Mai come adesso il tema della casa è al centro di riflessioni e dibattiti. Con la popolazione costretta dalla pandemia a rinchiudersi all’interno delle proprie abitazioni e un disagio economico sempre più diffuso, studiosi dei fenomeni sociali, urbanisti e progettisti dell’abitare si sono ritrovati ad affrontare in maniera sempre più urgente l’esigenza di recuperare un modo di vivere sostenibile anche all’interno di sistemi urbanistici complessi come le grandi città. Negli anni, infatti, si è assistito a un processo di costante riduzione delle dimensioni minime abitative richieste generando un aumento esponenziale dei costi di affitto e acquisto al metro quadro. Basti pensare che in città come Milano o Genova è consentito costruire abitazioni dalle dimensioni minime di 28mq che vengono vendute o date in locazione a prezzi irragionevoli, tanto più adesso che al concetto di casa-dormitorio si oppone fortemente il ritorno dell’idea di casa come spazio da vivere.
Una risposta che potrebbe configurarsi come la soluzione ottimale per coniugare le nuove esigenze dell’abitare e la ridotta disponibilità economica delle famiglie è il social housing. È proprio questo il tema sul quale si discute oggi 17 novembre nel convegno online organizzato da Urbanpromo. Due le importanti iniziative presentate all’interno dell’evento: la costituzione del Comitato Nazionale per l’housing sociale e i risultati del rapporto ‘Rilanciare le infrastrutture sociali in Italia’. L’evento punta a definire un cambio di passo nell’ambito della partnership pubblico-privato all’interno del settore abitativo. Sono anni, infatti, che in Italia non vengono intrapresi importanti piani per la locazione sociale e a canoni calmierati, il comitato e il rapporto rilanciano così la necessità di piani complessi e pluriennali; articolati per dare un disegno complessivo e organico alle diverse offerte presenti sul territorio sia pubbliche che private.
Nasce il Comitato Nazionale per l’housing sociale
È noto come il sistema italiano dell’housing sociale, ma non solo, sia caratterizzato dall’operato autonomo di differenti attori: pubblici (per la maggior parte), privati, non-profit e low-profit. Il risultato di questa eterogeneità sono progetti spesso molto interessanti, ma troppo piccoli per rispondere ai requisiti e all’interesse di investitori italiani e stranieri e per essere considerati come parte di un disegno più ampio. La debolezza delle tante risorse messe in campo è infatti causata soprattutto dall’impossibilità di delineare obiettivi comuni verso i quali dirigersi e dalla mancanza di un’unica strategia all’interno della quale agire in modo coordinato, valorizzando il contributo specifico di ciascun attore.
Il neocostituito Comitato Nazionale per l’housing sociale composto dai soggetti più rappresentativi del settore (Federcasa, Legacoop Abitanti, Confcooperative Habitat, Fondazione Housing sociale per Fondazione Cariplo, Fondazione Compagnia di San Paolo e Fondazione Sviluppo e Crescita CRT) si propone dunque di attuare un’azione trasversale e sinergica tra soggetti che operano in realtà molto diverse tra loro ma con obiettivi convergenti. La finalità che si pone il comitato è specifica: definire una capacità progettuale comune e condivisa da adottare nello sviluppo di progetti di partenariato pubblico-privato. Un tema, questo, molto attuale, ma che rischia di essere difficilmente applicabile senza un confronto, tra i diversi operatori, sui contenuti da perseguire e sulle strategie da adottare.
“Non è stato facile costituire questo Comitato perché ognuno di noi rappresenta degli interessi differenti, ma abbiamo portato fino in fondo questo obiettivo nella consapevolezza che questo passo fosse indispensabile per le future sfide che ci aspettano nell’ambito del settore casa”, ha dichiarato Giordana Ferri, direttore esecutivo Fondazione Housing Sociale
Quattro le azioni che il comitato si impegna a mettere in campo per perseguire i suoi obiettivi: individuare strategie ed approcci innovativi per la realizzazione di interventi di housing sociale in partenariato pubblico-privato; definire una capacità progettuale comune e condivisa da adottare nello sviluppo di progetti di partenariato pubblico-privato nel settore del social housing; proporre e promuovere la realizzazione di progetti pilota capaci di esprimere i contenuti e i propositi elaborati; progettare e realizzare iniziative di ogni genere per la promozione, la divulgazione, il coinvolgimento del pubblico e delle popolazioni locali, per lo sviluppo e il raggiungimento degli obiettivi predefiniti.
I risultati del rapporto Rilanciare le infrastrutture sociali in Italia
Il rapporto Rilanciare le infrastrutture sociali in Italia nasce nella cornice del c.d. Rapporto Prodi sostenuto dalla Commissione europea e dall’Eltia (European Long-Term Investors Association) e consegnato al Vice Presidente della Commissione europea Jyurki Katainen nel gennaio del 2018. Si tratta del risultato di un intenso lavoro di 7 gruppi e una quarantina di esperti. Del gruppo di lavoro sulla infrastruttura “casa” hanno fatto parte Fondazione Compagnia San Paolo, Federcasa e Fondazione Housing Sociale.
Grazie ai risultati dell’analisi Cresme sulla Domanda abitativa in Italia (2020) e di Nomisma La domanda abitativa in Italia, entrambi realizzati espressamente per il Rapporto, si ha finalmente una fotografia chiara e attuale della situazione italiana, della dimensione e delle forme del disagio.
- La domanda abitativa in Italia per i prossimi dieci anni può essere stimata dai dati Cresme complessivamente in 1,7 milioni di abitazioni
- Il mercato con le sue attuali disfunzioni può rispondere, secondo il Cresme, al netto dell’effetto dirompente dell’attuale emergenza, a 1,2 milioni di abitazioni nei prossimi dieci anni,mentre 500.000 famiglie premeranno in forma aggiuntiva sul mercato
- Questo ha determinato la conseguente concentrazione della domanda in alcune areea prezzi elevati e accentuati rischi di eccesso di patrimonio in altre aree dove il problema diventa il deprezzamento del valore delle abitazioni e l’aumento del “non utilizzato”, del degrado e dell’abbandono.
Obiettivo 100.000 abitazioni a canone calmierato in 15 anni attraverso interventi innovativi, quartieri Energyzero, in grado di sviluppare un modello innovativo di rigenerazione urbana, nel quale il tema casa è il perno di progetti di ambito che riguardano: le infrastrutture di quartiere, i servizi, il commercio e il lavoro ecc., potendo modulare le componenti del progetto.
Previsione realistica e fattibile, con ritorni economici e sociali che permetterebbero al nostro Paese di gestire alcune delle grandi sfide che ci attendono. Se il Piano venisse realizzato nei tempi ed ai costi stimati dal Rapporto, l’Italia si potrebbe dotare di un ottimo sistema di infrastrutture sociali nei tre grandi settori che sono al centro del nostro futuro, quello della sanità, dell’istruzione e dell’edilizia sociale.
È pertanto necessario dare una risposta sistemica attraverso un piano organico ed integrato per sostenere nel breve termine la crescita e l’occupazione e nel lungo termine rendere il sistema sociale e produttivo più resiliente.
Ma come finanziare un tale programma? Una soluzione che si basi esclusivamente su capitali pubblici nazionali non è praticabile nell’attuale contesto storico caratterizzato da un alto indebitamento pubblico e da prospettive di crescita nel breve/ medio termine moderate. È necessario attrarre capitali privati di lungo periodo e attivare nuovi strumenti finanziari innovativi che contribuiscano, in ottica di blending, al finanziamento delle infrastrutture sociali.
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