte a una società ridisegnata, a fronte del ripensamento di comportamenti sociali e relazioni: un cambio culturale che inevitabilmente investirà tutte le generazioni. Abbiamo già a disposizione tutte le tecnologie per trasformare digitalmente i processi di business, e ci aspettiamo che chi investirà nella trasformazione digitale, potrà abilitare un vero smart working e garantire un migliore work-life balance alle persone e una riduzione di costi e inquinamento per le aziende”.
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