elon musk contro jeff bezos
SpaceEconomy

Musk, Bezos e non solo: chi vincerà la guerra per l’internet satellitare

a cura di 
Franco Bernelli, Responsabile Scientifico Osservatorio Space Economy
Angelo Cavallo, Direttore Osservatorio Space Economy
Riccardo Masiero, Ricercatore Osservatorio Space Economy

Elon Musk, con la sua SpaceX, sta realizzando una mega-costellazione di oltre 12mila satelliti, chiamata Starlink, per garantire l’accesso alla rete Internet da qualunque punto della superficie terrestre. La motivazione è chiara. Oltre il 45% delle abitazioni in tutto il mondo non ha ancora accesso alla rete Internet a banda larga. Si stima che il mercato dei servizi abilitati dalla banda larga raddoppierà il proprio valore nei prossimi cinque o sei anni fino a raggiungere quota 650 miliardi di dollari nel 2027.

Ma non c’è solo Starlink. Altre aziende si stanno adoperando per cogliere questa opportunità e colmare il divario digitale. L’inglese OneWeb e la canadese Telesat pianificano di realizzare costellazioni di rispettivamente 650 e 300 satelliti per garantire la connessione Internet a banda larga via spazio. Inoltre, Starlink dovrà competere con il progetto Kuiper lanciato da Amazon e dal suo fondatore, Jeff Bezos, che intende realizzare un’altra mega-costellazione di oltre 3mila satelliti per raggiungere lo stesso obiettivo. Considerando che, alla data odierna, il numero di satelliti funzionanti in orbita è di circa 2.700 viene spontaneo chiedersi se ci sia posto per tutti e quali siano le reali implicazioni socio-economiche di questa nascente rivoluzione tecnologica.

Le nuove costellazioni per l’Internet satellitare in orbita bassa (altitudine da terra inferiore ai 2.000 km) cercano di risolvere tre grandi problemi dei satelliti di telecomunicazione geostazionari attualmente in uso: i) latenza; ii) larghezza di banda; iii) copertura. Starlink e Kuiper progettano di raggiungere tempi di latenza (ritardo nella comunicazione) paragonabili a quelli dell’infrastruttura via cavo che utilizziamo tutti i giorni (10-30 millisecondi), sfruttando orbite con altitudini comprese tra 540 e 630 chilometri. Infatti, più l’orbita del satellite è vicina alla Terra, più il percorso che il segnale dovrà compiere sarà breve e quindi il ritardo contenuto. In questo modo si possono utilizzare senza ritardi percepibili tutti i servizi di streaming in real-time che sono alla base della diffusione di telelavoro, telemedicina ed educazione a distanza anche nelle aree meno sviluppate.

Da questa scelta progettuale, costellazioni in orbita bassa, conseguono una larghezza di banda nell’ordine dei 500 Mbps e una copertura globale continua. Ma è proprio la bassa quota del progetto di Musk a far nascere gli attriti. Bezos, insieme con altri imprenditori, ha esposto alla Federal Communication Commission (Fcc) le sue perplessità sul fatto che la mega-costellazione di SpaceX possa precludere ad altri operatori (per esempio Amazon) la realizzazione della propria infrastruttura per via delle interferenze tra i segnali radio che si potrebbero generare. Inoltre, il grande aumento dei satelliti in orbita potrebbe incrementare notevolmente il rischio di collisioni e quindi la generazione di detriti spaziali capaci di intaccare il funzionamento di altri satelliti creando un effetto domino. Da SpaceX hanno replicato dicendo che tutti questi problemi sono stati presi in considerazione durante la fase di progetto delle antenne e che le collisioni saranno evitate sfruttando un sistema di navigazione completamente autonomo che utilizza algoritmi di intelligenza artificiale. Ma c’è molto più di questo in gioco.

Nei piani di Starlink, il tempo di latenza finale dovrebbe essere addirittura inferiore a quello delle connessioni via fibra ottica attuali sfruttando l’utilizzo di ulteriori 30mila. Questo fattore potrebbe diventare un valore aggiunto fondamentale per tutti gli operatori attivi in campo finanziario, che con pochi millisecondi di vantaggio nelle aste potrebbero essere notevolmente favoriti. Inoltre, un’infrastruttura di Internet globale cambierebbe radicalmente il mercato dei servizi di telecomunicazione che, attualmente, sono fortemente legati alla geografia delle reti locali. Questi dati spiegano il forte interesse degli investitori in SpaceX che, lo scorso febbraio, ha ottenuto finanziamenti per 850 milioni di dollari, valutando l’azienda a oltre 74 miliardi. Le stime indicano che la sola Starlink potrebbe raggiungere un valore intorno ai 30 miliardi di dollari entro il 2025, dieci volte i ricavi dei loro servizi di lancio. Inoltre, il progetto ha vinto circa 900 milioni di dollari di fondi federali statunitensi stanziati da Fcc per lo sviluppo della rete Internet a banda larga nelle aree rurali del Paese. L’azienda di Elon Musk ha già lanciato oltre mille satelliti ed è operativa con un servizio beta negli Stati Uniti con più di 10mila utenti attivi. Allo stato attuale, Amazon ha stanziato 10 miliardi di dollari per il progetto Kuiper che sembra inseguire il rivale di SpaceX. Nessuno degli oltre 3mila satelliti è stato ancora lanciato e neanche il veicolo New Glenn di Blue Origin, fondata sempre da Jeff Bezos, che dovrebbe trasportare i satelliti in orbita, ha ancora volato. Dal lato suo, il colosso dell’e-commerce è già proprietario di parte dell’infrastruttura strategica. Amazon Web Services ha reso noto di voler realizzare una rete di stazioni di terra, vale a dire antenne che permettono di comunicare con i satelliti da terra, direttamente connessa ai loro hub di calcolo, asset fondamentale per la realizzazione di una rete Internet satellitare. Non è per nulla scontato l’esito di questa sfida vista la capacità implementativa delle due aziende statunitensi e vista la decisione di Bezos di ritirarsi dalla guida di Amazon.

E l’Europa? In Inghilterra OneWeb ha concluso, lo scorso gennaio, operazioni di finanziamento da 400 milioni e Telesat ha firmato un accordo da tre miliardi con l’italo-francese Thales Alenia Space per la produzione dei loro 300 satelliti Lightspeed. Inoltre, l’operatore francese Eutelsat lancerà nel prossimo anno un nuovo satellite di comunicazione Internet in orbita geostazionaria (KONNECT VHTS) che offrirà una capacità di 500 Mbps, abilitata dalla tecnologia di comunicazione in banda Ka. Tim ha recentemente annunciato un accordo per utilizzare questa nuova infrastruttura con lo scopo di portare la connessione a banda larga anche nelle più remote zone del nostro Paese. Ricordiamo però che i tempi di latenza di un satellite geostazionario sono venti/trenta volte più alti rispetto a quelli di una costellazione in orbita bassa, lasciando un enorme vantaggio competitivo a Starlink, Kuiper, OneWeb e Telesat. Per colmare questo divario, il commissario al mercato interno dell’Unione Europea, Thierry Breton, ha annunciato lo scorso gennaio di voler attivare un programma per la connettività spaziale del futuro su larga scala cercando di emulare le esperienze pregresse di Copernicus e Galileo, garantendo così all’Europa una sua infrastruttura strategica per lo sviluppo dell’Unione.

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