di Giuliana Gagliardi
Un artista che non si ferma mai: pensa, sperimenta materiali nuovi utilizzabili in forme diverse. Passa dalla pittura, alla scultura e al design d’interni, alla gioielleria e all’architettura con un linguaggio universalmente riconoscibile da chi sa osservare attentamente ciò che sta oltre la materia. Questo eclettico artista è Giovanni Maria Malerba di Busca, appartenente a una delle famiglie lombarde di antica nobiltà. Ma, dice lui: “A parlare non è il nome, ma ciò che trasmetto con il mio lavoro che per me è tutto”. Il suo biglietto da visita a cui tiene di più sono, infatti, le sue opere: mobili, dipinti, statue, installazioni create con materiali pregiati e oggi esposte nelle gallerie di tutto il mondo. Gelosissimo della sua privacy e – soprattutto – del suo atelier ci gratifica di un invito inaspettato nella sua splendida villa di Desenzano del Garda, una vera e propria fabbrica della creatività in cui anima e pensiero si fondono per rispondere a una sollecitazione interiore e dare vita a una produzione d’arte al di fuori di qualsiasi classificazione.
La sua voglia di essere artista ha radici lontane. Figlio di padre lombardo e madre svizzera, cresce in un contesto familiare privilegiato con amicizie e frequentazioni esclusive. La madre è amica intima di una Bowes Lyon, parente della regina madre d’Inghilterra e molti artisti sono spesso ospiti di Casa Malerba. Fin da bambino dipinge piccoli e grandi quadri, a olio e acquerello. La sua abilità – insolita per un bambino – attira l’attenzione di critici come Oreste Marini e Gustavo Predaval. Passano gli anni e afferma: “Mi rendevo sempre più conto che l’arte era la parte più importante della mia di vita, una cosa che era nata con me”. Il bambino diventa uno splendido ragazzo, gelosamente osservato e seguito da una madre affettuosa ma rigorosa. Il suo interesse si rivolge alla scultura quando è ancora studente alla scuola d’arte. Si trasferisce a Parigi e lavora nello studio di Emile Giglioli artista-scultore italo francese già affermato a livello internazionale. Dopo il liceo artistico, in cui si distingue come studente attentissimo, frequenta l’Università IUAV di Venezia dove studia architettura. Questo periodo segna una nuova fase della sua vita: conseguirà anche il dottorato in architettura al Politecnico di Milano. Titolo che gli permetterà di affermarsi come designer e progettista d’interni per lavori di aziende in Italia e all’estero.
Giò di Busca si impone su mercati impegnativi come gli USA, dove acquisisce clienti del calibro di Michael Jackson, Sylvester Stallone, Gianni Versace. La sua residenza-studio di Desenzano ci spalanca uno scenario che potrebbe fare da sfondo ai romanzi di Dinah Jeffries o Barbara Cartland. Curatissima in ogni particolare, la proprietà si affaccia sulle rive del lago di Garda con una spiaggia privata a cui si accede dal vasto parco. Un motoscafo – modello Riva – trova posto nell’apposita rimessa con binario predisposto per la discesa in acqua. “Qui, ogni mattina – ci dice il padrone di casa – do da mangiare alle anatre e ai miei animali che abitano nel parco”. Momenti di rilassatezza che si intervallano all’intenso lavoro nello studio. Allestito in una snella costruzione in cemento e cristallo, luminosa e seminascosta da piante ricche di fiori e frutti al centro del parco, questo studio è un vero e proprio rifugio ideato per chi vuole starsene in pace, fuori dal mondo, solo con la propria creatività. Unica compagnia ammessa i suoi cani, perfettamente a loro agio anche qui, mentre lavora e dove – molte notti – si ferma anche a dormire. La villa è stata recentemente ristrutturata dall’architetto Francesca Vecchia con un progetto che unisce modernità e salvaguardia della tradizione. I restauri hanno restituito a questa dimora seicentesca lo stile e l’atmosfera che si rifà, in parte, alle teorie di Viollet-le-Duc, maestro francese del restauro divenuto famoso nel XIX secolo in tutta Europa. Oggi questa dimora è dotata delle più sofisticate tecnologie con fondamenta antisismiche e utilizzo di energia ecocompatibile. “I restauri sono iniziati due anni fa”, afferma Giò di Busca “con l’idea di preservare le forme del passato senza rinunciare all’evoluzione del presente”. I lavori sono stati possibili dopo un lungo iter per ottenere le autorizzazioni dalle Soprintendenze per i beni Ambientali di Brescia, Cremona e Mantova. L’interno della villa dispone di ampi saloni, di cui uno si 100 metri quadrati, riservato alle feste e ai balli, con soffitti alti cinque metri e il “Salone del lago” con le finestre che si spalancano verso l’altra sponda del Garda, con la sagoma del castello di Sirmione e il monte Baldo.
Il gusto dei padroni di casa è testimoniato dai decori policromi delle pareti, dai pavimenti, dalle colonne e dai camini in marmo pregiato e dalle massicce stufe settecentesche ancora perfettamente funzionanti. Gli interni, ancora sottoposti ai lavori da squadre di operai specializzati, ospitano arredi impreziositi dalla loro unicità, come una poltrona simile a un trono e una credenza che occupa l’intera parete dell’ampio appartamento al primo piano che fu della madre del conte oltreché dimora di ospiti illustri, nobili e artisti. Arredi lontani, per stile e materiali, da quelli realizzati oggi da “conte Giò” e venduti negli showroom più prestigiosi come, ad esempio, la commode “alata” che ha stupito stilisti e arredatori. Il bagno degli ospiti rivela un senso del lusso raffinato con le applique e i candelabri disegnati da Giò di Busca per Laudarte e il divano, stile neoclassico rivestito in damasco di seta verde. La vasca da bagno replica la sontuosità di un passato ancora vivibile con rubinetterie dorate e piedistalli a zampa di leone. L’ospitalità del conte ci porta ad assaporare un aperitivo nell’antica cucina dove le pareti sono coperte da una collezione di utensili e contenitori di rame, lucidati a specchio e collocati con criteri volumetrici che mostrano i dettagli di oggetti ormai introvabili.
Percorriamo l’infinità di questi spazi e, dopo una sosta ai bordi della piscina, entriamo in punta di piedi nello studio per vedere da vicino le opere di questo signore, un po’ speciale, della scultura e del design. Ripercorriamo, in sua compagnia, una esistenza artistica di 50 anni – oggi lui ne ha 60 – da quando, bambino, dipinse i primi quadri con soggetti vari e la mano, già decisa, di chi sa quale messaggio dare a chi vedrà i suoi lavori. Ma oggi è la scultura ciò che maggiormente impegna questo artista: dalle piccole opere – già pezzi di storia in metallo – alle grandi dimensioni di lavori che possono trovare posto in ogni ambiente, interno o esterno e che vogliono trasmettere nella loro unicità il linguaggio universale della bellezza e della ricerca di capire la cultura degli altri, artisti e non. Lavori che mostrano mani, volti, forme geometriche che vogliono rappresentare momenti di vita e luoghi proiettati in una dimensione quasi irreale. “Vengo qui quando sento che ho qualcosa da esprimere e ho bisogno di solitudine”, precisa Giò di Busca. Nei due saloni che compongono l’atelier, trovano posto anche mobili, disegni, progetti, esperimenti con materiali nuovi e scritti, di suo pugno, per sviluppare idee con le parole e poi con le forme. Un viaggio affascinante che comincia ogni giorno per chi non ama i clamori ma è sempre in primo piano.
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