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La legge di Bilancio 2021 apre il mondo del lavoro ai giovani. Ma chi non è under 35?

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Il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri (Imagoeconomica)

“Tutelare l’occupazione e aiutare i lavoratori e l’imprese”. È attorno a questo assunto che il ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri, in occasione della conferenza stampa di presentazione della nuova legge di Bilancio 2021 da 39 miliardi di euro (di cui 15 arrivano dal Next Generation Eu), presenta una delle novità più importanti per il sistema Italia. “Per incentivare le assunzioni e la creazione di lavoro – evidenzia Gualtieri – abbiamo previsto due importanti tasselli: la decontribuzione integrale per l’assunzione di giovani (under 35) e la conferma, che viene inserita strutturalmente nei bilanci dei prossimi anni dello Stato, dei vantaggi fiscali per il Mezzogiorno che punta proprio a facilitare le assunzioni da parte delle imprese”.

“Con la legge di Bilancio 2021, così esulta su Facebook il ministro del Lavoro e delle politiche sociali, Nunzia Catalfo, investiamo innanzitutto nei giovani. Ma non solo. Allo stesso tempo, espandiamo gli aiuti per le famiglie con l’introduzione, da luglio del 2021, dell’assegno unico per i figli e favoriamo ulteriormente l’occupazione agevolando i meccanismi di uscita dei lavoratori più anziani mediante soprattutto la proroga di Opzione donna, il rinnovo di Ape Sociale e l’ampliamento della platea del contratto di espansione attraverso la riduzione dei criteri dimensionali di accesso per le imprese (da 1.000 a 500 dipendenti)”.

Legge di Bilancio 2021: pro e contro della decontribuzione per gli under 35

Entrando nel merito di quanto presentato ieri in conferenza stampa dal ministro Gualtieri e dal premier Giuseppe Conte, la misura per incentivare in Italia l’assunzione di giovani under 35, prevede che il governo si faccia carico per tre anni (quindi fino al 2023) del pagamento del 100% dei contributi totali che un’impresa – come avviene tradizionalmente – dovrebbe sostenere quando decide di assumere con contratto a tempo determinato e indeterminato un lavoratore. Anche se ancora non si conoscono i dettagli di questa nuova misura (se per esempio verrà attivata in maniera automatica quando l’azienda e il lavoratore stipuleranno e firmeranno il contratto).

La misura potrebbe permettere alle aziende di superare lo scoglio rappresentato dai troppi costi e ai giovani di fare definitivamente quel salto ufficiale, finora rimasto alla finestra per diversi motivi: dalla pandemia da Covid-19 fino ad arrivare alla spirale infinita dei rapporti di collaborazione e degli stage. Quest’ultimi, tra l’altro, l’8 ottobre, sono stati oggetto di una risoluzione adottata dal Parlamento europeo che “condanna la pratica di stage, tirocini e apprendistati non retribuiti, che sfruttano il lavoro dei giovani e violano i loro diritti”.

Attenzione però, bisogna evidenziare tre punti ben precisi. Il primo riguarda gli stessi stage e tirocini. Perché se è pur vero che se essi sono nati con un obiettivo “nobile”, ossia connettere il mondo universitario con quello lavorativo, tuttavia corrono il rischio di disincentivare l’assunzione di nuovi giovani e, soprattutto, rende quasi utopico anche il contratto di apprendistato (nato con l’obiettivo di far apprendere sul campo il lavoro stesso).

Quest’ultimo, dal 1° gennaio scorso permette alle micro-imprese fino a nove dipendenti da una parte di avvalersi di uno sgravio fiscale del 100% per i primi tre anni e, dall’altra, di inquadrare l’apprendista fino a due livelli inferiori rispetto ai lavoratori addetti a mansioni che richiedono la stessa qualifica alla quale è finalizzato il suo contratto (rappresentando quindi un mix di risparmio interessante per le imprese). Tuttavia “nel triennio 2016-2018” è stato tra i meno gettonati, rappresentando circa il 3% dei contratti di lavoro attivati ogni anno.

Infine, non bisogna dimenticare un ultimo aspetto: quello degli over 35. Perché se è vero che con questa misura della legge di Bilancio 2021 il governo incentiva l’assunzioni di giovani, dall’altra disincentiva quelle dei “meno giovani” che, come i loro “sfidanti”, hanno perso il loro posto di lavoro. Se da una parte la professionalità e l’esperienza parlerà per loro, dall’altra i costi aziendali che comporterebbero, a differenza degli under 35, potrebbero renderli meno appetibili (e già l’età rappresenta uno scoglio). Forse, come ipotizzato più volte da alcuni esperti del settore, applicare una decontribuzione fino al 50% per questa fascia d’età sarebbe stato un po’ più equo e, forse, un po’ più saggio.

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