Adam Aron Amc
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Amc come GameStop: perché le azioni della più grande catena di cinema d’America sono salite del 2000% da inizio anno

Pop corn gratis per tutti gli azionisti. A volontà, come se piovessero dal cielo. E , via Twitter, una bella immagine dello skyline di Manhattan percorso da un aereo che sventola lo striscione: “Con Amc, volando fin sulla Luna!”. Ecco l’ultima frontiera del capitalismo per tutti o, se preferite, l’ultima battaglia dell’America libertaria contro i signori di Wall Street. Dopo lo scontro su GameStop, i piccoli azionisti radunati attorno alle chat di Reddit si sono schierati in difesa di Amc, la più importante catena di cinema d’America, destinata a sicura rovina secondo gli hedge fund ribassisti. Una miniera d’oro, anzi una bandiera da difendere a ogni costo, come una piccola Alamo, per legioni di azionisti “fai da te”.

Qualcosa di già visto pochi mesi fa, in occasione del braccio di ferro attorno alle sorti di BlackBerry e della stessa GameStop, la catena di videogiochi nel mirino dei gestori hedge. Ma anche qualcosa di nuovo. Anzi molto di nuovo, per più ragioni. Primo, perché i protagonisti non sono ragazzi di primo pelo cresciuti con internet: il vero eroe della partita è Adam Aron, un signore di 66 anni che guida la società dal 2016 e vanta una carriera di tutto rispetto. Secondo, per le dimensioni della sfida: Amc conta oggi 3,2 milioni di azionisti. Per lo più soci freschi, cresciuti quest’anno a mano a mano che il titolo toccava quote da vertigine: +2.000% da inizio 2021, 95% in più nella sola seduta del 2 giugno. Il prezzo delle azioni ha raggiunto così un massimo di 62,5 dollari, contro una stima media degli analisti di 5,11 dollari (peraltro in rapida discesa). Senza, peraltro, impressionare più di tanto Aron, 66 anni, vecchia volpe del mercato.

Chi è Adam Aron

Adam Aron è stato ceo dei Philadelphia 76ers, squadra Nba che risvegliò con un robusto taglio del prezzo dei biglietti. È stato anche amministratore del consorzio di Vail, Colorado, in cui si guadagnò la fama di signore dello sci d’America. Etichetta all’apparenza più nobile di quella di “Re delle scimmie”, il soprannome che si è dato quale comandante in capo della rivolta delle “scimmie”, come sono definiti dai professionisti i day trader che, snobbando analisi fondamentali e caratteristiche del business, stanno sconvolgendo le regole del mercato. “Sono loro – sillaba su Twitter – i padroni di Amc, e io lavoro per loro”.

Ed è questa la terza novità: il board, stavolta, non è lo spettatore di uno scontro tra Davide e Golia. Aron è il generale che guida la rivolta contro i gestori, tutti al ribasso. Al punto che – caso unico – tra i primi venti azionisti non figura un solo fondo di investimento. Un generale astuto, che usa con grande malizia le armi a sua disposizione. “Aron non ha alternative”, dice uno dei nemici, il gestore Eric Hadler di Mkm. “Deve tenersi stretti gli azionisti che ha e aggiungerne di nuovi”. E così, nel bel mezzo di questa folle ascesa, Amc ha inventato la carta fedeltà per gli azionisti: basta iscriversi al club per ricevere ricchi premi. A partire dal secchio ricolmo di pop corn al cinema, per proseguire con una serie di prime gratis. Poca roba, ma pur sempre qualcosa per un pubblico che di roba free ne vede proprio poca.

L’ascesa di Amc

La strategia è così folle che, per ora, funziona. In settimana Amc ha sfornato un’offerta di azioni per 230 milioni di dollari, subito assorbita da Musrick Capital. Che, vista la corsa del titolo, si è affrettato a uscire e a incassare una ricca plusvalenza. Ma le nuove azioni sono state assorbite in un solo pomeriggio dal popolo di Reddit, che ha riempito di ingiurie e minacce i siti degli analisti più severi. Non esclusa la vignetta in cui l’analista, piegato in due, subisce la vendetta dello scimmione alle sue spalle. Aron, certo, non approva certi metodi. Ma, per far capire da che parte sta, ha deliberato un lascito di 50 dollari alla fondazione per la difesa dei gorilla di montagna.

Intanto il ceo sviluppa il suo piano di battaglia. Gli analisti gli suggeriscono di abbassare i debiti e di chiudere una parte delle sale, perché non riuscirà a guadagnare più di 330mila dollari a cinema (media pre-pandemia) o ad aumentare le vendite di bibite e panini (6 dollari a spettatore). Lui fa l’esatto opposto. Il denaro che affluisce nelle casse del gruppo servirà per nuove acquisizioni, rafforzando la leadership di mercato.

La strategia

Il tallone d’Achille? Prima o poi i soci chiederanno di essere remunerati o, prima ancora, venderanno per riscuotere il ricco capital gain. Ma, spera Aron, quel momento non è ancora arrivato. E nel frattempo, in omaggio alla vecchia regola secondo cui un grande debitore è più forte di uno piccolo, il manager ha costruito una macchina da guerra che non sarà semplice smontare: un valore di Borsa di circa 29 miliardi di dollari detenuto da 3,2 milioni di soci agguerriti, espressione di quell’anarco-azionismo che comincia a spaventare l’America del Big Business.

È quasi una vendetta cinese, perché tutto è cominciato quando Dalian group, la società di Shanghai sbarcata negli Stati Uniti per conquistare posizioni nell’industria del tempo libero, dovette alzare bandiera bianca e vendere la partecipazione in Amc, scivolata a un passo dal default ai tempi del lockdown. Sembrava l’inizio della fine di una storia gloriosa al servizio di Hollywood, ormai soggiogata dallo streaming. Ma ci si è messo di mezzo Aron, che ha annusato l’affare del Gorilla, nobile animale che non ci sta a scomparire.

Amc ha annunciato, nella mattinata americana, l’intenzione di vendere 11,6 milioni di azioni per raccogliere liquidità per 722 milioni di dollari. Il denaro dovrebbe servire per investimenti e nuove acquisizioni, oltre che per pagare una parte dei debiti. L’annuncio è stato accompagnato da un avviso: “Nelle circostanze attuali”, si legge, l’acquisto è consigliato solo a persone “preparate a correre il rischio di perdere, del tutto o in larga parte, i soldi investiti”.

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