Intervista a Paola Boromei, responsabile HR e organizzazione di Snam
Ci può raccontare l’esperienza di Snam nel gestire la crisi attraverso l’utilizzo dello smart-working?
Snam è stata tra le prime aziende in Italia ad attivare lo smart-working su larga scala per garantire la sicurezza e la salute dei nostri dipendenti. Considerata la vicinanza dell’headquarter di San Donato alle prime “zone rosse”, abbiamo deciso di avviare uno smart-working diffuso fin da venerdì 21 febbraio con la notizia dei primi contagi in Italia. Nella prima fase dell’emergenza ed eccetto nelle aree come il nostro dispacciamento in cui la presenza fisica è necessaria per garantire la sicurezza energetica del Paese, la presenza è stata limitata al minimo indispensabile. Più di 2.300 colleghi operavano in modalità smart-working.
Con il senno di poi, eravate preparati a questo impatto?
Non era facile fare fronte a questa situazione, ma ci ha aiutati molto il fatto di non essere nuovi in Snam a questa modalità di lavoro. Avevamo iniziato ad adottare lo smart-working circa tre anni fa, sperimentando su parte della popolazione aziendale la formula di un giorno alla settimana di lavoro da casa. Certo, non potevamo essere preparati a una situazione come quella che abbiamo vissuto, ma grazie alla nostra esperienza, e ai percorsi di digitalizzazione già avviati, Snam è stata in grado di rispondere all’emergenza tempestivamente. Nell’arco di poche settimane, a tutte le persone è stato fornito un pc portatile, un telefono aziendale e, su richiesta, un kit da casa composto da schermo, mouse e cuffie. Nel corso di questi mesi, sono state effettuate più di 165.000 riunioni virtuali per un totale di oltre 650 mila ore di call audio/video. Al contempo, abbiamo costituito un team interfunzionale al lavoro ventiquattro ore su ventiquattro, con l’obiettivo di seguire gli sviluppi dell’emergenza, garantire la sicurezza e la business continuity e dialogare con tutti gli stakeholder.
Quali sono state le sfide più importanti da dover gestire e come avete fatto?
Una delle sfide principali, anche dal punto di vista di HR, è stato quello legato all’engagement delle persone. Mantenere alto il senso di appartenenza e la motivazione quando gli uffici erano chiusi, e in un contesto già complesso, non è stata un’impresa facile. Per farlo ci siamo affidati molto sulla nostra comunicazione interna per rimanere vicini alle nostre persone. La comunicazione è stata costante, con aggiornamenti quotidiani via mail e intranet, otto tra dirette streaming e video messaggi dell’amministratore delegato Marco Alverà, una survey di ascolto e il lancio di una campagna social caratterizzata dagli hashtag #snamnonsiferma e #distantimauniti, nella quale abbiamo invitato i colleghi a raccontare la propria esperienza di smart-working, rafforzando il senso di comunità.
Avete lavorato anche sulla dimensione del welfare?
Praticamente da subito sono state avviate iniziative di supporto per i colleghi, dalla definizione di linee guida per il lavoro e la gestione dei team da remoto, webinar di informazione e servizi di welfare ad hoc come supporto psicologico, abbonamento a una app di fitness per tutti i dipendenti e servizi e agevolazioni per le famiglie con figli a casa. Abbiamo puntato molto anche sulla formazione, con attività specifiche a cura di Snam Institute, come sessioni di coaching virtuale e il lancio di una Leadership School fruibile in tappe da remoto. Come azienda abbiamo anche proseguito le attività di employer branding e recruiting, assumendo circa 70 persone, senza mai incontrarle di persona, durante i quattro mesi di lavoro da remoto.
Come sarà il rientro in ufficio?
Ad oggi, Snam continua a operare in gran parte in modalità smart-working, anche se da settembre è stato avviato il graduale rientro nelle sedi su base volontaria, a giorni alternati e ferme restando le disposizioni di sicurezza. Per gestire il rientro, è stato predisposto un sistema di prenotazioni via intranet che consente di fare richiesta per lavorare in ufficio secondo criteri che garantiscono il rispetto delle norme di distanziamento sociale all’interno degli uffici. Intanto, tutte le sedi aziendali Snam sono state riorganizzate per poter ospitare colleghi nella massima sicurezza. Abbiamo predisposto un protocollo sanitario, un programma di regole di sanificazione degli spazi, tutti i tornelli di accesso sono stati muniti di termoscanner e in ogni sede è prevista una fornitura di mascherine. È anche stata avviata una campagna di comunicazione sull’utilizzo degli spazi e delle sale riunioni tenendo conto delle regole sanitarie e di distanziamento sociale.
Prevedete un proseguimento dello smart-working anche dopo il concludersi della pandemia e come cambierà il modo di lavorare?
Siamo consapevoli che l’esperienza vissuta ha provocato una profonda trasformazione nel nostro modo di lavorare. Lo smart-working è destinato a rimanere un punto fermo anche dopo la conclusione della pandemia. Lavorando da casa le persone hanno raggiunto maggiore flessibilità nel riconciliare le esigenze lavorative con quelle personali, inclusa la gestione dei figli e della casa, anche riducendo i tempi di spostamento quotidiani. Questo genera riflessioni sull’importanza che il lavoro da remoto sta iniziando ad assumere nell’organizzazione del lavoro.
Quali sono le lezioni più importanti da trarre da questa esperienza?
In Snam abbiamo già imparato molto da questa esperienza. Volendo sintetizzare le lezioni che possiamo trarre da questo nuovo modo di lavorare, anche guardando al futuro, evidenzierei tre concetti: flessibilità – e quindi anche diritto alla disconnessione –, fiducia e people-centricity, ovvero un nuovo paradigma che pone la persona al centro di ogni scelta dell’azienda. Adesso dobbiamo applicare queste lezioni: nei mesi scorsi abbiamo avviato un gruppo di lavoro interno per definire le linee guida dei “new ways of working” di Snam che abbiano come focus l’empowerment delle persone, la flessibilità e il diritto alla disconnessione nella gestione del lavoro già dal 2021. Occorrerà poi ripensare i modelli di leadership e i criteri di performance management, favorendo la qualità piuttosto che gli orari. Cambieranno i criteri di competenza, che si dovranno orientare sempre di più anche verso la presenza di skill tecnologiche, e dovranno cambiare anche le modalità di formazione, che non dovrà essere compromessa lavorando da remoto.
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