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Il sogno di un 28enne romano di portare il lusso democratico nell’orologeria

Dario Spallone fondatore di D1 Milano
Dario Spallone
Articolo tratto dal numero di dicembre 2020 di Forbes Italia. Abbonati.

Una delle osservazioni che gli fanno più spesso è: ‘quanto sei stato bravo ad aver avviato un’azienda così giovane’. La verità è che, nel caso dell’imprenditore romano Dario Spallone, ceo del marchio di orologi D1 Milano, la bravura c’entra poco o niente con l’età. Scuola americana e laurea in Economia alla Bocconi di Milano, dove ha presentato una tesi sul progetto D1, all’inizio Dario lancia il suo marchio motivato da un forte desiderio di indipendenza economica: “Questa è una delle motivazioni principali che spingono oggi molti giovani ad avviare un’azienda ma è una ragione totalmente sbagliata. Il mondo è competitivo e ci sono un miliardo di persone più intelligenti e più capaci di me e del mio team. L’unico modo di fare la differenza è avere più fame e voglia di arrivare e l’unico modo per raggiungere l’obiettivo è lavorare per qualcosa che sia più importante del desiderio di fare soldi o essere indipendente”, spiega il manager ventottenne.

Quando gli si chiede come è arrivata l’idea di un brand di segnatempo, Dario fa spallucce. “C’è sempre molta attenzione da parte dei giornali su come è nata l’idea, quasi come se per dare il via a un business di successo si debba avere necessariamente avere una storia degna del fondatore di Apple”. Quello che contano per Dario, insomma, sono la parte esecutiva e il team, ancora più importanti quando bisogna tirare le somme e ammettere di aver compiuto dei passi falsi. “Tutti dicono che il fallimento fa parte di ogni successo, e questo è vero. La differenza la fanno le persone che riescono a reagire, non quelle che non hanno momenti distruttivi. Ad oggi credo che la vera motivazione che unisce me e il mio team sia un’innata volontà di fare le cose meglio ogni giorno, per vincere, per crescere, per avere successo ed essere finalmente riconosciuti. Ovviamente è più facile a dirsi che a farsi”, prosegue.

Fondato a Milano nel 2013, D1 Milano, i cui modelli sono stati lanciati per la prima volta alla Milano fashion week dello stesso anno, ha base a Milano, Dubai e Hong Kong, ed è presente in 31 Paesi con una distribuzione capillare in 650 negozi, tra cui il primo flagship store in Via Mercato 3 a Milano inaugurato a inizio dicembre. Ma quali sono gli ingredienti vincenti alla base del suo successo? Focalizzati su una reinterpretazione dell’orologeria degli anni ’70, i modelli hanno un prezzo che in termini assoluti non è per nulla proibitivo con riferimento al mercato. Si aggiungano poi la cura nei dettagli con un design completamente italiano in linea con le ultime tendenze, un nome che rievoca la migliore versione del valore artigianale e si comprenderà perché ogni anno sono stati venduti oltre 75mila orologi.

“Secondo me lo scopo di qualunque persona è quella di lasciare il segno, di essere riconosciuta. Come farlo, poi, dipende da molti fattori: bisogna sognare ma allo stesso tempo essere realisti e giocare le carte che abbiamo. Forse è un cliché, ma è importante capire che non esiste una ricetta specifica per raggiungere un sogno. Le cose più semplici sono quelle più difficili da ottenere. E un po’ di buonsenso non fa mai male”, conclude il fondatore. Che per il futuro ha un solo auspicio: essere riconosciuti da un pubblico più vasto abbracciando le sfide di domani, per rafforzare ancora di più l’identità del brand in tutto il mondo. I traguardi di cui il giovane imprenditore va particolarmente fiero? “Non credo ne esista uno in particolare, anche perché se ti fermi a pensare a quanto hai ottenuto stai ragionando con il punto di vista sbagliato. Ogni giorno devi chiederti cosa puoi fare di più e cosa stai facendo di sbagliato per non raggiungere i tuoi obiettivi. Poi ogni tanto, almeno una volta all’anno, dovresti pensare a dove eri allo stesso momento un anno prima, ed è a quel punto che potrai sentirti fiero nel renderti conto di aver fatto un bel passo in avanti”.

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